IL GOBBO DI NOTRE DAME
(Interpretazione di
Natale)
Con "l'avvelenamento" di
Dioniso, dio della Natura, della danza, dell'estasi, dell'ebrezza, e con
"l'imposizione" di una morale basata sul peccato e sulla pena, secondo
Nietzsche è nata nell'uomo quella che lui chiama una "volontà di morte":
"di fronte alla morale …la vita deve avere costantemente e
inevitabilmente torto, dato che la vita è qualcosa di
essenzialmente immorale - e la vita deve infine, schiacciata
sotto il peso del disprezzo e dell'eterno 'no', essere sentita come
indegna di essere desiderata, come priva di valore in sé". (Nietzsche -
La nascita della tragedia - Adelphi, pag 11). Diciamo subito che
l'istinto sfrenato è un grosso pericolo per l'incauto che si dovesse
abbandonare completamente ad esso, ma d'altro canto "le forze istintuali
compresse nell'uomo civilizzato hanno un'enorme potenza distruttrice…" (Jung
- Tipi Psicologici - Vol. 6 - pag 147).
Fino a qualche decennio fa il carnevale, ultima eco di riti dionisiaci,
aveva la funzione di far allentare un po' le redini degli istinti e di
far quindi defluire l'enorme energia accumulata nel corso di un anno di
autocontrolli, oltre che quella di annullare per un giorno ogni
differenza di "casta" e di consentire così ai più deboli una sorta di
rivincita nei confronti dei più forti. Ma col passar del tempo esso ha
perso tale primitiva funzione per diventare la caricatura di se stesso.
Ed ecco che il presagio nietzschiano -"tutto lascia presagire…la
progressiva ricomparsa dello spirito dionisiaco nel mondo
contemporaneo"- oggi si è avverato. Basta guardarsi intorno: droga,
musica sfrenata, campi di calcio pieni di "menadi" in preda a furia o
esaltazione ossessiva, films violenti nei quali personaggi mossi dai
più bassi istinti animaleschi tolgono alla Vita ogni sacralità,
prostituzione dilagante non solo per colpa di istigatori, luci rosse; ma
anche naturismo, ecologia, amore verso gli animali, ambientalismo,
vegetarianesimo, ecologismo, ecc.
Rielaborata dalla Disney, la vicenda narrata nel romanzo "Notre Dame de
Paris" di Hugo smette i panni della tragedia per indossare quelli della
fiaba. Il Giudice Frollo (nel romanzo è Arcidiacono) detesta gli
zingari: in Parigi non devono metter piede. Ma una riesce a entrare e a
spingersi fino al cuore della città con in mano uno strano fagottino.
Frollo la uccide, le toglie il fagottino, lo apre e vi trova un neonato
deforme. Sta per buttarlo nelpozzo, quando l'Arcidiacono di Notre Dame
lo ferma e si offre di accudirlo. Frollo decide di farlo vivere nel
campanire della chiesa, da cui non dovrà più uscire. Questo inizio di
fiaba ci permette già di poter leggere nella vicenda la tipica
situazione di chi, sopprimendo l'istinto in sé (gli zingari), dà vita a
una coppia di problemi. Da un lato accumula energia distruttiva,
dall'altro sarà "costretto" a far in qualche modo sopravvivere tale
soppressa funzione nel figlio di essa: Quasimodo, un essere incompleto,
il nostro povero gobbo-zoppo-guercio. Ma tale essere è ovviamente molto
forte, è pura energia "animale" (figlia degli istinti), ed alla fine il
Giudice dovrà necessariamente fare i conti con lui. La figura di Frollo
è rigida, legnosa, senza cuore (gli istinti soppressi atrofizzano i
sensi e con essi il sentimento).
Vecchi ricordi di scuola mi fanno tornare in mente alcuni miei compagni
"primi della classe": erano legnosi come Frollo perché, pur di
primeggiare, rinunciavano all'atletica, alla partita di pallone, alla
corsa campestre, ad ogni normale attività fisica, ad ogni competizione
sportiva che potesse un po' far evaporare tutta l'energia corporea che
non aveva permessi d'uscita. Erano spenti, sembravano vecchi, frolli,
uomini finti. Privilegiavano la mente e trascuravano la loro
naturalissima animalità. Ad esser sinceri non avevo nessuna stima di
loro, perché evitavano il gruppo, la classe. Ma questo isolamento ed il
primeggiare non poteva far di loro degli eroi, perché l'eroe è
altruista, combattivo. Li paragonavo al loro opposto: a quelli cioè che
non studiavano mai, che marinavano sempre e che erano fuori dal gruppo
per un altro verso. Sia i primi che gli ultimi, all'esame della vita non
poterono cavarsela come a scuola, gli uni con una po' memoria, e gli
altri con l'arte d'arrangiarsi, perché la vita ha bisogno dell'impegno
totale dell'individuo.
Frollo voleva primeggiare e primeggiando doveva "salvare" predicando una
falsa morale, quella che si scaglia contro la Natura. Questi falsi
moralisti prima o dopo dovranno fare i conti col represso, e quando
dalla loro "camera oscura" salterà fuori Esmeranda, l'istinto che
seduce, non avranno scampo: saranno ossessionati dal logaritmo di quanto
hanno soffocato, che centuplicherà le compresse energie. Quello che era
noto ed andava accettato e sublimato alla meglio (danzando allegramente,
ridendo, cantando, estasiando, pregando), quello che era conscio e
proprio, diviene inconscio ed estraneo, e quando si ripresenta con i
nuovi connotati diventa affascinante e irresistibile. Esmeralda non è
più una zingara da combattere, bensì una gioia da possedere. Ma un
pioppo secco non può gettare germogli, e Frollo è secco, arido. Nel
romanzo, dopo essere stata consegnata al Giudice dal capo delle guardie
(che rappresenta il Marte distruttivo dell'Arcidiacono) dovendo
scegliere tra la morte e l'amore di Frollo, Esmeralda preferisce la
morte: l'istinto è ormai autonomo. Nella favola invece a morire sarà lui
grazie anche a Quasimodo. Se non si riesce ad accettare la propria
"Corte dei miracoli", difficilmente si sarà in grado di accettare quella
esterna che altro non è se non una lurida bettola ove "attorno ai
boccali si raggruppavano una gran quantità di volti bacchici,
imporporati di fuoco e di vino". Victor Hugo doveva essere un vero
ricercatore, perché entrando nella sua miniera è riuscito a tirar fuori
quanto c'era di più basso e sporco, che al fuoco lento della sua somma
arte è riuscito a trasformare in ottimo concime. Pure Nietzsche tentò di
fare l'Opera, ed ha scavato molto ma molto più a fondo. Insieme a fango
è riuscito a tirare su tantissime gemme, ma dopo aver bevuto il "vino"
del suo "Così parlò Zarathustra" penetrò in un "mondo" da cui non poté
più uscire, perché era un mondo che stava aldilà del suo tempo.
Nietzsche era un uomo "postumo", come amava definirsi, ma non si accorse
che era in anticipo soprattutto rispetto a se stesso: dopo quella
cascata di poesia dionisiaca non riuscì più a ritrovarsi: s'era
allontanato da sé per più di cent'anni. Io reputo Nietzsche uno dei più
grandi filosofi di tutti i tempi, ma anche uno dei più pericolosi. Lui
sapeva di esserlo, tanto che a volte diceva che più che poeta, uomo o
filosofo era "dinamite". Ma oltre che stima e paura, sento per lui anche
pena, una profonda pena per la sua follia e la sua solitudine. Col
sacrificio di sé ha dato uno sguardo suicida su quel che sarebbe stato
il secolo che purtroppo stiamo vivendo, e ci ha avvertiti con la sua,
all'inizio controllata, ubriacatura. Poteva chiudere la porta e tornare
indietro, non dire niente, ma era ipnotizzato perché, per dirla con
Jung-Freud, l'inconscio lo aveva affascinato attraverso una poesia
fermentata che è tutta l'intera sua opera. Quanto sia stata pericolosa
questa sua poesia lo abbiamo visto col terzo Reich, che alterandone lo
spirito ne ha fatto un'arma potente e disumana. Nietzsche è il pensatore
più insultato eppure più saccheggiato dell'ultimo secolo ( psicologi,
filosofi, antropologi e pensatori di ogni genere lo hanno regolamrmente
"derubato").
Ma torniamo alla fiaba: se non si rispetta la Natura si può correre un
doppio rischio: fare la fine di Frollo per troppo reprimere; fare la
fine di Nietzsche per troppo esplodere. Se si reprime troppo si sogna
troppo (eccesso di Apollo); se si allenta completamente, troppa ebrezza
(eccesso di Dioniso); la via di mezzo rimane sempre la migliore e la più
virtuosa. L'uomo è formato di corpo-sentimento-mente-Spirito: di terra,
acqua, aria e fuoco. Chi decide di tagliarsi i piedi perché stanno a
contatto col fango è un idiota. Per fortuna Disney ha rimescolato le
carte del romanzo: Esmeralda sposerà Febo, che in questo caso assume i
connotati del Marte positivo, cioè del combattente spinto alla disputa
non più da ira e odio, ma da spirito di vera Giustizia. Ed Esmeralda,
accanto a lui, non sarà più l'istinto cieco e animalesco di chi si
lascia inghiottire da Dioniso, ma un sano istinto naturale che, segue
la Natura e nello stesso tempo non usa violenza alle altre componenti
dell'individuo.
Abbandonarsi completamente alla Vita richiede un grande amore per Essa,
smascherare la propria mente attimo per attimo richiede parecchia forza
nervosa e attenzione, sopportare le cose non belle di questo mondo
richiede grande pazienza, ricercare la Verità nell'infinito presente del
tempo infinito richiede capacità di essere, non attaccarsi alle cose
belle di questo mondo richiede distacco e conoscenza di Maya, fare la
cosa giusta al momento giusto richiede assenza assoluta di ego,
conseguire la Sapienza richiede esperienza, scendere nelle caverne della
propria interiorità richiede un grande coraggio, ma come giustamente
dice Falstaff parlando a se stesso nell'Enrico IV ( parte prima scena V.
iii): "La parte migliore del coraggio è la prudenza".
Grazie. Nat. |