IL RE LEONE

 

"La libidine del senso secondo ci avvizzisce la capacità di vedere secondi o millesimi sensi là dove stanno o sono stati messi.   Non sappiamo neppure più godere della rivelazione del letterale, della stupefazione di ciò che è, quando il massimo della polivocità coincide col minimo della tautologia: a rose is a rose is a rose is a rose. Il modo simbolico sta là dove avremo finalmente perduto la voglia di decifrare a ogni costo."
(Umberto Eco - Sulla letteratura - Saggi Bompiani - pag.171).

Il succitato passo è parte di una versione rivista della relazione che Eco tenne a Siena nel 1994 Sul simbolo.
Ho voluto cominciare così per chiarire una volta per tutte che la mia (la nostra) non è "libidine del senso secondo". Quando interpretiamo una fiaba, un film, un romanzo, non cerchiamo secondi sensi che l'autore avrebbe nascosto fra le pieghe del letterale, ma tentiamo solo di "smascherare", questo sì, la saggezza, la genialità, la poesia, che i contenuti e, perché no, la forma dell'opera sicuramente veicolano. E' più o meno quello che da sempre hanno fatto, per esempio in campo letterario, gli storici della letteratura, o in quello musicale gli storici della musica. E cosa strana, spesso la critica o la semplice lettura di un'opera - vedi per esempio la lettura della Nona Sinfonia di Beethoven e del Don Giovanni di Massimo Mila - oltre che farti capire meglio il perché della bellezza, aggiungono ad essa ulteriore bellezza e poesia. Il Re Leone non è un simbolo, ma una fiaba, e così come ci è stata proposta da Disney merita la nostra attenzione, è giusto che se ne parli. Noi facciamo della ricerca della Saggezza un mulino a cui tiriamo acqua con tutte le nostre energie per trecentosessantacinque giorni all'anno, con lo stesso entusiamo ma con modi sicuramente meno colti e geniali (i nostri limiti - ce ne rendiamo perfettamente conto - sono enormi) con cui il prof. Eco tira l'acqua al mulino della sua Semiologia. E non siamo certo fra coloro che "accusano gli studi semiotici…come responsabili di un declino della critica, come discorsi pseudo matematizzanti, infarciti di schemi illeggibili, nella cui melma evapora il sapore della letteratura, e l'estasi a cui il lettore sarebbe chiamato s'irrigidisce in partita doppia - dove il je ne sais quoi e il sublime, che dell'arte erano supposti essere l'effetto supremo, svaporano in un'orgia di teorie che sprimacciano, svillaneggiano, umiliano, schiacciano il testo, togliendoli freschezza, magia, estaticità" (Idem pag. 175). Non possiamo essere fra costoro, perché nonostante il bisturi semiotico spietato, dalle pagine di critica del nostro professore traspare un amore per il Bello, un amore per la ricerca in sé, un amore per la verità storica, una passione per la vita ed un senso dell' humor davvero rari. Ognuno è libero di vivere la vita come vuole, purché non arrechi danno al mondo che lo circonda. Ecco, diciamo che la stessa passione mettiamo noi nel nostro "lavoro" di ricerca.
Detto questo, passiamo alla fiaba. Il genio di Disney non è solo riuscito a ridare un'anima che era stata loro sottratta a tutti gli animali, i vegetali, i minerali ed ogni altra cosa sotto il cielo, è riuscito anche a farci prendere atto della sua perfetta logicità. Con ciò, il grande e insuperato suo genio ha spalancato le porte della cosiddetta ecologia e ha dato maggiore dignità al mondo animale.
Un cane o un gatto prima di lui era pressoche’ un oggetto, dopo di lui è diventato un essere, e lo stesso dicasi per un albero, un fiume, una pietra, una cosa. Disney è riuscito, celebrando la Vita che palpita in ogni cosa, a cantare la gioia di Essa che sotto forma di Amore cementa tutte le diversità in un'unica Essenza. Disney ha educato e continua a educare intere generazioni di bambini e adulti. Siamo davvero contenti di poter danzare con lui.
Sicuramente non sarò il solo a sentire in questa fiaba echi di Amleto e di Macbeth: nella prima tragedia il re di Danimarca, mentre dorme viene ucciso da suo fratello Claudio che dopo ne sposa la moglie. Qui il Re Mufasa viene ucciso da suo fratello Scar (spalleggiato dalle iene) geloso e assetato di potere; nella seconda Duncan re di Scozia viene ucciso da Macbeth, un suo generale che ne prenderà il posto. Il ruolo delle iene è tutto di Lady Macbeth, la cui brama di potere fa di essa"l'incarnazione" del male.
Il Leone Re rappresenta il cuore del cuore ed il cuore della mente. Il primo è nella musica incessante del costante battere del cuore fisico che muove il fiume della vita: la circolazione sanguigna. Il secondo è la divina intuizione, quella capacità della mente di prendere sempre decisioni giuste  nel posto giusto e al momento giusto, andando oltre ogni logica egoica.
Quando a comandare sono questi due Re che uniti insieme costituiscono la Saggezza di un individuo, le cose andranno sempre bene. Quando il ritmo musicale di questo unico grande cuore viene fermato ed al suo posto subentra la caotica aritmia dell'ego, le cose andranno sempre male. E' quello che accade nella Danimarca del Principe Amleto, allorché lo zio Claudio prende il posto del Re; è quello che accade anche in Scozia, invece qui, in parallelo con la nostra fiaba, il Nobile Macduff ucciderà l'odiato e sanguinario Macbeth (gli taglierà la testa). Ma il pregio di queste terribili tragedie e di questa bella fiaba è un altro: esse reggono uno specchio su cui si riflettono i vizi e le virtù di noi esseri umani in maniera talmente perentoria da esser costretti, per i primi,  a prenderne atto, la qual cosa è l'inizio del lavoro su di noi. Questa bella fiaba ci fa capire alcune cose elementari che purtroppo, quando siamo posseduti da invidia, gelosia e sete di potere, dimentichiamo facilmente.  Per potere governare su un regno è necessario abbracciare gli interessi di tutta la comunità. Quando diventiamo Re persino i nostri sogni non sono più nostri, cosa che aveva ben intuito Giuseppe allorché fu l'unico a capire che il sogno di un faraone non può che riguardare tutto l'Egitto e non la sola persona del re. Scar non ha le qualità richieste per il comando: non è altruista, è indolente, è geloso, non è onesto, è bugiardo, ecc. Mufasa ha invece tutte le qualità richieste per un capo, il quale riesce a trasmetterle a suo figlio Simba.
L'ego ha le gambe gorte come le bugie, può solo creare tragedie, mentre il cuore del cuore e il cuore della mente, il Re Cuore, il Re Leone può creare solo armonie. L'ego frammenta l'individuo, lo prosciuga di ogni vera risorsa, lo fa campare di espedienti perché non segue la Via, il Tao, le leggi della Natura. I suoi ritmi non sono solari, ma lunari; esso è solo un'ombra. Quando il sanguirario Macbeth nella scena quinta del 5° atto apprende per bocca di Syton (un suo ufficiale) che Lady Macbeth è morta, si lascia andare ad uno sfogo che a mio parere è stato frainteso da tutti i commentatori: Shakespeare sta facendo parlare un ego e non un Uomo. Quelle struggenti parole sono pronunciate da un'ombra che ha visto sé stessa imboccare il tunnel del nulla:

"Più tardi doveva morire: nel tempo adatto a dire una tale parola.

Domani e poi domani e poi domani,

striscia di giorno in giorno a passi corti

verso la zeta del tempo prescritto;

e tutti i nostri ieri hanno rischiarato

a degli sciocchi il sentiero polveroso

che conduce alla morte. Via, consumati,

corta candela! La vita è soltanto

un'ombra errante, un  guitto che in scena

s'agita un'ora pavoneggiandosi, e poi

tace per sempre: una storia narrata

da un idiota, colma di suoni e di furia,

senza significato".

La "corta candela" il "guitto" "l'idiota" vanno tutti riferiti all'ego e non al fuoco della candela o al palcoscenico, a quel "Divino Spazio" che alla fin fine SI E'. Il corpo e la mente sono l'opportunità che questo Spazio si è data per osservar-SI da ogni essere in ogni essere. Macbeth, Scar,Claudio e Lady Macbeth sono solo ombre, iene.

Grazie. Nat.   

 

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