L'appartamento  


Amplifico e associo in libertà per cercare azzardatamente degli spunti di riflessione mistica o di ricerca interiore nel film di Wilder. Iniziando dal titolo stesso - “L’appartamento” -  approdo subito a concetti come ‘tenersi da parte’, ‘isolarsi’, ‘ritirarsi’ che indicano una autonoma capacità di riflessione, non-dipendenza e distacco: tutti elementi basilari per la costruzione di una individualità forte e ben centrata, strutturata e consapevole.
Così non è, in effetti, per il protagonista del film, che sembra subire nel suo ‘appartamento’, cioè nell’ambito della sua coscienza personale, la continua invasione da parte di ‘altri’, vale a dire di potenti forze psichiche ‘collettive’ non ben metabolizzate e di cui è in balìa. Tali forze sono connesse con il desiderio del protagonista di essere accettato e valorizzato, di essere ‘sé stesso’, cioè riconosciuto in quanto individuo. La sua strategia, però, è perdente perché, paradossalmente, per emergere, egli rinuncia alla sua indipendenza e libertà; in questo modo ottiene il contrario di quanto confusamente desidera: perde sé stesso, la sua dignità, finisce con l’affondare nel nulla,  nell’indifferenziato, nel dipendente, nell’inevoluto. Lo sviluppo del racconto vede, tuttavia, la progressiva crescita del nostro C. C. “Cicci” Baxter quale individuo sempre più consapevole di sé, che si scopre dotato di senso morale, autonomia, capacità di affrontare e vincere paure e ingiustizie con insospettata determinazione. I meccanismi scatenanti di questo processo evolutivo sono l’amore e la compassione, nonché la presa di coscienza dell’oscurità fondamentale inerente le forze e le situazioni cui è legato e in cui è immerso. Stessa cosa avviene per la protagonista femminile della vicenda che, sia pure da un punto di vista diverso e legato alla femminilità, vive uno stesso cammino di auto-trasformazione.
Rimane da dire che la storia di questo cambiamento, l’illuminazione - per così dire -  dei protagonisti, ha luogo in concomitanza con il periodo fra le festività di Natale e Capodanno, chiaro riferimento simbolico alla nascita della luce e al processo di rinnovamento della vita.

 

Nota ulteriore su: “L’appartamento”

Considerando l’appartamento come abitazione e quindi ‘casa’, mi sembra interessante - come riflessione aggiuntiva ma perfettamente in linea con quanto già espresso - una citazione dallo Zohar, il Libro dello Splendore. Infatti, in questo testo appartenente al filone della mistica cabbalistica, si fa accenno a Bayit o Bet - la casa - nei seguenti termini: “Quando un uomo comprende il mistero della sapienza e si rafforza in esso, si ha il compimento del versetto: Edifica la tua casa (Proverbi 24.27) che equivale all’anima superiore nel corpo umano, di cui egli si è ornato così da divenire uomo completo” (Zohar II.226a.). Nel brano, in sostanza, ci si riferisce alla meditazione “come un vero e proprio atto costruttivo, che porta alla realizzazione di quella parte superiore dell’anima che i cabbalisti chiamano neshamah” (Giulio Busi: “Simboli del pensiero ebraico” - Einaudi 1999).
Nella tradizione buddhista mahayana la casa rientra nei sette tipi di offerte che il bodhisattva fa agli altri esseri viventi e al Buddha che è in loro: l’offerta dell’occhio, del comportamento, della voce, dell’incoraggiamento, del cuore, della sedia, della casa. In definitiva si tratta dei compassionevoli gesti di accoglienza di chi cerca di sviluppare comprensione verso gli altri e disponibilità all’aiuto, nella consapevolezza del legame profondo che unisce tutti quanti gli abitanti dell’universo. Penso sia importante ricordare ciò a conclusione di queste riflessioni perché, interpretando l’‘appartamento’ come distacco e  meditazione, si potrebbe equivocare scorgendo un suggerimento ad isolarsi dagli altri e ad andare, di fatto, verso una chiusura alla vita. Secondo quanto mi sembra di capire non funziona così: credo invece che il cosiddetto cammino spirituale implichi una sempre maggiore apertura in ogni direzione. La solitudine e il distacco di cui si parla in contesti del genere indicano, a mio parere,  l’indipendenza, la conoscenza di sé, la libertà interiore e la ferma determinazione del ricercatore...
 

 

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