Il posto delle fragole
Isak, al termine della
sua vita e anche della sua carriera, si confronta con la morte e compie
un viaggio dentro e fuori di sé stesso, passando attraverso i giudizi
severi che si autoinfligge o che gli infliggono, ritrovando momenti
importanti della sua esistenza come la giovinezza, il matrimonio, i
genitori, recuperandone i valori e, infine, ritrovandosi profondamente
rasserenato. Questa è sinteticamente la spiegazione consueta dello
splendido film di Ingmar Bergman e, certo, non si può pretendere di
aggiungere nulla ai commenti che in questo senso sono stati fatti sia
dalla critica cinematografica che da eminenti studiosi. E’ possibile,
però, un altro taglio interpretativo, più affine alle nostre tematiche
di ricerca del CIS.
Potremmo, per esempio, stimare che l’anzianità del protagonista non
rappresenti tanto la sua età cronologica, quanto l’evoluzione della sua
coscienza: egli ha 78 anni, e sappiamo che questo numero – identico a
quello delle lamine del Libro di Toth – indica la completa realizzazione
iniziatica dei Misteri e cioè, in parole più semplici, la profonda
conoscenza della vita in tutti i suoi aspetti. Isak è anche un
terapeuta, un insigne medico, e sta per ottenerne il riconoscimento
rituale dalla prestigiosa Università di Lund: è, dunque, un Maestro,
un’anima antica, in grado di aiutare molti a ‘guarire’; ricordiamo,
questo proposito, il significato spirituale della terapia e della
guarigione, noto in tutte le culture tradizionali come metafora della
Reintegrazione. Quando un individuo giunge ad un tale livello evolutivo,
è pronto per fare un ulteriore salto di qualità: lasciare la cosiddetta
‘ruota delle nascite e delle morti’, il ‘Samsara’, continuare su piani
più sottili il suo percorso. Si tratta di un grande passaggio, cui il
film comincia a preparare il suo protagonista fin dall’inizio: vedi
l’orologio senza lancette che indica la dimensione oltre il tempo e,
quindi, al di là dell’anzidetto ciclo; la rottura della ruota del
carro; il corpo senza volto, ormai semplice involucro e veicolo
di esperienze da abbandonare; il riconoscere sé stessi nel morto,
sottolineando la significativa identificazione fra morte e vita, vita e
morte. Isak avverte il richiamo di questo profondo cambiamento
coscienziale che, in sintesi, corrisponde all’Illuminazione, ma ne è
anche disorientato, è sgomento, perché comprende che prima deve
procedere ad un ulteriore riordino della sua vita. Per questo motivo
decide di andare a Lund, luogo simbolico dell’Iniziazione definitiva,
compiendo il tragitto in automobile e non con il programmato viaggio
aereo: in pratica vuole riflettere, meditare, comprendere bene e
nell’intimo cosa sta succedendo. Il pellegrinaggio in macchina, infatti,
lo condurrà attraverso tutti i territori della sua esistenza o, potremmo
dire, delle sue esistenze. Alcuni elementi salienti contrassegnano il
percorso: la presenza costante, fin dall’inizio, di una donna amata che
è figurazione dell’Anima, Sara, che si protrae fino alla fine - sia pure
in altra forma - con un’altra Sara, altrettanto ed eternamente giovane
come può esserlo, appunto, l’Anima. Così anche il ‘posto delle fragole’
collega l’inizio e la fine del viaggio come immagine di una ‘Terra Pura’:
‘Paradiso Terrestre’ inizialmente e ‘Gerusalemme Celeste’ nell’epilogo,
là dove si intravvede la comunione pacificata del protagonista con i
genitori simbolici, con gli archetipi del profondo. Tuttavia, prima di
questo risultato, Isak deve ripercorrere con dolore tutte le fasi della
separazione e della disunione degli opposti, dell’io e dell’Anima, di
Spirito e Materia, così come sapientemente indicato dal regista in tutti
quei rapporti coniugali falliti, relativi direttamente al protagonista o
meno, quegli amori naufragati su altre considerazioni e opportunità, sui
tradimenti, quelle unioni disgregatesi in ferite mai rimarginate. Ancora
alla fine del suo percorso Isak incontra una figurazione dell’Anima
divisa fra Fede (Anders) e Ragione (Viktor), così come all’inizio era
incerta fra passionalità (Sigfrid) e sentimento (lo stesso Isak). Anche
il figlio di Isak, Evald, ripropone con l’amata moglie Marianne, la
conflittualità degli opposti, in questo caso fra ‘vita’ come
accoglimento e rinnovamento da un lato e ‘morte’ come arrogante aridità
intellettuale dall’altro. E’ proprio su quest’ultimo punto che si svolge
la conclusiva presa di coscienza del protagonista: comprende di essersi
isolato dal mondo nel suo sapere, nella sua acquisita maturità e
presunta superiorità, di essersi reso colpevole di valutazioni austere e
arroganti. Sottoponendosi ad un giudizio onirico e al tempo stesso
rivelatore, egli realizza di non avere sviluppato la qualità essenziale
del perdono, della compassione, unico fondamento che può conciliare le
mille asperità dell’esistenza e riunificarne le opposizioni. Il film
termina proprio con la scoperta dell’Amore, quello che va oltre la
dualità, che è mite accettazione, comprensione, abbraccio. Con questo
raggiungimento Isak può finalmente e realmente ‘solvere’ la sua vecchia
personalità nel riposo e nell’abbandono, ‘coagulando’ l’essenza di una
paradisiaca e primaverile visione, di un intimo ‘posto delle fragole’
nuovamente denso di promesse e pacificato nella splendida estasi
conclusiva.
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