IL GOBBO DI NOTRE DAME
(Interpretazione di Maurizio)

 

Il tema principale di questo racconto, e cioè l’incontro di Quasimodo – il personaggio deforme – con la bella Esmeralda, donna per certi versi ‘emancipata’ e dai tratti moderni di eroina degli emarginati, ricorda in un certo senso “La Bella e la Bestia”. Anche la favola del ‘Principe Ranocchio’ (che non credo sia stata ancora realizzata dalla Disney, ma tutto lo lascia sperare…) il quale viene – in una delle sue versioni - trasmutato in principe dal bacio della principessa, sembra non essere lontano da questo tipo di vicenda. Mi chiedo che cosa voglia dire, quale possa essere il  significato ‘interiore’, al di là degli eventi propri delle singole favole. A ben riflettere, secondo me, il concetto sottostante il senso letterale allude ad una fase specifica dello sviluppo della Coscienza: la fase in cui l’unione degli opposti, la fusione con la propria ‘anima’ – cioè con l’intima parte femminile – appare difficile, quasi impossibile. Il motivo è che ci si vede insufficienti e deformi – ‘non completamente formati’ - rispetto alla figura ideale con funzione di guida, di ‘Sophia’. La propria inadeguatezza interiore – metaforicamente rappresentata nell’aspetto fisico - è ignoranza, egoismo, limitazione. In senso psicologico questo stadio dello sviluppo evolutivo corrisponde all’adolescenza, quando non ci si sente preparati per il rapporto con il mondo e per eventuali amicizie con l’altro sesso. In senso più propriamente spirituale questo è lo stadio della consapevolezza dei propri limiti, del ‘pentimento’, del riconoscimento della propria insufficienza. Naturalmente questo momento – utile per la chiarezza della conoscenza di sé e del ‘piccolo io’ - può e deve essere superato: altrimenti, pur con le apparenze dell’umiltà, rischia di diventare un morboso alibi per le proprie impossibilità, atto a non mettersi in discussione e a non sfidare le circostanze interne o esterne che impediscono lo sviluppo, magari creando un’immagine ideale della spiritualità  - una ‘Bellezza’-Tifereth - troppo alta e inarrivabile. Ricordiamo che il cammino ‘iniziatico’ è essenzialmente un cammino eroico, capace di produrre il riconoscimento non soltanto dell’io limitato e karmicamente condizionato, ma anche del ‘vero io’, il Sé.
Il racconto originario di Victor Hugo è molto diverso dalla favola edulcorata della Disney: lo scrittore francese rappresentò una realtà dolorosa, dove tutti i personaggi rivelano la propria oscurità interiore, compreso il ‘bello’, Phoebus,  che non ha un rigore morale pari alla sua bellezza, e anche Esmeralda, che si cura ben poco del deforme Quasimodo. Forse soltanto quest’ultimo, nel suo ruolo di reietto, rivela comunque un cuore e uno spirito di sacrificio tragico e, comunque, perdente. Frollo, inoltre, non è un uomo di legge – come nella favola disneyana – ma il prelato di Notre Dame, e rappresenta perciò lo spirito crudele e giudicante di una presunta religiosità, non sostanziale ma soltanto formale. Il romanzo di Hugo, insomma, suggerisce un’altra interpretazione, più incentrata sulla critica puntuale e attenta ai rigidi moralismi, all’esclusione della diversità, all’incapacità di comprensione e amore spesso dimostrata dagli uomini. Il film della Disney, invece, comprensibilmente in armonia con i suoi scopi ed il suo genere, modifica la storia a beneficio di una struttura abbastanza godibile e perciò vendibile, ma contenente i soliti personaggi – sovrapponibili a quelli di tutte le analoghe produzioni – i quali più che ‘archetipi’ sono ‘cliche’. Essi sono essenzialmente:

 

1.      il bello, che naturalmente è anche buono e giusto;

2.      la bella, anche lei buona ed eroica;

3.      il cattivo potente, uguale a tutti i malvagi conosciuti: streghe, maghi, vizir, diavoli,
   eccetera;

4.      il brutto, che qui non è come di frequente anche maligno, ma ripropone il tema del
   ‘brutto anatroccolo’, in questo caso fornito di bellezza interiore, spirito di sacrificio,
    amore.

 

Ritornando, in ogni caso, a cercare di ricavare significati profondi dal nostro cartone animato, notiamo:

 

1.      la sovrastante presenza di Notre Dame, la cattedrale come una Grande Madre buona, nella quale perfino i Gargoiles di pietra sono pieni di sensibilità e cuore. Sappiamo che questa è un archetipo, assimilabile al II Arcano del Tarocco, la Papessa, Iside, la Grande Sacerdotessa, la Porta del Tempio custode dei misteri dell’esistenza che soltanto l’Iniziato può comprendere. Ricordiamo che, in effetti, la grande cattedrale di Parigi ha veramente un significato arcano, collegabile con i misteri delle cattedrali gotiche e, si dice, con le conoscenze esoteriche dei Templari.

2.      Se Notre Dame può essere un simbolo della Vita stessa e della Legge Universale, il gobbo ‘formato parzialmente’ rappresenta l’uomo, la cui spina dorsale – asse del mondo – non ha ancora trovato il perfetto allineamento fra il Cielo e la Terra. In particolare a Quasimodo manca il contatto con la Terra, simboleggiata dal mercato, dalla folla e dalla festa sottostante la cattedrale, nella quale lui sperimenta soltanto le altezze ‘celesti’.  E’ Frollo, con la sua distorta visione del Bene e del Male, che lo relega lontano dal mondo, in una condizione che è una caricatura della spiritualità e dell’ascesi.

3.      Quasimodo fabbrica pupazzi e riproduce la scena che vede dal campanile. Sa cosa desidera, ma non spera di poterlo ottenere. Viene in mente il ‘cult-movie’ di Wim Wenders, “Il cielo sopra Berlino”, dove gli angeli – padroni delle altezze dello spirito – conoscono soltanto una realtà in bianco e nero. La vera realizzazione, invece, è a colori, con la riappropriazione della passione, del sentimento, dell’amore, dell’energia, del pensiero, dell’unione fra tutti gli aspetti della vita.

4.      In effetti, nella vicenda disneyana, la fusione degli opposti la concretizzano Phoebus – il Sole – ed Esmeralda – la Luna, signora dei gitani. Essi sono assimilabili al Purusha, lo Spirito-Testimone, e la Prakriti, la Danzatrice-Materia, della filosofia indiana.

5.      Quasimodo, pur innamorato di Esmeralda, cede il posto al bel Capitano e assume l’unico ma decisivo ruolo di aiuto nella sconfitta del ‘male’. Di per sé, dunque, rimane un emarginato a motivo del suo aspetto fisico. Da parte nostra possiamo soltanto offrirgli il riscatto di una interpretazione esoterica, dove i personaggi del racconto  sono tutti parti di un unico individuo.  In questo senso il ‘gobbo di Notre Dame’ è il corpo fisico e la ‘persona’ esteriore, con le concrete limitazioni della sua condizione e del suo piano, che partecipa della purificazione dal male e dell’unione del principio maschile e di quello femminile all’interno di sé. Tutto ciò sotto lo sguardo benevolo e la protezione della Signora dei Misteri dell’evoluzione spirituale, Notre Dame, figurazione del Tempio dell’Iniziazione.

6.      Il ruolo dei gitani può essere anch’esso interpretato in senso misterico: come emarginati e diversi essi sono la raffigurazione del gruppo iniziatico, del Sangha, dei pellegrini d’Oriente, della libera comunità dei ricercatori della Verità, quest’ultima vista non tanto come un’ipostasi monolitica e austera, quanto come il grande mosaico della molteplicità, una colorata Corte dei Miracoli, ogni elemento della stessa partecipante nella sua specificità alla completezza armoniosa del Tutto.  

 

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