BIANCANEVE E I SETTE NANI

 

Con "c'era una volta…" ogni fiaba riesce ad accendere l'immaginazione del lettore o dell'ascoltatore, a sradicarlo dal mondo di Assiah, quello fisico, ed a proiettarlo in uno spazio tempo dove tutto è possibile. Parliamo di quel luogo del "cuore" in cui i sentimenti e le passioni vestono corpi "sottili" che, grazie a materia mentale e luce coscienziale, popolano il palcoscenico del mondo di Yetzirah. Sono questi  corpi veri, anzi verisssimi, che danno vita ad una realtà altra, quella che il padre dei "Sei personaggi…" pirandelliani, nella tragica scena finale del suicidio del figlio, grida in faccia, con accenti drammatici, agli  attori della compagnia che dicono " Finzione! Finzione!…":
"Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! Realtà!".  Le creature dell'immaginazione sono della stessa natura delle creature dei sogni: sono veri nel mondo di Yetzirah, e illusioni in quello di Assiah. Con "C'era una volta…" noi "moriamo"  a questo mondo, per rinascere in un misteriorso luogo del "cuore"  ove un archetipo manifesta la sua potenza attraverso miti e simboli, e costringe la psiche (anima) del bambino (siamo tutti neo-nati a quel mondo) all'espansione, alla comprensione di Sé.  Alla fine la fiaba finirà, e con essa andranno a ninna archetipi, miti e simboli. Psiche allora si renderà conto di come tutto è accaduto all'interno dell' Una Coscienza immacolata e senza confini, la cui essenza è luce-consapevolezza; capirà come tutto é una tremenda illusione, un gioco, un percorso il cui senso è danza, musica, armonia: ogni cosa si sposa al resto del mondo e non può che essere così com'è perché tutto quel magico illusorio universo ha contribuito a renderla tale. Che immenso teatro! Che cosmica burla! se osserviamo il tutto dal miope punto di vista del singolo. Ma che magnifica danza se, dimentichi di essere altro dall'Uno, ci scopriamo esser quel "niente", quell' Impersona che "precede"  ogni spazio-tempo.  Ogni atto "creativo" è per me un miracolo, e poiché questa Vita Impersonale Universale crea continuamente un danzante presente cui nessun essere può sottrarsi, ogni movimento, ogni mutamento, per insignificante che sia, è un miracolo, è creazione.  Noi, nonostante i durissimi attacchi dei materialisti e dei sapientoni dei nostri tempi, quelli che le nostre università presentano come dei, la pensiamo ancora allo stesso modo: l'uomo è composto di corpo e di anima (Psiche). L'anima è di natura divina (proviene dallo Spirito), ma essendo prigioniera del corpo ha dimenticato la sua origine e va in cerca delle perduta Felicità, inseguendo su questa terra, una lontana eco di Essa.
Ciò detto, occupiamoci di questa bellissima favola.
La regina, matrigna gelosa, è corpo e mente egoica. Biancaneve è l'anima; il principe azzurro è lo Spirito che la sceglie, ma che si unirà a lei solo quando l'ego sarà morto e l'anima si troverà priva di ogni senso esteriore; i sette nani sono i sensi interiori che Biancaneve qualificherà positivamente grazie all'amore; il cacciatore è la forza della materia che mai potrà sottrarre la vita al candore: l'ombra non può sconfiggere la luce. La matrigna comincia a odiare l'anima quando si accorge che questa è stata toccata dalla grazia dello Spirito (principe). 
Detto questo possiamo brevemente dire che:
l'anima è prigioniera del corpo che cerca in ogni modo di oscurarne la bellezza ed il candore vestendola di stracci e costringendola ad occupazioni umili non certo degni di una principessa. Ma Biancaneve, quel tipo di anima, dirigendo se stessa verso il bello, il giusto ed il buono, riesce a creare un canto talmente armonico da scuotere il cielo e da "costringere" lo Spirito ad accorgersi di lei (il principe ne sente la voce soave). Ecco che scende la grazia (il principe si presenta, la "conosce", instaura il primo contatto). E' a questo punto che l'ego, temendo di perdere la sovranità su di lei, la vuole annientare. Si accende l'ira, la gelosia, l'odio, i veri ingredienti dell'intruglio che farà vedere il "vero" illusorio volto dell'ego. La battaglia fra le forze del male e le forze del bene ha inizio. L'opera alchemica comincia allorché la piccola fiammella che abita l'oscurità (il cacciatore) riconoscendo la luce di Biancaneve ne diviene "alleato" . Ma nello stesso tempo, trasmettendole tutta la carica di odio della matrigna, la terrorizza a tal punto da farla piombare nel nero più nero: la bella principessa entra nell'oscuro della foresta, ove ogni cosa assume l'aspetto della morte. E' l'opera al nero, quella che proietta l'anima in un labirinto da cui sembra non poter mai uscire. Ma ecco che improvvisamente, dopo una notte interminabile (un periodo che mette a dura prova l'anima sulla via del ritorno) compare una luce (quella della casetta dei sette nani). Comincia la seconda fase dell'opera, quella caratterizzata dal colore bianco. In effetti la casetta dei sette nani è la vera residenza dell'anima: è il luogo dei suoi sensi, quelli che soggiornando all'interno della materia (appunto, nell'anima) stanno a guardia dei tesori (facoltà sovrasensibili proprie dei veicoli sottili).
Ci vuole un po' per "usarli" bene, ma alla fine ci si riesce, ed i sette "ubbidiscono" docilmente.
Ma le forze del male non demordono: la battaglia è all'ultimo sangue. La vecchia strega, che altri non è che la matrigna cangiata dai peggiori vizi, si presenta alla casetta dei sette nani quando i piccoli sono lontani. E', per l'anima, un particolare momento di debolezza: quello che, facendo seguito al ritrovamento di una più raffinata sensibilità, dona ad essa quell' euforia che riaccende per un atttimo i vecchi sensi per farle vedere l'armonia anche del mondo materiale. Biancaneve sta per l'ultima volta davanti alla sua matrigna, e questa riesce ancora a convincerla con l'astuzia. Il serpente dell'Eden colpisce per l'ennesima volta e, non a caso,  è sempre una mela a produrre il "disastro". In assenza dei nani (dei sensi sottili) Biancaneve non riesce a scoprire l'inganno: morde il frutto avvelenato. I sensi si risvegliano troppo tardi, il sonno della morte l'ha già colpita. Il rosso della mela non era quello che l'opera prevedeva, ma il bacio del principe riuscirà a riaccendere la vita, facendo ricircolare il "sangue" in un'anima ormai trasfigurata dalla presenza dello Spirito, ed è questa la vera "Opera al rosso": il sangue non trasporta più passioni e vizi, ma virtù. L'Opera é compiuta, le Nozze Mistiche sono avvenute.
Peccato che la favola cominci da lì dove comincia e non dal momento in cui quest'anima, per un motivo che noi al momento ignoriamo, ha deciso o è stata costretta ad incarnarsi!
Se qualche curioso volesse saperne di più su gnomi o pigmei, può leggere "scritti alchemici e magici" di Paracelso (Phoenix , 91); oppure "Il conte di Gabalis" (Phoenix, 85). Raccomandiamo però di prendere il tutto cum grano salis: Paracelso era un genio, ma era anche un po' "matto"; mentre Montfaucon de Villars, autore del Conte di Gabalis, a volte sembra prendere in giro il lettore, altre volte sembra voler passare un po' di nozioni di magia, oppure ancora abbandonarsi a "discorsi alchemici". Prendetela come volete e buon divertimento.

 

Grazie Nat.

 

Indietro