Colloquio con la madre
Questo episodio del film
Kaos dei fratelli Taviani, carico com'è di poetiche tonalità
affettive, muove, in chi ha visto morire la propria madre,la propria
terra, onde di struggente malinconia. La poesia che questi due geniali
fratelli riescono a produrre catturando immagini naturali o creandone di
nuove, non può essere raccontata attraverso parole semplici. Per rendere
l'idea di come tali loro "versi" smuovano acque profonde, occorrerebbe
essere poeti, e noi purtroppo non lo siamo. In più, per un siciliano
come me è facile vedere come questi due maestri di vita riescono a
cogliere l'anima di quella Sicilia narrata da Luigi Pirandello, e sono
davvero pochi i non siculi capaci di far questo. Questo episodio è
commovente perché riesce a porre davanti a ciascuno di noi quelle strane
realtà che pur albergando nella memoria hanno maggior peso delle
cosiddette cose reali.
Se tu mi venissi incontro vivo, con la mano tesa, ancor potrei, di nuovo in uno slancio d'oblio, stringere, fratello, una mano.
Ma di te, di te più non mi circondano Che sogni, barlumi, i fuochi senza fuoco del passato.
La memoria non svolge che le immagini E a me stesso io stesso Non sono già più Che l'annientante nulla del pensiero.
Pirandello, nel colloquio di questa novella, dice a sua madre che lui non si sente più vivo, perché lei, ormai morta, non può più pensarlo. Il suo è certamente un amore con andata e ritorno, ma in cui il ritorno ha più peso dell'andata. Siamo ai limiti del narcisismo. Nel suo prologo all'alchimista, Coeho, dopo aver fatto morire Narciso, fa piangere disperatamente il lago in cui è annegato. Le ninfe del bosco si meravigliano del suo pianto, visto che lui è stato l'unico a poter ammirare la sua bellezza. "Ma Narciso era bello?" chiede il lago alle ninfe stupite. "Chi altri meglio di te potrebbe saperlo?…in fin dei conti, era sulle tue sponde che Narciso si sporgeva tutti i giorni". E qui, finalmente, il lago spiega il perché del suo pianto: "Piango per Narciso, perché tutte le volte che lui si sdraiava sulle mie sponde, io potevo vedere riflessa nel fondo dei suoi occhi la mia bellezza". Pirandello dice una grande verità, Coelho l'ha ben capito, e rifacendo il mito di Narciso ha aperto il sipario sul suo Alchimista. Questo modo di amare, che è di noi tutti, ci rattrista perché ci pone di fronte alla nostra incapacità di Amare davvero come un Uno che tutto comprende in abbraccio. E' una mancanza di Dio, una penosa assenza di Divino che ci rende soli e unici ascoltatori della nostra disperata richiesta di Vero, d'Amore. Ed ecco che
L'uomo, monotono universo, Crede allargarsi i beni E dalle sue mani febbrili Non escono senza fine che limiti.
Attaccato sul vuoto Al suo filo di ragno Non teme e non seduce .Se non il proprio grido.
Ripara il logorio alzando tombe, E per pensarti , Eterno, Non ha che le bestemmie,
……………………
Non c'è, altro non c'è su questa terra Che un barlume di vero E il nulla della polvere, Anche se, matto incorregibile, Incontro al lampo dei miraggi Nell'intimo e nei gesti, il vivo Tendersi sembra sempre. (Monologhetto)
Quello che Pirandello vuol risentire attrraverso la voce della mamma non è alla fin fine il racconto in sé, ma il modo di esso. E' la voce di sua madre che lo rende speciale, le sue cadenze, il suo riviverlo. Quel racconto è vivo perché la mamma di Luigi vi infonde vita. Esso diviene così bello e vero, diventa speciale, mitico, diverso. E i due registi, bravissimi, riescono a regalarci proprio il senso del vero e del bello che in esso si annida. Quell'innocente gioco di fanciulli sulla montagna di pomice, con le sublimi note di Mozart diventa una danza. Gesti usuali si trasformano in passi di danza, un volteggiare che è il succo della bellezza e della verità. Questi racconto ricoda tanto quello della nonna del Carducci in Davanti San Guido:
O Nonna, o nonna! Deh com'era bella Quand'ero bimbo! Ditemela ancor, ditela a quest'uomo savio la novella di lei che cerca il suo perduto amor! … Deh come bella, o nonna e come vera È la novella ancor! Proprio così.
Ecco come la poesia che, sola, potesse rendere giusto omaggio ai fratelli Taviani per quel capolavoro che è Kaos, si è manifestata quasi da sola. Forse con questo capolavoro loro volevano solo, dapprima stordirci con lo stupore, e poi, approfittando dello stordimento poetico, abbandonarci in quel caos che in alchimia è vero inizio dell'Opera.
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