Il posto delle fragole
A volte è possibile scorgere
in una sola opera tutti i contenuti dell'intera produzione di un
artista. Il posto delle fragole ce ne dà conferma. Questo film è
uno dei luoghi degli Archetipi. In esso, Ingmar Bergman riesce a far
confluire tutta la sua filosofia, toccandone le note attraverso la
potenza degli Eterni Principi. Il professor Isak Borg è il Padre
archetipico; il di lui figliolo è l'archetipo del Figlio;
Agda è l'archetipo dell'Amicizia; Sara, quello della Madre; Marianne,
quello della Figlia; Anders, Sara-giovane e Victor, insieme sono
l'Archetipo della Gioventù; l'Ingegnere e la moglie ex attrice, sono
quello della Coppia; Lund (luogo della cerimonia del giubileo
professionale) è l'archetipo del Rito. Ma c'è di più. Se è vero, come è
vero, che il vecchio protagonista del film è il maestro di Bergman,
quest'opera offre, sotto le righe, ben nascosto ma perfettamente
percepibile, l'archetipo di quella particolarissima forma dell'Amore che
lega maestro e discepolo. E' quel sentimento che va quasi oltre l'amore
tra padre e figlio, perché portatore pure di quell'eterna reciproca
riconoscenza che va, dapprima dal discepolo al maestro per la ricevuta
iniziazione a quell'arte, e poi dal maestro al discepolo, che come un'
amata, darà alla luce un essere che "apparterrà" ad entrambi.
Tutto questo viene trasmesso da quel formidabile vecchio che è Victor
Sjostrom, che impersonando il prof. Isak Borg, riesce ad essere il Padre
perfetto, anche negli incubi dei suoi sogni. Il padre è colui che oramai
non ha più passato, ma solo futuro. Egli, morto al suo precedente stato
(quello di figlio), rinascendo come padre, rivive in suo figlio, e
contemporaneamente in una costante preparazione alla morte fisica.
Quella sorta di "ricerca del tempo perduto" non è nostalgia del passato,
non è sentimentalismo, non è disperazione, ma solo disperato tentativo
di sanare una ferita insanabile che ha prodotto, produce e continuarà a
produrre quella strana emorragia d'esistenza che accade nello spazio
tempo di Stoccolma, la città che sta su tante isolette (su un
arcipelago). L'anima di Bergman è circondata dalle acque del Mare della
Coscienza (una volta tanto assegniamo alle acque non l'Inconscio, ma
quello di Realtà con la R maiuscola). La sua terra ferma (le sue
isolette) è frammentata: la sua anima è spezzettata, e quelle che erano
certezze, simbolizzate dalle scoperte sui batteri che gli hanno
procurato pure notorietà, nell'esame del sogno ridiventano mistero: non
riesce più a osservarle con le lenti potenti del microscopio. Egli non
riesce più a mettere a fuoco, e su questo modo di dire (per l'appunto
mettere a fuoco) ci si potrebbe divertire a lungo… Ecco come piano
piano il posto delle fragole, uscendo dai suoi ristretti confini di
spazio e di tempo, diventa, oltre che un sito psichico, il luogo
della vita. Ma dal momento che questo luogo è cantato da
Archetipi potenti e vivificanti, lasciando gli ambiti personali, si
impersonalizza: è il luogo della vita di ognuno di noi, e le fragole
sono gli istanti sublimi dell'Eterno Presente, percepibile, in questo
bellissimo film, nell'intensità con cui ogni personaggio (e quindi ogni
attore) riesce a porgere la "propria" fetta di Vita. E l'assoluta Unità
di tale Vita sta tutta nella perfezione del film. Riuscire ad incarnare
un'Idea è già molto difficile, perché non sempre la Musa concede un suo
bacio. Dare corpo contemporaneamente a più Idee, per aver ricevuto nove
baci da tutte le Muse, è un evento rarissimo. Bergman è stato un uomo
fortunato, almeno da questo punto di vista: Il posto delle
fragole porta il segno di tutte le Muse. Il nostro regista, con le
scene iniziali, prendendo le distanze dall'inconsistenza del corpo,
votato comunque all'annientamento, comincia a rivolgere lo sguardo verso
un Presente che sta lì, che c'è, che sente, ma che non riesce a
concepire se non come assenza di tempo: l'orologio del sogno è senza
lancette, la morte è una triste apparenza nell'oceano della Coscienza,
ma è una enorme bugia, perché il corpo è solo quella stupenda maschera
che l'ego, figlio dell'ignoranza dell'unità del Tutto, si è regalato al
fine di cantare la vecchia filastrocca inconsistente io me io sono io.
Eppure, quale miracolo in questo assurdo ammasso di ossa e di lardo!
Aldilà della perfezione assoluta della macchina corporea, strumento di
sensi e di anima, il corpo dell'uomo è l'unica possibilità che l'Uno ha
di osservarSI dappertutto, di sentirSI dappertutto, di constatare
l'Amore che Lo rende Uno senza secondo. ESSO può "giungere" ai confini
di SE STESSO, qui in questo tempo-spazio, solo grazie al pensiero
illuminato dell'uomo. Bergman, consciamente o meno, con questo suo mai
troppo lodato film, mette in atto un doppio dilagare della Coscienza ben
simboleggiato dal suo viaggio spaziale da Stoccolma a Lund, ed in quello
temporale verso le sorgenti della sua incurabile ferita. Tutto il lavoro
della sua regia e di quella subliminale del suo amato maestroVictor
Sjostrom, è mosso dal tentativo ben riuscito di far si che l'anima
individuale di ogni corpo-personaggio-attore, esca dall'ambito
personale: Il posto delle fragole ha una sola anima collettiva
che tanto ricorda l'Anima del Mondo platonica. Ogni personaggio è oltre
se stesso, e questo intrecciarsi di anime individuali dà vita ad un
tessuto teatrale che nulla ha da invidiare ai capolavori Shakespeariani.
Forse parlare solo di film, nel caso di Bergman, è riduttivo, perché
tutte le sue opere sono "teatro", dal momento che lui, ideatore della
sua opera, è, durante l'ideazione e durante la rappresentazione,
presente con tutto il suo bagaglio di autentico ricercatore del "senso"
della vita. Questa sua presenza viene quasi sentita come "premura", come
"attenzione" costante. In questo capolavoro ogni attore è Bergman non
solo perché presta la propria individualità al personaggio del regista,
ma anche perché è costretto ad incarnare quell'anima dilagante che
sembra dare lo stesso volto a tutti. Nessuno degli attori può recitare
differentemente da come recita. Credo proprio che la parola che riesce
meglio a racchiudere tutto questo sia unità. Ecco come pian
pianino è proprio il film che diventa Il posto delle fragole:
piantine diverse, cespuglietti diversi, fruttini diversi, ma tutti figli
della stessa specie di frutto. In questo capolavoro, Ingmard Bergman e
Victor Sjostrom si sono proprio offerti in un gioco di smebramento che è
tutto l'opposto dell'autopsia.
Entrambi sono riusciti ad offrire se stessi in maniera definitiva, sia
fisicamente, sia psichicamente, sia spiritualmente. E questa offerta è
proprio amorevole, anche quando, dal punto di vista psichico, offre
incubi, paure, angosce, scaturite da una partecipazione frenetica al
teatrino assurdo di questo pazzo mondo. Solo un medico poteva dar vita a
tale vivisezione che non uccide, e non per nulla Evald è pure lui
medico: solo chi è in grado di usare il bisturi da chirurgo può ferire
per dare la vita, e questo modo di penetrare nel più profondo della
propria interiorità è sicuramente un modo di procurarsi ferite, allo
scopo di poter sanare l'unica inguaribile ferita che si apre con la
nascita a questo mondo. Chi, fra noi spettatori di questo posto
non ha sentito nella figura del vecchio dott. Isak Borg il proprio
padre? Questo personaggio sembra essere scaturito dalla figura ideale di
padre che covava in Bergman forse fin dalla sua infanzia. E Tale figura
è stata talmente lavorata nel corso del tempo, da avere assunto
il volto e l'anima di ogni padre. Io ho rivisto mio padre con tutto il
suo stupore infantile, quando alla fine della sua straordinaria vita,
guardandosi allo specchio diceva: "il mio corpo è vecchio e malato, ma
il mio spirito è giovane come il primo giorno di vita". Oppure quando,
osservando se stesso con gli occhi degli altri, sentiva il disagio che
nasceva fra il suo giudizio di sé, e quello che di lui davano gli altri.
O ancora quando raccontava i suoi sogni, quando camminava, quando
"battagliava" con mia madre, allo stesso modo in cui Isak disputa con la
vecchia governante. Ma soprattutto lo rivedo "a caccia" del senso della
vita in tutti i racconti del suo passato: lo rivedo nel posto delle sue
fragole mentre parla coi vivi fantasmi della sua mente: le sue Sare, i
suoi Sigfrid ed i suoi zii Aron. Oppure quando, senza far niente, seduto
in terrazza si riempiva gli occhi ed il naso del giardino appena
innaffiato odoroso di terra bagnata. La vecchia governante Agda mi
ricorda mia madre, l'amica mia di ogni età, la disponibilità e
l'affetto, ma anche la rudezza, la spartanità, e soprattutto
l'operosità. Eccola mentre coerente coi suoi principi si ostina a lavare
le lenzuola nella vasca da bagno anziché in lavatrice: in vasca vengono
meglio; oppure eccola mentre parla di sé bambina, dei bombardamenti,
delle corse, dei rifugi. Ognuno a mostrarti le sue fragole ed i loro
posti. Poi Evald. E' il fratello maggiore con tutta il suo
esistenzialismo, la sua Fiera Letteraria, il suo pessimismo, ma
sorpattutto il suo Proust e la ricerca del tempo perduto. Ma il
suo tempo, alla fine, se l'è sempre ritrovato, rimasticato in poesie al
sapore di fragola. Il posto dei suoi frutti, quello vero, non poteva
essere su un fazzoletto di questa terra: troppo infernale, troppo
negativa, luogo di sofferenza, ma altrove, in un luogo ideale. E le
parole di Evald potrebbero benissimo essere messe in bocca a lui: "La
vita è una cosa assurda ed è bestiale mettere al mondo dei figli con la
sciocca speranza che potranno vivere meglio di noi…quando penso alla
vita ho un senso di nausea…Vorrei essere morto, completamente morto".
Ma ecco la Sara dei ricordi: la madre di ogni bambino, quella che con
le dolci parole, col solo suono di esse, lo rassicura, gli dà
forza,speranza e amore. La madre delle prime ore e dei primi giorni e
mesi ed anni, che (un tempo era così, oggi è diverso) più del padre (per
troppo tempo fuori casa per lavoro) lo inizia alla vita, al linguaggio,
al rischio, al concetto di sé. E poi Marianne che potrebbe essere
"vestita" (e perché no) da una amica, da una collega d'ufficio, da una
figlia, nuora, vicina di casa, ecc. Infine, La vecchia madre di Isak
Borg: ecco mia nonna, e con lei la nostra prima età, perché tutte le
nonne sono una parte inscindibile della nostra infanzia, sono il "seno
buono" della M. Klein, la disponibilità assoluta, l'affetto senza
limiti, il rimprovero pulito, la saggezza fatta persona. La forza delle
nonne sta proprio nella loro saggezza che ha definitivamente escluso il
dramma dalla vita. Grazie alle nonne tutto è possibile. Ma sicuramente è
lo stesso per i nonni: i miei, parte non li ricordo, parte non li ho
conosciuti. Quella proposta da Bergman è una nonna svedese, un po' "freddina",
ma dobbiamo giustificarla, perché mentre il resto della famiglia gira
all'equatore, lei è prossima all'asse terrestre, ed i suoi giri sono
talmente rapidi e inafferrabili da sembrare stasi. Il suo distacco è
quasi completato. Ed ecco il miracolo: tutti questi personaggi siamo noi
da molti punti di vista, e l'ultimo di essi è che abbiamo quasi l'età
per "esserli" tutti fisicamente, emotivamente, psichicamente, e, se
abbiamo un briciolo di saggezza, anche spiritualmente e archetipicamente.
La nonna è la ciliegina della torta-vita-film di Bergman, ma anche
quella della nostra torta-vita: quando per età, e quindi per diritto
saremo lassù pronti per essere "spenti dall'ultimo soffio" ma ancora
luminosi, potremo ben rappresentare la parte importantissima del faro.
Sì, Il posto delle fragole un film terapeutico. La famiglia,
anzi, le famiglie che esso propone ci fanno reagire, proiettare,
liberare, ricordare, pensare. Il posto è ora la Psiche, ed i
solchi più profondi di essa sono stati lasciati dai riti che nel corso
dell'infanzia ognuno di noi fanciullo ha vissuto. La prima messa, il
primo giorno di scuola, la prima comunione, la cresima, la premiazione,
l'interrogazione, ecc. Lund scatena tutto questo, e la sua forza sta
tutta nella serietà con cui quel giubileo viene rappresentato: nen c'è
accenno a nessuna satira aperta, è serissimo, eppure straripa di satira
e di presa in giro.
Insomma Il posto delle fragole è un luogo a più dimensioni, un
sito mobile che ci trascina di qua e di là, un elettrone velocissimo che
con le sue traiettorie disegna fragole dappertutto, ed il luogo di ogni
cespuglietto si riempie immediatamente di affetti, perché Il posto
è un posto d'affetti, è la mappa dei sentimenti che la vita ha
regalato ad ognuno di noi, delle passioni, dei sogni, degli incubi,
delle speranze, della ricerca, delle età, è insomma la mappa della vita.
Ecco perché quest'opera è tanto amata: essa è viva come una
pianta in Primavera, è fresca e senza età. Ho voluto parlare dei miei
cari, innanzitutto per saggiare la tesi secondo cui il film è
terapeutico (e lo è); in secondo luogo per invitare tutti gli estimatori
di esso a fare come me: entrate nel film come se esso fosse Il posto
delle fragole del vostro "giardino": in un certo senso lo é.
Grazie, Nat.
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