LA BELLA E LA BESTIA
"Vedere l'Ombra e riconoscerla
è una parte del problema, ma il grande problema etico si presenta quando
si decide di esprimerla consciamente. Ciò richiede grande cautela e
autoriflessione"
(Marie- Louise von Franz - L'ombra e il male nella fiaba - Boringheri -
pag. 13)
("Quando parti dell'Ombra personale non sono sufficientemente integrate,
l'Ombra collettiva può infiltrarsi attraverso tale porta" (Idem, pag.
15)
Esprimere la propria ombra, da qualche decennio a questa parte, pare sia
diventata una vera e propria moda. Il pittore cosiddetto moderno vomita
la propria sulle tele, il cantautore delizia il pentagramma con la sua,
lo scrittore la riversa in romanzi o sceneggiature di film, e così via.
Fin qui nulla di strano, anzi, con l'arte terapia ognuno di essi si è
liberato di tutta la roba indigesta, per l'appunto la propria Ombra. I
guai non nascono nemmeno quando questo pattume diviene qui quadro in
esposizione, lì canzone, film, commedia, romanzo o che so io, ma
allorché qualche critico, a dir poco, poco sensibile incensa tale
spazzatura per vera opera d'arte, quella che dovrebbere nascere in
"cielo" e non nelle fogne del nostro essere. Esprimere quest'Ombra
consciamente richiede molta molta cautela e senso di responsabilità. Non
dico di censurare, perché in democrazia ognuno ha il diritto di
esprimersi, ma avvertire il fruitore di quell'"arte" che i contenuti di
essa sono molto pericolosi, intossicanti.
Ora, non so se ci avete mai fatto caso, spesso anche le fiabe sono
portatrici di contenuti ombrosi, ma che differenza! La carica emotiva è
ovattata, attutita, felpata. Non per nulla i maggiori fruitori di esse
sono i bambini. E questa è la lezione: ci si può liberare di tutto, non
solo con cautela, ma anche facendo vera arte,e Disney ce lo ha
dimostrato, ce lo dimostra e ce lo dimostrerà ancora per tanti anni.
Cautela dunque, e…buon lavoro di pulizia.
Ciò detto, passiamo alla bellissima fiaba di Belle e company.
Il giovane Principe rappresenta ognuno di noi a diciott'anni. A quell'età
l'ego è maturo e la mente è a suo totale servizio. Il senso dell'io è
smisurato. Le persone sono oggetti da usare per giungere, attraverso
un'esasperata competitività, che sin da piccoli è stata inculcata con
ogni mezzo, al primo posto di ogni cosa: gioco, lavoro, arte e persino
religione. A quell'età, tutto quello che è vecchio è brutto e
insopportabile. Ma i diciotto anni sono anche l'età della maturazione,
ed ecco che al castello del Principe, per la primissima volta, bussa la
Saggezza con una rosa in mano. Essa è quella fata che tutto può
trasformare, trasmutare, è l'oro filosofico, scopo ultimo della ricerca
alchemica. Reca in mano una rosa, simbolo della poesia e della Natura,
della bellezza e del Cuore. Se viene ospitata per una sola notte, se
viene fatta entrare, essa può risvegliare il cuore (anima), solo ed
unico intermediario fra "cielo" e "terra". Ma il Principe non la
riconosce, non capisce che dietro quella vecchiezza c'è la stessa
freschezza e la stessa creatività di una rosa, che pur essendo antica
come archetipo, ad ogni Primavera si rinnova, rifiorisce. Non la fa
entrare, e non ospitandola decreta la propria condanna: da ora in avanti
vivrà come una bestia in un mondo abitato da oggetti. Scegliendo la via
della testa ed escludendo il cuore e la bellezza (vecchia-rosa) si è
preclusa ogni bontà e tutte le persone che lo circondano, colorate dal
suo ego, saranno cose, perché lui, il Principe, è una cosa e non più un
uomo. La sua anima vive in esilio, non lontano dal castello, in una
povera casa. E qui comincia la favola della vita di ognuno di noi: la
bellezza, la poesia, la nostra anima cerca di incontrare la bestia, per
accenderle il cuore e trasformarla in uomo. Strani suoi alleati sono i
sensi della stessa bestia rappresentati dai suoi collaboratori
trasformati in oggetti parlanti in cui riesce a manifestarsi ancora una
discreta luce. Non a caso il nome di uno di essi è Lumiere, luce, un
candelabro che col suo savoir faire dà continuamente buoni consigli al
suo padrone affinché provochi e accolga l'amore. Appena Belle mette
piede al castello la riconoscono subito: è lei che toglierà
l'incantesimo, prima che la magica rosa perda l'ultimo petalo. Quando
l'anima decide di rimanere nel castello, ha inizio il lavoro alchemico.
In questo caso, sotto la genialità di abili disegnatori, assistiamo alla
rappresentazione di tale lavoro, senza esser costretti a provare gli
atroci mal di testa che un qualunque classico di alchimia riesce
puntualmente a procurarci. La Grande Opera, in ogni cartone di Disney ci
viene offerta su un piatto di gioia e buon umore, in una sorta di "gioco
di bambini", per dirla con linguaggio ermetico. L'ego (Gastone) vorrebbe
sottomettere l'anima (Belle) e uccidere la Bestia, il corpo da lui
abbruttito alla maniera di Dorian Gray. Ma i sensi, che fanno capo
all'anima prima che alla mente, impediranno che ciò accada. L'ego,
uccidendo il corpo, distrugge se stesso, ma quel corpo morto, come una
fenice, risorgerà dalle proprie ceneri, al tocco della Rugiada celeste,
che sempre piove su un'anima che prende possesso di un corpo. E lì, la
trasmutazione del vile metallo (Bestia) in oro (Principe).
Siamo tutti dei Principi figli di un unico Re, ma ci comportiamo da
mendicanti, o peggio, come bestie. Abbiamo dimenticato la nostra vera
identità: noi siamo quell'unico Re, lo siamo sempre stati, e nostro
destito è riesserLo.
Se uno di questi giorni alla porta del vostro castello dovesse bussare
una vecchia con una rosa in mano, vi prego, siate gentili, fate entrare
la vecchia ed accettate la rosa. Vi conviene!
Grazie. Nat. |