RAMAYANA
(Interpretazione di
Franca)
Il Ramayana e' un poema epico
indu' di 48.000 versi attribuito al saggio Valmiki nel terzo secolo d.
C. (v. Dizionario universale dei miti e delle leggende di A. S.
Mercatante ed. Grandi Manuali Newton), ma altri scrittori lo datano tra
il 500 e il 300 a. C. E' diviso in sette libri di diversa lunghezza; e'
la storia di Rama e Sita e viene recitato in autunno in molte zone
dell'India durante una celebrazione che dura dieci giorni. Per la
sintesi dell'opera rimandiamo al testo di cui sopra e alla bibliografia.
Ramayana significa: la storia di Rama e Rama vuol dire sia colui che
affascina (con il suo splendore) sia l'oscuro, colui che dona la quiete
(con la sua ombra), per cui conoscere la storia di Rama vuol dire
conoscere i due moti del Tao, l'Andare e il Venire, la Luce e l'Ombra,
il Chiaro e lo Scuro, cioe' lo Yang e lo Yin; la colonna Destra e la
colonna Sinistra dell'Albero Cabalistico, vale a dire: conoscere se
stessi.
La storia tutta, i luoghi, i personaggi e i loro atti al di la' del loro
significato letterale possono e debbono essere interiorizzati perche'
solamente cosi' si puo' trarre dalla loro essenza il "mito", cioe'
l'insegnamento archetipale necessario "qui ed ora" a ciascuno di noi.
Ovviamente ad un'opera cosi' vasta si dovrebbero dedicare anni di studio
e gli avvenimenti narrati sono cosi' svariati e molteplici che
affrontarli cosi' in un commento di due paginette ci sembra
assolutamente inadeguato e quasi ridicolo, tuttavia, avendo noi del Cis
deciso di rappresentare teatralmente, secondo le nostre modestissime
possibilita', questo poema, e avendo ricavato dalle varie traduzioni in
commercio un copione a noi adatto, ci siamo permessi di commentare
secondo il ns/ solito, la riduzione teatrale, ponendola, come logico,
sul ns/ schema cabalistico e interpretandola come un ennesimo viaggio
iniziatico.
La storia comincia col mostrare un saggio in meditazione il cui nome e'
Vasistha (= l'ottimo) disturbato da un demone, Ravana (= urlo); il
saggio prega Vishnu' (= onnipervadente), il dio conservatore della
Trimurti indiana, affinche' si incarni e liberi l'umanita' dal male. E
Vishnu' decide di scendere sulla terra come Rama, il figlio primogenito
di Dasharata (= che ha 10 carri), il re della citta' di Ayodhya (= la
mai conquistata). La coppa di nettare donata dal Dio che Vasistha fa
bere alle tre regine, mogli di Dasharata permette la nascita di quattro
fratelli: Rama (=lo splendente), Lakshmana (= fornito di segni
fortunati), Satrughna (=distruttore di nemici) e Bharata (= devoto a
Vishnu').
Ecco dunque gia' identificato l'Albero del Ramayana: in Atziluth, nel
mondo delle Cause abbiamo la Trimurti: Brahma in Kether, Vishnu' in
Chockmah, Shiva in Binah; il re Dasharata (Chesed) con le sue regine
Kausalya, Sumitra e Kaikeyi (Geburah) genera nel mondo mentale (Briah) i
quattro figli: Rama, il fuoco di Briah, Lakshmana l'aria di Briah,
Satrughna, l'acqua di Briah e Bharata, la terra di Briah. Quando i
giovani principi diventano adulti (il pensiero e' diventato maturo) Rama
e Lakshmana vengono istruiti da Vasistha sui misteri di Bala (= Forza) e
Atiba (= Forza primordiale) e condotti alla corte di re Janaka (= il
generante), Tiphereth dell'Albero, re di Videha (= senza corpo) dove
Rama, essendo l'incarnazione di Vishnu' e' in grado "di incordare,
tendere e spezzare l'arco di Shiva" in quanto suo reciproco ed
interagente ( la Sephirah Chokmah emana la Sephirah Binah e quindi la
comprende), questa impresa permette a Rama di sposare Sita (= solco), di
"conoscerla e farla sua" mentre i tre fratelli sposano le sorelle di
lei. Sita con le sue sorelle rappresenta la Forza femminile qualificata
(divina Shekinah) di cui Rama e i suoi fratelli hanno bisogno per
combattere i demoni e vincerli. Poniamo quindi in Yetzirah, nel mondo
astrale, le 4 mogli dei 4 principi a rappresentare il sentimento,
ovviamente Sita e' il fuoco dell' albero astrale e percio' la sua
posizione coincide con il Tiphereth dell'Albero del Ramayama.
Il periodo che i 4 principi con le loro spose vivono in Ayodhya
corrisponde al tempo della preparazione alla "grande prova"; poi, dalla
serva "gobba" di Kaikeyi, dal Geburah non purificato, parte il disordine
che provoca l'esilio di Rama, Sita e Laksmana. Tale esilio sarebbe gia'
di per se' una grande scuola per tutto l'Albero (desolazione in Ayodhya
per l'allontanamento dei tre eroi, morte di Dasharata, lutto di Kausalya,
disperazione di Bharata ecc.) se ad esso non si aggiungesse la
separazione tra Rama e Sita per il rapimento di quest'ultima da parte di
Ravana. La sofferenza provocata dal capriccio di Sita per il "Cervo
d'oro" (cavalcatura di Vayu, dio del vento e quindi relativo al pensiero
incontrollato e non coerente con la situazione di eremitaggio e
purificazione) capriccio secondato e condiviso sia da Rama che da
Lakshmana, dara' inizio alla seconda parte del dramma: ricercare Sita,
(inutilmente difesa dall'aquila Jataiu amico di Dasharata, che muore nel
tentativo di salvarla) e vincere Ravana per poterla riconquistare di
diritto. Questa seconda parte rappresenta dunque la discesa agli inferi,
la conoscenza dei propri demoni: in particolare di Shurpanakha, la
demonessa che vorrebbe conquistare Rama e asservirlo alle sue voglie,
che collochiamo nello Yetzirah nero, in contrapposizione a quello bianco
delle principesse e, ovviamente il demone Ravana, il vero nemico dei
saggi di tutti i tempi, che rappresenta il Briah nero, in
contrapposizione a quello bianco dei figli di Dasharata. Sugriva e
Hanuman, quali esponenti della razza "Vanara" rappresentano Assiah, il
mondo fisico; essi, avendo conosciuto Rama, si mettono al suo servizio e
lo aiutano a riconquistare Sita e a vincere il nemico.
Ma perche' Rama e Sita devono separarsi ? Chi rappresenta realmente
Ravana? La risposta a queste domande ci potra' far capire l'importanza
del Ramayana per gli insegnamenti in esso contenuti molto simili a
quelli della nostra Genesi.
Lo stato di Rama e Sita nella citta' di Ayodia e' rapportabile alla
situazione edenica dell'uomo maschio-femmina (Adamo-Eva), prima della
separazione in due distinti esseri nel paradiso terrestre; l'esilio per
14 anni nella foresta di Rama-Lakshmana e Sita invece si puo' mettere in
relazione al periodo precaduta ancora nell'eden; la separazione di Rama
e Sita e il rapimento di lei infine corrispondono alla "caduta" o "shevirah".
Il "cervo d'oro" e' simile al frutto proibito: Sita vuol possedere
qualcosa che non le appartiene, qualcosa che implica una disobbedienza
al principio di conservazione nello stato di pericolo in cui i tre si
trovano e Rama-Lakshmana assecondando la sua vanita' e cupidigia, di
fatto obbediscono a "Marica" (che puo' assumere qualsiasi forma
desideri) e che e' al servizio di Ravana, il re dei demoni il cui scopo
e' quello di possedere Sita e di possederla consenziente. Dal momento
del rapimento in poi, tutti i fatti che vengono narrati non sono altro
che il tentativo di recuperare l'unita' perduta. Tutte le alleanze e le
lotte, le vittorie e le sconfitte nonche' la battaglia finale mirano
tutte a quella riparazione o "tikkun" che ristabilisce l'ordine
primitivo.
Ognuno di noi si e' incarnato per vincere il proprio demone e poi ha
perduto la sua Sita: non sappiamo dove essa sia tenuta prigioniera, o se
lo sappiamo, perche' abbiamo gia' conosciuto il nostro Hanuman, dobbiamo
affrontare ancora molti ostacoli prima di poterla riavere, dando prova
di coraggio e di valore. Ricordiamo che il nostro Ravana, come quello di
Rama ha 10 teste, ma con la grazia del "Sole" se riusciamo a colpirlo al
cuore, vinceremo.
Grazie. F.V.
Albero del Ramayana
Albero dei quattro
elementi
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