ALICE NEL PAESE DELLE
MERAVIGLIE
(Interpretazione di Maurizio)
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La lezione di storia cui Alice
si sottopone malvolentieri all’inizio del racconto rappresenta la
visione convenzionale del mondo, quella degli ‘adulti’. Alice desidera
un altro punto di vista, un ‘paese delle meraviglie ’ dove tutto è
rovesciato, un mondo allo specchio dove la logica è l’analogia e il
rigore è il paradosso, dove l’alto e il basso, il piccolo e il grande
s’invertono e si corrispondono.
Per entrare nella porta di questa dimensione ulteriore la protagonista
diventa piccolissima, poi gigantesca, poi di nuovo minuscola. ‘Diventare
grandi ’ significa diventare adulti, sé stessi. Ma qual è la grandezza
giusta? Come fare a diventare grandi senza essere chiusi, giudicanti e
aridi? Come fare a rimanere piccoli senza essere sopraffatti dal vasto
mondo interiore degli archetipi e delle verità paradossali?
Pincopanco e Pancopinco rappresentano forse questa dualità, questo
enigma degli opposti uguali e diversi, sole e luna: sono il primo
incontro di Alice nel suo viaggio interiore e le raccontano di un grande
pericolo per chi – nell’affrontare il mondo interno, ma anche quello
esterno – dovesse peccare di ingenuità, come le piccole ostriche
raggirate dal Tricheco e dal Carpentiere: metafora del rischio
rappresentato dagli imbonitori, dai movimenti di opinione e da quant’altro
può finire con il fagocitare le coscienze inesperte.
Il Bianconiglio con il suo senso dell’urgenza è il richiamo che
continuamente sollecita Alice alla ricerca. Ma Alice diviene nuovamente
‘grande’, troppo grande per la casa del coniglio: un ‘mostro’. I buffi
personaggi che cercano di tirarla fuori, con le loro assurde,
caricaturali e maldestre esagerazioni, fanno contrasto con la saggezza
supponente di Alice, bambina educata e riflessiva i cui comportamenti
riecheggiano quelli del papà e della mamma, come anche dell’Inghilterra
vittoriana tutta. Solo ridiventando piccola, ‘mangiando qualcosa’
(mangiare può essere metafora dell’introiezione e dell’imparare) e
ricominciando a ‘sognare’ può continuare nel suo viaggio tra fiori che
cantano e suonano in orchestra e farfalle con le ali a forma di toast:
il paesaggio metamorfico e onirico dell’inconscio. Dunque il mondo dei
piccoli, dell’interiorità, dell’infanzia, è tutto armonia? No, perché
anche qui Alice viene giudicata e respinta, quasi quanto nel suo ‘mondo
di veglia’. Anzi: i fiori sono copie trasfigurate di vecchie comari
inglesi. Alice non sa più chi è: è grande? E’ piccola? A questo punto la
domanda essenziale del misterioso Brucaliffo, che parla come un saggio
orientale delle “Mille e una notte”: “Chi sei tu?” (“Cosa essere tu?”)
La nostra protagonista gli risponde: “Vorrei essere un po’ più grande.”
Il Bruco, trasmutandosi in Farfalla (figurazione di ogni rinascita), fra
tanti enigmi offre anche una soluzione: un lato di un fungo (sostanza
allucinogena, tecnica, insegnamento) fa aumentare, l’altro fa diminuire.
Alice prova e sperimenta i due estremi come mai prima, fino a trovare
l’equilibrio e una grandezza intermedia, ‘giusta’ per lei. E’ allora che
la bambina, coscienza in evoluzione, incontra lo Stregatto, visibile e
invisibile, cui – stavolta – bisogna chiedere la strada per raggiungere
il Bianconiglio. Il ‘gatto stregato’, anche lui fra un paradosso e
l’altro, prepara l’incontro fondamentale con la follìa del Cappellaio
Matto e del Leprotto Bisestile. Quest’ultimo allude ad un anno
(bisestile) che c’è e non c’è, che è una convenzione. Come quella
inglese del tè alle cinque del pomeriggio e anche quella dei compleanni,
che qui – infatti – sono ‘non-compleanni’: siamo nel senza-tempo o,
piuttosto, nella caricatura delle convenzioni, dei luoghi comuni, del
trascorrere e della durata. Se il Brucaliffo rappresenta la domanda “Chi
sei?”, e lo Stregatto “Da dove vieni e dove vai?”, qui – alla tavola del
Cappellaio matto – siamo alla riflessione sull’impermanenza e sull’illusorietà
delle certezze del pensiero – radicato nella percezione del tempo. E
allora, cos’è il ‘ritardo’ su cui insiste il Bianconiglio, perché la sua
urgenza? Di fronte alla saggezza paradossale della follìa, il tempo –
l’orologio del coniglio – non ha senso.
Alice si trova nuovamente a riflettere su sé stessa e a cercare
l’orientamento in un bosco di animali che sono anche specchi, trombe,
vanghe e altre ‘assurdità’ che richiamano ad un significato più profondo
delle cose, ad una ricerca del Senso (Tao, Via) che il bosco
continuamente indica e smentisce. Alice è nel labirinto. La bambina è
persa nei meandri dell’inconscio e, a questo punto, rimpiange di non
aver seguito i ‘buoni consigli’, di aver osato troppo. Perduta nel
non-sense vorrebbe ora ritrovare la visione ‘normale’, quotidiana,
fondata sulle certezze di quel mondo dal quale era fuggita: vuole
tornare a casa. Ma c’è ancora un’esperienza cui lo Stregato la induce:
l’incontro con la Regina. Il labirinto è ora fiorito, popolato di carte
da gioco come sudditi sottomessi e spaventati di una potente Regina di
Cuori, una Grande Madre antipatica e crudele, che giudica tagliando
teste: negando così l’individualità, riducendo tutti a numeri, carte
del suo gioco. Tutte le strade sono della Sovrana, non esiste una strada
individuale, ‘sua’ di Alice. Probabilmente questo incontro con la Regina
rappresenta la meta, il culmine, lo scopo del viaggio di Alice, il
traguardo cui conduceva la corsa concitata del Bianconiglio. Ricordiamo
che Lewis Carrol scrive in epoca vittoriana: forse nella Regina di Cuori
potremmo intravedere la caricatura satirica della Regina Vittoria. In
ogni modo la Sovrana è sovrastante, anche l’evidenza deve piegarsi al
suo volere: deve poter vincere ad ogni costo nelle sue partite di
croquet. Da un lato è la Grande Madre Terribile della società dell’epoca
di Alice – incarnazione del libro di storia che bisogna per forza
studiare – e dall’altro è l’Inconscio Divorante, cioè un Archetipo
interiore che tende ad impedire la crescita e lo sviluppo della
Consapevolezza Individuale (così come nel racconto impedisce quella del
Re consorte).
La fase del processo giudiziario ad Alice ripropone come in un riepilogo
tutti i non-sense incontrati nel viaggio, cioè tutti gli insegnamenti
ricevuti: i vari Cappellai Matti, Stregatti, Brucaliffi, eccetera. Alice
è una volta di più grande, poi piccola, ma stavolta ha avuto il coraggio
di affrontare la Regina, di dire la verità, di avere una chiara visione
delle cose: la sua. E’ allora che si ‘sveglia’ ritornando alla vita
‘normale’ con le sue rassicuranti consuetudini. Ora, però, lei è
diversa. Ora è, finalmente, ‘cresciuta’…
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