Dialoghi delle Carmelitane
(Interpretazione di Maurizio)
La Rivoluzione
Francese è contraddistinta nell’immaginario di molti dall’emblematico
lavoro della ghigliottina. In effetti il taglio delle teste – coronate e
non – può effettivamente avere un valore simbolico, più profondo e
importante dell’evento sanguinario in sé, specchio della follia e della
violenza degli uomini sugli uomini. Vengono in mente, infatti, tutte
quelle discipline filosofiche o religiose in cui il ‘sacrificium
intellecti’ rappresenta il supremo affidamento, l’atto di fede supremo.
Nel primo cristianesimo, per esempio, abbiamo Tertulliano - talento
speculativo e filosofico - che di fronte ai limiti dell’intelletto
dichiara (la frase potrebbe non essere sua, ma ne sintetizza bene
l’intendimento): “credo quia absurdum”, credo proprio perché è assurdo.
Oppure possiamo pensare a certo buddhismo, soprattutto Zen, che fa del
superamento della mente logica e discorsiva il suo obiettivo.
Ricordiamo, a riguardo, anche i paradossi del taoismo: azione-non
azione, arretrare per avanzare, eccetera. Pertanto risulta singolare
che, proprio come conseguenza dell’Illuminismo e del trionfo della Dea
Ragione, si arrivi nella Rivoluzione Francese ad eliminare teste, sedi
dell’organo pensante. Il fatto è che la testa è anche simbolo
dell’autorità, del ‘capo’, del potere, di ciò che si vuole mettere in
discussione, del ‘pensiero dominante’, del pregiudizio, della
cristallizzazione concettuale. In questo, dunque, come atto estremo del
suo sviluppo - soprattutto quando il suo atteggiamento è unilaterale e
non tiene conto del ‘cuore’ - la mente finisce per negarsi e superarsi
annullandosi. Proprio come in Tertulliano o nelle discipline orientali
anzidette.
Il film preso in esame – i “Dialoghi delle carmelitane” – potrebbe avere
come sottofondo significativo proprio questa esigenza della mente di
oltrepassare sé stessa e i suoi limiti. Il tutto è già adombrato nella
morte della vecchia priora, Suor Enrichetta, Madre comprensiva e saggia,
ma anche terrorizzata dal vuoto, dal buio, dalla malattia, dalla
solitudine, dalla prova del trapasso. Il suo cammino religioso sembra
naufragare – o approdare – nella ‘oscura notte dell’anima’ già descritta
da Giovanni della Croce: il momento dell’abbandono delle certezze,
quando si vede il limite di ogni cosa e davanti c’è soltanto l’Abisso.
Quello stesso Abisso che per le altre suore, ‘traghettate’ dalla nuova
priora alla conclusione della storia, sarà ben rappresentato dalla
ghigliottina. Così come avviene per Suor Bianca, spesso una disciplina
religiosa o anche un certo modo di vivere e pensare, è rifugio
dall’incertezza e dal dolore quotidiano, quindi – in un certo senso –
anche una fuga, un nascondimento, un ‘velarsi’ all’interno di una
protetta struttura dogmatica. Ciò è, per certi versi, comprensibile: è
giusto maturare una propria visione del mondo; ma sarebbe anche giusto
tenerla aperta e flessibile al cambiamento. Per fortuna è fatale,
comunque, che nell’approfondimento e nella maturazione dell’esperienza
ogni cosa venga sempre messa in discussione, così come la Rivoluzione fa
vacillare il Carmelo, giudicandolo ‘fanatico’ e ‘illiberale’.
Raggiungere quel limite estremo - che è anche crollo degli ideali,
paura, solitudine, incertezza - senza fuggire, ma andando oltre, è forse
quanto le antiche tradizioni chiamavano ‘Iniziazione’: una sorta di
morte e rinascita. Naturalmente per riuscire ad affrontare quel momento,
c’è bisogno di una certa dose di integrità e anche di fede: fede
nell’esistenza di un ‘senso’ riposto, oltre la mente condizionata. Come
dire che per trovare la Luce è comunque necessario possedere almeno una
piccola fiamma, una minima luminosità interiore, altrimenti l’’oscura
notte dell’anima’ sarebbe inaffrontabile. Nel film tutte le suore
incontrano la ghigliottina con il coraggio e la rinnovata luce del
cuore, persino Suor Bianca che rappresenta l’esitante ’io’ protagonista
di tutta la vicenda. Con Suor Maria infine, l’unica per la quale il
sacrificio consisterà nel ‘non’ morire, degna vestale e custode del
fuoco sacro senza mai un attimo di cedimento, si auspica la prosecuzione
ideale del Carmelo: la sua Rinascita nel senso superiore, oltre gli
schematismi dogmatici e i privilegi concettuali. Oltre la… ‘testa’. |