RAMAYANA
(Interpretazione di
Natale)
Il Ramayana, pur non avendo
dal punto di vista filosofico lo stesso spessore del Mahabharata,
riveste per l'India un'importanza speciale perché nel corso dei secoli è
stato veicolo di quell'etica che ha plasmato il cuore e la mente di
intere generazioni. Pare che la storia di Rama venga raccontata ad ogni
bambino in ogni angolo dell'India fin dalla più tenera età, più o meno
come ad ogni bambino ebreo viene raccontata la storia del popolo ebraico
tutta racchiusa nel testo sacro dei figli d'Abramo. Anche se all'interno
di esso pare siano descritti fatti relativi al 5.000 a.C., la nascita
del Ramayana viene fatta risalire, quasi unanimemente, al IV° secolo
a.C. Ne esistono due versioni: quella di Valmiki e quella di Tulsida.
Per la sceneggiatura (non originale in quanto tratta dai testi appresso
citati) ci siamo avvalsi delle seguenti edizioni, tutte versioni Valmiki
:
1)
Il Ramayana (in tre volumi) - ed.
Dioscuri;
2)
Ramayana - ed. Vidyananda;
3)
Il Ramayana raccontato da R.K.
Narayan;
4)
La storia di Rama (Ramayana) - a
cusa di Leonardo Vittorio Arena - ed. Mondadori.
Abbiamo inoltre utilizzato
alcuni brani dai seguenti testi:
a)
Prima della coscienza - Ultime
conversazioni con Sri Nisargadatta Maharaj - a cura di Jean Dunn - ed.
Il Punto;
b)
Nessuno nasce, nessuno muore -
insegnamenti di Nisargadatta Maharaj - a cura di Ramesh Balsekar - ed.
Il Punto.
Non avendo potuto inserire
nella riduzione teatrale tutti i personaggi (sono centinaia), per
condensare la lunghissima storia in una quindicina di pagine abbiamo
anche dovuto modificare, ma senza intaccarne la sostanza, il racconto.
Raccomandiamo di leggere tutti i testi sopracitati, ma a chi volesse
saperne di più sulla filosofia indiana consigliamo anche la vecchia e
pur sempre valida "La filosofia indiana" - S. Radhakrishnan - ed. Asram
Vidya (2 vol)".
Prima di passare all'interpretazione del Ramayana parliamo un attimino
della ricerca.
Io considero i ricercatori spirituali dei "tarantati". Sono stati morsi
dal "ragno" dei "perché?" e per tutta la vita scavano a mani nude dentro
e fuori di sé nella speranza di trovare la mitica pietra filosofale. Ma
ciò che essi cercano non potrà mai essere trovato perché colui che
cerca(l'essenza dell'uomo e del mondo) è la meta. Ed ecco la danza
infinita, fino a che, dapprima una intuizione, poi qualche esperienza
faranno capir loro come stanno effettivamente le cose: noi non siamo mai
stati l'immaginario ego di questo corpo-mente, ma Vita, Essenza. Solo
l'essere può affermare "Io Sono" ed affermandolo manifestare
l'indiscusso privilegio dell'autoconoscenza.
Il vero soggetto di ogni corpo è questo Essere che prima della
manifestazione è inconiugato e impersonale. Abbandonarsi totalmente a
Lui attraverso la Bakti, la devozione; farsi agire da Lui attraverso lo
yoga dell'azione; riconoscere e sperimentare in Lui la sola assoluta
realtà; vuol dire conoscere realmente la Ananda, la Beatitudine,
divenendone parte, o meglio ritornando ad essere ciò che si era sempre
stati: Quello. Ma che il bicchiere si rompa e l'acqua che stava dentro
torni ad esser parte dello sconfinato oceano è cosa rarissima, perché
il vetro è quasi infrangibile. I nostri migliori filosofi con poderose
martellate hanno cercato di frantumarlo, ma non ci sono mai riusciti.
Molti mistici, attraverso austerità, posture, respirazioni,
visualizzazioni, intonazioni di mantra, preghiere, silenzi, attività,
ecc. ecc. ecc. sono riusciti a conseguire samadhi (Contemplazione,
ovvero immersione consapevole nella Coscienza Universale) ed estasi
(tutte riconducibili a movimenti di energia sottile, di cui hanno poi
riferito in termini di unioni, di nozze mistiche). Ma pochissimi possono
davvero dire "Io e il Padre siamo Uno" oppure "Padre perdona loro perché
non sanno quello che fanno". Frasi spesso mal interpretate (la prima: in
quanto uno col Padre io sono Dio; la seconda: non sanno che stanno
uccidendo Dio). Non è il corpo di Gesù ad essere Uno col Padre, ma la
"sua" Essenza, che non più trattenuta dal bicchiere corpo-mente, è Una
con l'Essenza Universale (Il Padre). "Non sanno quello che fanno" perché
non capiscono che essendo tutti tale Essenza stanno facendo male a se
stessi. Ecco perché parlo di tarantati, perché tutti noi che continuiamo
a cercare l'introvabile cercatore (!) siamo pseudo filosofi dal basso
livello intellettivo e dotati di poca intuizione, e per di più
suggestionabili dai mille richiami di approssimativi maestri (quando non
siamo noi stessi ad incattedrarci tali per via di qualche esperienzuccia).
E diveniamo così degli isterici della ricerca, degli accaldati, che
cercano di curarsi a furia di tarantelle. Ed il paragone con i morsi
dalla tarantola calza a pennello se è vero come è vero che "il
tarantolismo sceglie le sue vittime fra i suggestionabili e gli isterici
presenti in ogni popolazione, e fa si che una persona, predisposta fra
l'altro per il basso livello culturale e intellettivo, rimanga
prigioniera di certe false credenze e finisca per scaricare nella
ripetizione di atteggiamenti istintuali e primitivi le ansie e i
conflitti che non riusciva a risolvere sul piano della realtà" (Ernesto
de Martino - La terra del rimorso - ed. Est, pag. 296).
Ma tant'è, la tarantata una volta partita non la fermi più: non sei
stato morso da un bel niente, non sei stato intossicato da alcunché, ma
la cura non può che essere quella, la tarantella.
Balliamo dunque, ognuno coi suoi strumentini, con le sue assurde
certezze, col suo ego (inesistente) da sconfiggere(!) attraverso lotte
paradossali contro un nemico che non c'é. Siamo tarantolati.
Ed ecco la storia di Rama che pur essendo una infinitesima bellissima
increspatura, un'onda sul vasto oceano della coscienza, va studiata e
interpretata per…conoscere l'immensa distesa di acque.
E là dove ci sarebbe solo da capire la cosa, smettere le danze e
lasciare scorrere la vita, si investiga per capire che questi nostri
corpi hanno il privilegio di manifestare la Vita, di "esserLa"…
Dasharatha è la mente intuitiva del ricercatore che non ha ancora
"concepito" il figlio divino in sé…Solo Vasistha (nella nostra riduzione
teatrale il nome di Vasistha comprende anche tutti gli altri saggi del
Ramayana), la saggezza ottenuta con austerità, preghiere e attività
spirituali d'ogni genere, sa come concepirlo: basta dare il giusto
alimento, ai tre veicoli fisico astrale e mentale inferiore (le tre
mogli del re). Nel momento in cui il ricercatore comincia a mangiare per
vivere e non a vivere per mangiare; nel momento in cui comincia a far
battere il suo cuore per un nuovo tipo d'amore che va oltre l'egoismo;
nel momento in cui la sua mente smette di usarlo e viene essa stessa
usata; ebbene, allora può essere concepito Rama, i cui fratelli, più che
consanguinei sembrano sue parti. Il figlio di Dasharatha è un tempio di
virtù, di purezza, di saggezza, è perfetto tempio dello spirito. Ma il
re deve vedersela con Maya, che in Kaikei combatte con le armi della
seduzione proprie della bellezza. L'equilibrio sarebbe perfetto se il re
non decidesse di abdicare e passare lo scettro del comando a Rama. In
effetti la Coscienza sa sempre quello che va fatto nel posto giusto, nel
tempo giusto, ma se i veicoli inferiori non sono perfettamente
allineati, se la comprensione profonda del fatto che noi siamo niente
non è diventata altrettanto profonda fede nell'essere altro che un ego
inesistente (figlio di una donna sterile, come amava chiamarlo Maharaj),
la cosa non è così semplice. E' come se un mendicante a cui viene detto
che è un re continua a comportarsi da barbone: la svolta deve essere
totale, se no colui che è destinato a comandare sarà messo da parte,
esiliato. Ma Rama è solo l'aspetto immanifesto dell'Assoluto (Purusa),
quello manifesto è simboleggiato da Sita (Prakriti). Ed ecco come tutte
le energie spirituali di Rama (Sita) vengono fatte prigioniere da Ravana,
il re dei demoni. Perché la corona torni in testa al figlio prediletto
di Dasharatha occorre uccidere tutti i demoni, i neri vortici di Maya
che portano alla disintegrazione. Ma per fare ciò occorre allearsi con
Sugriva, re dei vanara (scimmie), ma soprattutto occorre disporre dei
servigi di Hanuman, suo fidato ministro, che è nato per servire Vishnu.
Ecco che ritorniamo a quella fede di cui sopra: Hanuman non può fare a
meno di seguire Rama, ossia l'icarnazione del Dio Conservatore. Senza
Hanuman le imprese di Rama non sono possibili, egli, che ha il potere di
volare e di attraversare l'oceano, scopre il luogo della prigione di
Sita. Ma non bisogna dimenticare che la figlia di Janaka è figlia della
terra essendo stata trovata dal padre in un solco durante una aratura. E
questo ci ricorda la materia prima dell'opera alchemica, quell'immanente
Vita Universale, quel Mercurio onnipervadente che non per nulla è
chiamato con tantissimi nomi, quel Verbo-Luce scaturito dall'Immanifesto
che ha dato vita alla materia prima dei mondi, di cui ogni cosa è
portatrice. Esso va liberato dalla prigione del corpo, da una
inesistente individualità che la vorrebbe asservire al gioco più assurdo
del mondo, quello dello spettacolo infinito di una marionetta che non
riuscendo a vedere la mano che la muove e la fa vivere è convinta di
essere autonoma e di dover e poter riproporre il suo (?) patetico
spettacolo. Alla fine, liberata Sita ed uccisi tutti i demoni, Rama può
essere incoronato re. Il nostro ricercatore è giunto a casa, il nostro
burattino ha capito che lui non è un pupazzo ma qualcosa di più vasto e
impersonale, non è un io, ma un Sé.
Ma per finire, un ultimo consiglio al ricercatore. Negli ultimi tempi i
maestri spirituali si sono moltiplicati come formiche ed hanno inondato
le nostre librerie di libri di ogni genere. Parecchi sono ricchi di veri
insegnamenti, moltissimi sono macchine per far soldi. Non diciamo di non
comprarli, leggiamoli pure, ma non dimentichiamo che alla fine, come
diceva Giuseppe Prezzolini, "Il miglior libro del mondo è sempre il
proprio cervello" (Manifesto dei Conservatori - biblioteca di Libero -
Pag 105).
Grazie Nat.
Ramayana appunti di
Natale
Settimo Avatar del Signore
Vishnu, Rama (nome che vuol dire "colui che dona Luce, gioia e pace"),
viene invocato perché salvi dai pericoli e dalle difficoltà. Se nella
letteratura Buddhista e jainista si parla di lui come essere illuminato,
per i Sikh è uno dei nomi di Dio. La versione del Ramayana di Tulsidas è
detta Ramacharita Manasa (che vuol dire il Sacro Lago delle Azioni di
Rama), ed è scritta in un dialetto simile all' hindi: "Tulsidas…ha
intessuto nel Ramayana tutta la saggezza dell'India e le grandi verità
dello Yoga e del Vedanta…" (D. Frawley).
Lo stesso poeta indiano del sedicesimo secolo ha scritto un'altra breve
opera(Rama Ajna Prashna) basata sul Ramayana. Prendendo spunto da tale
breve opera popolare di Tulsidas, David Frawley ha ricavato l'Oracolo
di Rama (ed. Vidyananda), un libro di spiritualità suddiviso in
sette capitoli suddivisi in sette sezioni, le quali sono suddivise in
sette versi ciascuna. Tale struttura è analoga a quella del Ramayana
(diviso in sette capitoli: Kanda). L'autore, dopo averci
ricordato che la storia di Rama è "una grande parabola della ricerca
spirituale", ci dice anche che essa "riflette tutta la nostra esperienza
umana". Insomma, interiorizzando i vari personaggi è possibile scorgere
in essi aspetti della nostra vita. Quindi Rama rappresenta la nostra
"anima interiore", la via da seguire, il dharma. Sita é la Terra, la
Madre, la Creatività, Amore, Devozione, ecc. Vasista, la Saggezza.
Lakshmana, Intelligenza, Amicizia. Bharata, la Pazienza, l'Umiltà.
Shatrugna, lo Sforzo, la forza e la vittoria. Dasharatha, l'ego-mente.
Le mogli di Dasharatha, i Poteri creativi femminili. Janaka è la
conoscenza spirituale. Hanuman (detto anche Anjaneya e Maruti) è
l'Energia Vitale, l'Entusiasmo, la Motivazione, la Fedeltà. Ravana è il
lato egoistico della natura, oppositore spietato della Divina Volontà. E
via di questo passo per tutti i numerosissimi personaggi della storia.
Ovviamente l'oracolo non va consultato che per fini spirituali, vale a
dire, viene adoperato ai fini della ricerca, per stimolare l'intuizione.
Tulsidas ha reso popolarissima un'epopea che era già popolare. I molti
personaggi della storia sono portatori di poteri spirituali eccezionali,
tali da rimanere impressi nella mente dei bambini. Per non parlare dei
carri di fuoco volanti (che ricordano anche le visioni di Ezechiele:
carro di fuoco…), i Vimana, menzionati anche nel Mahabharata.
Ram pare sia anche un potente mantra "che permette l'accesso agli
altri mondi". La prima sillaba Ra esprime l'apertura dell' io nei
confronti di una coscienza cosmica e, al contempo, l'acquisizione di una
enorme carica energetica. La seconda invece, una m nasalizzata,
mostra la conclusione del processo, come se una porta si chiudesse e il
meditante tornasse allo stato di veglia" (Arena).
In conclusione, la via della ricerca è tutta contenuta nel Ramayana:
ogni suo personaggio, ogni suo racconto sta lì pronto per essere
"sciolto" in indicazioni da seguire qui e ora.
Mahabharata e Ramayana possono essere paragonati alla musica classica e
alla musica leggera. Ma la loro essenza è Musica, note, pause, battute,
ecc. Il primo usa un linguaggio per individui portati alla speculazione
filosofica, il secondo usa un linguaggio che, seppure più semplice e
rozzo, forse riesce a raggiungere il Sé, dimorante in ogni cuore, in
maniera diretta. Possiamo anche dire che il Ramayana rappresenta il
momento della semina, la Primavera, mentre il Mahabharata rappresenta il
momento vegetativo, l'Estate. E' bello vedere in che modo altre
tradizioni si avvicinano al Divino, e constatare che la Saggezza parla
dappertutto lo stesso linguaggio.
Andando a spasso nel Dizionario dell' INDUISMO di Margaret e
James Stutley abbiamo scoperto cose interessanti sui nomi dei personaggi
del Ramayana.
-Ayodhya, che vuol dire
'Invincibile' è una delle cinque città sacre degli hindu; chi
muore in una di esse ottiene eterna beatitudine.
-
Pare che non fosse solo Rama
l'incarnazione del Dio Visnu, ma tutti i quattro figli di Dasharatha:
Rama ne rappresentava metà, Bharata un quarto, Laksmana e Satrughna un
quarto.
-
Sita (che vuol dire 'solco', viene
anche chiamata Ayonija (che vuol dire "non nata da un grembo").
Tale personaggio viene associato alla Terra, e nella versione del
Ramayana che la vede abbandonata da Rama dopo la liberazione da Ravana,
quale testimone della sua fedeltà coniugale chiama la dea della terra,
che si presenta su un trono dorato, la abbraccia ed insieme scompaiono
nelle profondità terrestri.
-
Hanuman (nome che vuol dire "dalle
possenti mandibole") nell' India del nord, allorché si stipula un patto,
viene invocato sollevandone un'immagine. Nell' India del sud, invece,
la sua immagine è spesso inserita nel corpo di campane o di lanterne.
-
Vali o Bali, fratello di Sugriva,
figlio di Indra, nacque da un capello (Bala) di sua madre.
-
Jatayu pare che fosse un capo della
tribù dell'avvoltoio (alcune antiche tribù indiane nomadi avevano il
nome di un uccello, in segno evidente delle loro abitudini migratorie).
Ma il testo più importante e
più ricco di spiritualità relativo alla storia di Rama è senza alcun
dubbio lo Yoga Vasishtha, noto anche come "Jnana Vaishtha", "Uttara-Ramayana",
"Vasishtha-Ramayana","Yoga Vasishtha Maha-Ramayana". Esso è attribuito
al Maharishi Valmiki, e consta di trentaduemila versetti. Ma ne esiste
una riduzione ad opera di Abhinanda. In quest'opera di altissima
spiritualità, Vasishtha, attraverso sei tappe (non attaccamento,
desiderio di liberazione, origine, preservazione, quiescenza,
liberazione), inizia progressivamente Rama alla conoscenza dell'Atman
e gli spiega come e perché deve agire nel mondo (ed. Vidyananda).
Apprendiamo ancora che il grande illuminato Sri RamanaMaharishi faceva
spesso riferimento a questo testo che considerava un'esposizione
perfetta della verità da lui incarnata. Nella prefazione della
succitata edizione ci viene fatto notare che tale testo è adatto a
persone spiritualmente molto evolute, ma noi aggiungiamo che, per la sua
particolare forma (gli insegnamenti di Vasishtha vengono impartiti
attraverso racconti), esso è adattissimo a tutte le menti sulla via
della ricerca. Tali insegnamenti possono essere ricondotti alla scuola
filosofica dell' Advaita Vedanta. Riportiamo alcuni brani di tale
ottima sintesi dell'opera: Storie dello Yoga Vasishtha ed.
Vidyananda.
"La liberazione o Moksha è l'abbandono completo di tutti i vasana
(desideri sottili o condizionamenti mentali), senza la minima riserva"…
"Il desiderio è nemico della pace. E' simile a una civetta che svolazza
nel campo della nostra mente, nell'oscurità dei nostri impulsi e nella
notte della nostra cupidigia, distruggendo le nostre buone qualità"…"Il
veleno più mortale non è il vero veleno; il desiderio per gli oggetti
dei sensi è il veleno più potente".
"Il bagno nel Gange, le austerità e i pellegrinaggi purificano solamente
il cuore, ma non possono far giungere direttamente all'immacolata sede
di Brahman. Solo facendi gli sforzi più risoluti e fissando la propria
mente sul Supremo Sé in costante e protratta meditazione, si può
ottenere lo stato ultimo di beatitudine"…"Un uomo che s'accontenta,
anche se povero, è il sovrano del mondo". …"Il mondo appare solo
attraverso la mente, sembra reale solo a causa della mente. Questo mondo
è come un lungo sogno. La mente si espande tramite pensiero e
immaginazione; con la sua immaginazione, la mente proietta questo
mondo…" …"L'ego è generato dal pensiero della mente. Quando si sfregano
due pezzi di legno, si produce una fiammella che presto si sviluppa in
un grande fuoco. Allo stesso modo, nell'anima individuale l'ego si
sviluppa con l' immensa varietà d'esperienze dei diversi oggetti. Il
piccolo 'io' diventa sempre più forte e l'idea di mio mette profonde
radici"… "Sia lo spazio che il tempo sono solo manifestazioni apparenti
o riflessi illusori dello spazio della coscienza"…"Come non esiste un
braccialetto nell'oro, così non esistono immaginazioni in Brahman"…."Nessuno
può conseguire qualcosa senza praticare. La costante meditazione su
Brahman, parlare solo di Brahman ed essere sempre fissi nel pensiero di
Brahman é chiamato dai saggi 'Brahmabhyasa (pratica di Brahman)"…."Dal
punto di vista delle Realtà Assoluta, non sei mai nato né morto; la tua
natura è la pura Coscienza, e sei sempre nel Sat-Chit-Ananda Atman.
Immagini di percepire e di fare l'esperienza di tutti questi mondi, ma
in effetti non percepisci e non fai esperienza di nulla"…""Le creature
fanno l'esperienza di questo universo a causa delle impressioni sottili
passate (delle vite passate) che si riflettono nello spazio della
coscienza. Gli oggetti appaiono ovunque sorgano questi riflessi e in
conformità alla natura dei riflessi"…."L'unico Atman si manifesta in
tutte queste forme ed è lo stesso Atman che esiste come Coscienza"…"La
convinzione di non essere il corpo grossolano, ma la pura coscienza,
dev'essere creata da una benedizione. Una benedizione o una maledizione
è sempre in armonia con il Karma e i desideri passati di chi la
riceve"…"Un bambino vede solo nomi e forme nelle varie bambole di
zucchero esposte in una pasticceria, e non vede lo zucchero di cui sono
fatte; per un adulto invece tutte le bambole sono solo zucchero ed egli
non si cura dei nomi e delle forme delle varie bambole"…"La coscienza
produce effetti nella maniera e nella forma voluta dalla mente".
"L'uomo saggio agisce con la mente calma, assistito dalla ragione e
dalla saggezza pratica".
"Il corpo è una forma preparata dalla mente per le sue operazioni".
Invitiamo tutti a leggere lo
Yoga Vasishtha, perché è impossibile renderne la grandezza riportandone
quattro frasette. Di esso segnaliamo le due edizioni che conosciamo:
Storie dello Yoga Vasishtha - ed.
Vidyananda;
Il
mondo dentro la mente - di Hari Prasad Shastri - ed. Promolibri. |