My
fair lady
Pigmalione,
re di Cipro, detestava le donne e
viveva da scapolo. Un giorno scolpì una statua d’avorio e se ne
innamorò. Chiese allora a Venere di concedergli una moglie bella come
la sua scultura. La dea lo accontentò dando vita alla statua.
La bella fiaba musicale che andiamo ad interpretare si rifà a questo
mito: il prof. Higgins, uno studioso di fonetica, come Pigmalione, non
sopporta le donne perché secondo lui sono indecifrabili, senza cervello
e frivole.
Un giorno all’uscita del teatro, mentre prende appunti sul modo di
parlare di una fioraia, incontra il colonnello Pikering, insigne
studioso di lingue orientali e autore di un dizionario di sanscrito, e
fa con lui una scommessa: in sei mesi sarà in grado di far parlare in
perfetto inglese quella fioraia, e l’esame consisterà nel presentarla
come un gran dama al ballo dell’ambasciata.
Comincia a “ scolpire” quel marmo grezzo che è Liza (questo
è il nome della ragazza), la quale supererà brillantemente la
prova del ballo. Higgins, a causa di una radicata misoginia, non vuole
ammettere di essersi innamorato di lei, ma alla fine cederà.
La vicenda è colorita dalla simpatica figura di Alfred Doolittle, papà
di Liza, che da spazzino, grazie a Higgins, diventerà un
oratore-moralista pieno di soldi.
Questa la vicenda.
Quando il ricercatore muove il primo passo sul Sentiero, di solito lo fa
inconsciamente. Allorché comincia ad avere ben chiaro in mente quel che
vuole fare, è paragonabile allo scultore che davanti al pezzo di marmo
ha finalmente ricevuto l’ispirazione. A quel punto scatta la
scommessa: da questa pietra ricaverò un capolavoro, che fuor di
metafora vuol dire, farò di questo idiota privo di coscienza ( di me
stesso) un vero uomo. Tutto quello che era mera teoria (lo studio della
fonetica senza alcuna applicazione pratica, ovvero lo studio di testi
sapienziali fine a se stesso) diviene improvvisamente regola di pratica.
L’anima, Liza, comincia ad essere istruita sulle giuste metodologie
per uscire dalla prigione in cui è rinchiusa: non dovrà più
sfarfalleggiare al mercato tra fiori e carote, ma occorre che si isoli
in laboratorio e dia inizio alle varie fasi dell’Opera. Ed ecco la
sorpresa: uscita dal carcere, dopo la prima boccata di aria pura, l’anima-Liza
diventa la vera protagonista, o per lo meno co-protagonista. Capirà che
non è da anima darsi a cose effimere e materiali. Ed ecco che:
vendere fiori è come curare i vestiti piuttosto che il cuore; se poi tu
li vendi , li valuti meno dei soldi: hai in mano la materia
dell’Opera(perché lo sei) e non lo sai, la dai vita. Essa non costa
niente, sta lì, ma te ne disfi per qualche misero spicciolo. La Vita
che anima il fiore è la stessa che anima te, ce l’hai “ in mano”
e la lasci scivolar via per nulla; e vai al mercato, in quella parte di
mondo che scambia soltanto per il corpo. Liza matura proprio in questi
luoghi le sue intenzioni (diventare fioraria di negozio: non esser più
schiava dei fiori, ma loro padrona), dopo avere incontrato il prof.
Higgins, la sua mente razionale.
A questo punto, Pigmalione non è
più Higgins, la mente razionale, ma anche Liza, l’anima, la quale,
essendo materia e fuoco alchemico, farà tutto da se stessa, in se
stessa, con se stessa.
Ovviamente la razionalità crederà d’essere stata la sola artefice
del compimento, ma non sa che l’opera sarà compiuta veramente quando
capirà d’essere “ al servizio” di Liza e non viceversa.
Quando si renderà conto di non potere fare a meno della Doolittle avrà
compreso le vere gerarchie
Nell’uomo: il fisico sottostà ai sentimenti, che ubbidiscono alla
ragione, su cui comanda lo Spirito.
L’esame, il ballo all’ambasciata, vuole far capire come un’anima
libera è simile ad un sole e pronta a danzare la musica del cosmo,
quella delle sfere, della perfezione. Ma la danza può cominciare solo
dopo il riconoscimento da parte della Principessa di Transilvania (la
principessa del mondo che sta oltre la selva oscura in cui dimorano
quelli che muovono ancora i primi passi della ricerca).
Il tutto sarà perfetto col ritorno di questo sole nella fisicità,
nella vita di tutti i giorni. Fuor di metafora, quando l’anima oramai
riconosciuta dallo Spirito, piena di Esso
ritorna nel corpo.
L’individuo a questo punto dovrà combattere l’ultima battaglia con
l’inarrendevole mente egoica-Higgins: sarà la saggezza, la madre del
professore, la quale alleandosi con Liza “ costringerà” Il
figlio a unirsi alla ex fioraia.
Quanto
ad Alfred Doolitle, esso altri non
è che la moralità e l’arte oratoria di Higgins, una qualità
questa, a cui non era mai stato concesso di esprimersi nei giusti posti
(Higgins rifiutava sempre di tenere discorsi sulla morale, mentre Alfred,
da parte sua, usava lo scilinguagnolo solo nelle bettole o
per riuscire a scucire qualche lira agli amici.
Quanto
infine a Pikering, studioso di lingue orientali e autore del dizionario
di sanscrito, esso non può che rappresentare l’oriente, il luogo da
cui nasce il sole, la luce, la verità.
Ogni qual volta Liza è in difficoltà si appoggia a lui, guarda verso
di lui, alla sua imparzialità, al suo buonsenso.
A questo punto occorrerebbe essere proprio dei miopi per non riuscire a
vedere come lo stesso mito che ha dato vita a questa bellissima
fiaba-musicale splendidamente interpretata da tutti, ci ha costretti ad
impugnare scalpello e martello, ed a scolpire quel pezzo di marmo che è
il film in qualcosa di diverso (per noi più bello): Pigmalione impazza.
E’ proprio vero, i miti sono inesauribili.
Grazie.N.M.
|