Kenn
:
Ma .. tu non sei un personaggio del mio paese, non ti ho mai visto
qui. Chi sei? Cosa vuoi da me? (sospettoso
si allontana)
Ter
:
Io sono Teresa “figlia” di Abramo e da te non voglio nulla;
desidero solo che tu, da fuori le mura di “questo” Castello, racconti
la tua storia a questi amici qui convenuti per conoscere ciascuno le
“dimore” della propria anima. (gli
porge la mano) Vuoi?
(Kenn
timidamente le dà la mano, lei gli poggia sulla spalla l’altra mano e
lo invita a risedersi sul cubo. Kenn, guardandola, inizia il suo racconto)
Kenn
:
Il mio nome è Kenn e sono nato a Malkuthopoli, quinto di sei
fratelli, tre maschi e tre femmine …
(entra
un vecchio, cambiano le luci)
Vecchio : Bambino
tranquillo e precoce, crescendo divenne un ragazzo solitario: a volte
lasciava trascorrere nel più assoluto silenzio intere giornate.
(entra
una vecchia)
Vecchia
: Gli
chiedevo spesso (si rivolge a Kenn), dimmi, Kenn, che strada prenderai da
grande? Perché invece di startene lì, così, non pensi alla Via da
seguire quando verrà il tuo momento?
Vecchio
: (alla
vecchia) Sì,sì, questo è importante, (a Kenn) sì, figlio mio, è
importante,ma alla tua età è d’obbligo il giuoco: perché non giochi
mai con i tuoi fratelli?
Kenn
:
(si alza e si rivolge a Teresa) Glielo ho detto mille volte, ma non
mi capiscono. Io voglio… prima sapere che cosa ci sto a fare qui. Quando
lo saprò, allora forse, tutto sarà diverso. Ecco perché non mi va né
di giocare, né di pensare al futuro. (va dal padre) Perché sono qui?
(va dalla madre)
Dove sto andando? (va da Teresa) E soprattutto: Chi sono?
Vecchio : Noi,
figlio mio, siamo creativi e il nostro compito è “creare”! intendi?
CREARE!
Vecchia : Ma
noi, ragazzo mio, siamo ricettivi, perciò dobbiamo “accogliere”!
Kenn :
(a Teresa) Queste sono le loro risposte, ma ho pure chiesto ai miei
fratelli e sai che mi hanno suggerito? (con la mano indica le quinte)
1° voce
(maschile): Noi siamo eccitanti, quindi dobbiamo “scuoterci” a
vicenda, parola di fratello maggiore!
2°
voce
(femminile): Non è vero,Kenn, la tua sorella più grande ti può
assicurare che siamo semplicemente miti, perciò dobbiamo solo
“penetrarci”!
3°
voce
(maschile): Siamo abissali, dobbiamo quindi “sprofondare” in
noi stessi!
4°
voce
(femminile): Siamo risaltanti, perciò “risaltiamoci”!
5°
voce
(femminile): Siamo sereni, Kenn, basta essere “quieti”!
Kenn
:
Come vedi ognuno ha trovato la sua risposta; può essere ciò che
è e fa quel che deve fare… io invece non so chi sono e ancora non so
darmi “certezze”…
(i vecchi
escono)
Ter :
Ti vedo stanco, ragazzo, perché non riposi un poco? Io ti veglierò;
poi riprenderemo il racconto…
(lo invita a
poggiare la testa sul cubo e a dormire)
(si
spengono le luci)
Narratore
: Kenn sognò di
percorrere un sentiero di montagna e di giungere fino alla cima, dove era
una capanna. Entrò ma appena fu dentro, la capanna dilatò all’infinito
e le sue pareti: il tetto divenne cielo e il pavimento, roccia… a quel
punto sentì una voce:
(entra una
donna velata)
Donna :
Sei venuto fin quassù per trovare risposta alle tue domande: io ti
posso aiutare, ora. Sono la tua donna interiore, non mi puoi vedere perché
sei ancora troppo giovane, ma tra qualche anno, ci incontreremo di nuovo,
mi amerai e mi sposerai. Oggi devi osservare te stesso, la tua natura
“particolare”; in base ad essa “saprai” i tuoi doveri e i tuoi
diritti, e di conseguenza, lo scopo del tuo esistere.
Narratore
: Kenn si guardò: i
suoi piedi erano due robuste radici, il suo corpo di pietra, le braccia e
le mani radici aeree… provò a muoversi, ma non ci riuscì. Volle
fuggire,ma non poté: era di marmo; ebbe paura e urlò:
Kenn
:
No! No! Non voglio essere così!!
Ma…
se sono di pietra, come faccio a “vedere”?
Donna
: Tutta
la “pietra” del tuo corpo è come un grande “occhio”: ti osservi
con tutto te
stesso. Non aver paura di te, abbandonati alla tua vera natura, solo così
potrai essere sicuro
e felice.
(esce)
Kenn
:
(si sveglia): (gridando) Sono il MONTE, L’ARRESTO…
(a
Teresa) IO so CHI SONO e li a Malkuthopoli sono la “radice” della
casata…
Ter
:
Si, Kenn, tu devi farvi ritorno subito, perché sei la radice della
casata, il basamento
del gruppo, la pietra su cui gli altri sviluppano i loro stupendi
attributi.
Kenn
:
Nel sogno ho visto pure uno gnomo (beato) mi ha chiamato “mio
sovrano” e si è
detto “disposto ad ubbidirmi”…
Ter
:
Tu adesso,Kenn, sei davvero un sovrano: sei re della terra della
tua terra e dei suoi
elementi e puoi conoscere le mura del Castello.
Sua
Maestà sia lodato in eterno
Kenn:
Eterna loda a Sua Maestà:
(va)
(luce
su Teresa)
Ter
:
( al pubblico) Poiché ora entreremo nella 1° stanza, voglio
consigliarvi di non
immaginare queste dimore una dietro l’altra, come poste in fila, ma di
portare lo sguardo al
centro, dove abita il Re e far conto che il palazzo sia come una palma in
cui, prima di arrivare
al frutto, si trova una fitta ricopertura di foglie che lo circondano da
ogni parte.
(mentre
Teresa parla entrano gli dei)
Narratore
: Gli dei stanno
bevendo e brindando, a uno a uno si addormentano. Entra Fafnir, il
drago cornuto e ruba la perla preziosa custodita nel forziere d’oro
(buio).
(è
l’alba – la luce aumenta – gli dei si svegliano ma il loro destarsi
è scosso da un grido:)
Voce
fuori campo : Al ladro! Al ladro! Hanno rubato la perla preziosa!…
Al ladro! Al ladro!
Ter.
:
Il Re degli dei a questo punto dà l’incarico a Sigurd, eroe di
natura divina, di
scendere sulla terra e riprendere la perla rubata.
(mimata
dell’investitura, con consegna della spada)
(Teresa
accoglie Sigurd e gli dice:)
Ter.
:
Da questo momento, amico mio, tu sei davvero entrato nel
Castello… pensare di
andare in cielo e non entrare in noi stessi è pura follia. In questi
luoghi, se il nemico capisce
che tu puoi andare molto avanti, tutto l’inferno ti scatenerà contro!
Qui le nostre potenze, i
più leali amici e parenti, sembrano muoverci guerra. Vai, Sigurd,
combatti e… vinci! Tendi
con tutte le tue forze verso Sua Maestà: sia Benedetto Egli in Eterno.
Va!
(Sigurd
con scudo e spada va verso la grotta)
Sigurd
: (a
Teresa) Scorgo un ombra, li, poco dopo l’ingresso … ne sento la voce,
una voce
amica, una voce cara…
Voce
di Seele : Finalmente sei arrivato, Sigurd, mio amato; sono anni che ti
aspetto. Quando
lasciasti il regno di tuo Padre ti ho seguito e sono andata raminga per il
mondo senza mai
raggiungerti, Fafnir mi ha imprigionata… io sono Seele, sono parte di
te… ti prego, liberami…!
Sigurd
:
Sono stato inviato qui per recuperare la perla preziosa rubata, ma
ora ucciderò
il drago Fafnir e ti libererò!
Voce
di Seele : E’ con la spada
che lo sconfiggerai, essa ha il potere del Verbo. Delle tre teste
colpirai quella centrale in mezzo agli occhi e subito dopo gli trapasserai
il cuore; non morirà
ma diverrà docile e obbediente. Noi lo cavalcheremo e torneremo a casa.
(Seele
incatenata esce con uno specchio puntato su Sigurd che afferra lo
specchio, lotta con esso,
recupera la perla, libera Seele ecc.) (Sigurd è Fafnir)
(intanto
Teresa dice:)
Ter.
:
Sei nel preciso momento della verità, Sigurd, stai conoscendo la
Veracità intrinseca:
ti cominci a conoscere: vinciti, Sigurd,sconfiggiti,amico mio e riavrai la
perla rubata…
(mentre
vanno)
Ter.
:
Andate, amici e non scordate che nella prossima stanza andrà
ricercato il dialogo
con Sua Maestà. Sia Egli Benedetto.
Voci
:
Sia Egli Benedetto in Eterno.
(entra
Hodina, figlia del Sole)
Hod.
:
Oh, gentile Signora, la prego, mi aiuti: sono nei guai e non so
come uscirne!
La
prego! (le prende la mano, implorante)
Ter.
:
Su calma, calma ragazza mia; qui con me sei al sicuro. Se mi
racconti tutto,
cercherò
di fare del mio meglio per aiutarti. Siedi e comincia col dirmi chi sei e
da dove vieni.
Hod.
:
Il mio nome è Hodina e sono una delle figlie del Sole… Lì mi
divertivo, danzavo
e
volavo con le mie sorelle… (pausa e smarrimento) e di qui non riesco più
a volare ( si alza e
correndo
cerca di decollare). Sono pesante, sono… (Teresa la interrompe)
Ter.
:
Tranquillizzati: non esiste cosa a cui non si può rimediare.
Hai detto: “Lì mi divertivo”, ma lì dove?
Hod.
:
Nei giardini del castello di mio Padre, splendidi, ricchi di vaste
pianure, piene
di alberi, fiori e frutti. Io lì, volavo, danzavo ed ero abituata a
vedere la Luce. Ero bella
leggera e ammirata …
Ter.
:
E com’è che ora ti trovi qui?
Hod.
:
Perché ormai, lì mi conoscevano tutti ed io volevo farmi ammirare
da altri.
Così un bel mattino cominciai a volare alta nel cielo, volai per tutto il
giorno, fino a che,
verso il tramonto, vidi un insieme di costruzioni ammassate. Era una città che non conoscevo, di
cui però avevo sentito parlare.
(pausa) Oh, Dio! Non l’avessi mai fatto!
Ter.
:
Non l’avessi mai fatto “cosa”?
Hod.
:
Ero stanca, ma soprattutto ero attratta dallo strano brusìo
di
quell’ambiente.
Pensai dunque di scendere e di riposare. L’indomani avrei mostrato a
tutti la mia bellezza e
la mia grazia. Ma appena entrai nell’atmosfera della città, le mie ali,
man mano che scendevo,
si scioglievano come neve al sole. L’aria era pesante e opaca. La mia
vanità mi ha precipitata
qui e adesso sono disperata. ( porta le mani sul viso e china il capo).
Ter.
:
E poi cosa accadde?
Hod.
:
Poi … (le luci
cambiano, Hodina si alza, entra un uomo dagli occhi freddi e sicuri.
I due si pongono spalla contro spalla e movendosi in tondo lungo un ampia
circonferenza, si
ritrovano faccia a faccia. Lui la guarda, tende la mano, gli fa un
passaggio ipnotico sul viso).
Uomo
:
Seguimi! ( la ragazza lo segue per il palco. A volte lui accelera e
lei fatica a stargli
dietro. Altre volte la distrae, esce dal palco e ricompare subito dopo)
Più
in fretta, più in fretta cara! Qui abbiamo tutti fretta.
(entrano
alcune persone che vanno a porsi in un angolo, dopo
aver attraversato un velo tenuto a
mò di porta
dal braccio teso dell’uomo. Hodina si accoda fino al
suo turno)
Hodina
: Quand’è
che mi farai danzare? Io sono brava sai, ed anche bella.
(l’uomo con l’altra mano la spinge oltre il velo.si fa buio: escono
tutti tranne Hodina)
Oh
Padre mio, dove mai sono finita? È freddo qui, e ho fame…ho paura: non
c’è aria, non c’è
luce, nessuno… (forte) PERCHE’ SONO
QUI?
Ter.
:
Finalmente rimpiangevi la luce, la leggerezza ed il calore delle
tue pianure, cara la
mia bambina (Hodina si dispera) ed ecco perché seguendo quella luce
(dalle quinte, una luce di
torcia percorre la scena di fondo e poi si posa su Hodina) sei giunta pian
piano a questa dimora.
Qui il tuo desiderio di “Sole” e di “Cielo” ti ha riacceso il
cuore, fino a che hai invocato con tutte
le tue forze: …
Hod.
:
LUCEEEE!!! (Hodina
esce).
Ter.
:
In questa dimora, il rischio di cadere è ancora grande. Qui, Sua
Maestà non ci
ricompensa ancora, ma le nostre prime vittorie ci ripagano e ci esortano
ad andare avanti.
Che il Santo, benedetto Egli sia, ci aiuti in questo faticoso cammino.
Ter.
:
In queste terze mansioni
occorre avere grande umiltà e distacco dalle cose del
mondo,e non smettere mai l’orazione. Ci stiamo preparando per andare
verso il silenzio mentale,
verso l’incontro con le virtù. È per questo che in questa stanza
i pensieri si fanno rarefatti, e
Sua Maestà, di tanto in tanto ci ricompensa con qualcosina.
(entrano
Net e Zach)
Net
:
Quello che dice Teresa è proprio vero: primo, perché lei lo ha
vissuto; secondo,
perché noi possiamo confermarlo.
Zach
:
E ve lo confermiamo subito. Io e Net siamo una coppia di
ricercatori, e viviamo in
campagna fra silenzi, studi e meditazioni. Sentite cosa ci è capitato un
giorno …
Net
:
Un giorno, mentre passeggiavamo in giardino discutendo su
l’Amore, udimmo un
gran frastuono, e poco dopo dal cancello, irruppe una folla eterogenea di
personaggi …
Zach
:
Erano una ventina e sembravano appena usciti da un teatro. Erano
strani, invadenti
e ciarlieri: giocavano, ridevano, mangiavano i frutti degli alberi, il
tutto in un caos totale.
Net
:
Stavamo per chiamare la polizia, quando sentimmo una voce, anzi …
LA VOCE …
Voce
:
(fuori campo) Ma li avete guardati bene questi strani personaggi?
Zach
:
Certo che li abbiamo guardati.
Net
: è un ora che li
osserviamo.
Voce
:
Che li abbiate osservati è fuor di
dubbio, ma … li avete … visti?
(entra il matto dei Tarocchi)
Matto
:
Io sono un po’ matto / però poi di fatto / non sono un po’
matto per me / perché a
conti fatti / io sono più il matto dei matti. ( entra un maghino con
cilindro e scettro)
Mago
:
Io sono un maghino maghello / ma non proprio quello / che fa un
po’ così / (schiocco
le dita) e salta un coniglio da qui / (mostra il cilindro)
io sono l’Archè … dico … tipo / insomma
(guarda il matto) lo dico?
Matto
:
Non dici un bel niente / maghino maghello / perché della mente /
noi siamo un
cancello / che mostra gli aspetti perenni / di QUELLO. (ai due) Chi siamo? (escono)
Net
:
Da quelle strane filastrocche capimmo d’avere davanti a noi i
ventidue archetipi del
libro di Toth.
Zach
:
Si, proprio i ventidue Trionfi detti volgarmente Tarocchi. A furia
di tacitare la mente
e i pensieri …
Net
:
A furia di poco pensare, come tu (a Teresa) dicevi, l’ultimo
baluardo della mente, le
Idee, gli Archetipi, ce li trovammo in carne ed ossa in giardino; e
per poter passare alla fase
del “molto amare”, come tu (a Teresa) la chiami …
Zach
:
Dovevamo assolutamente liberarci di loro, per raggiungere il vero
silenzio mentale.
Ter
:
è stata la Voce a suggerirvi come?
Net
:
No, questa volta, no. Abbiamo ricondotto tutto al tema della nostra
meditazione:
l’Amore.
Zach
:
Se questi personaggi si conoscessero bene fra loro a due a due,
potrebbero amarsi
fino alla dissoluzione l’uno nell’altro …
Net
:
Così abbiamo provato ad unirli in coppie: toccò per primi al Papa
e alla Papessa …
Zach
:
Li conducemmo sotto l’Albero della Bodhi, e … si dissolsero.
Net
:
Visto che la cosa funzionava continuammo per quella strada:
passammo
all’Imperatore con l’Imperatrice …
Zach
:
Al Sole con la Luna, al Bagatto con la Verità, al Guerriero del
Carro con la Forza,
all’Eremita con la Morte …
Net
:
Scomparsi, dissolti tutti, e così via per gli altri. Ora non ci
resta che far scomparire
gli ultimi due personaggi …
Zach
:
Eh, si, questa è proprio la scommessa decisiva, anzi, la vera
battaglia da cui non
può che scaturire la giusta vittoria.
Net
:
(sorpreso) E
sarebbe?
Zach
:
Noi due dobbiamo dissolverci, amico mio, per essere Uno e per,
finalmente VINCERE,
vincendoci.
(musica
di valzer i due escono vorticando con luci a smorzare)
Ter
:
Questo è in verità il “luogo” della Vittoria, ma ancora c’è
tanto da esplorare e ciò
faremo con l’aiuto di Sua Maestà, sia Egli Benedetto in eterno.
(qualcuno
porta via il cubo)
Ter
:
Ci stiamo avvicinando al “Luogo” di Sua Maestà. In questa
quarta dimora ormai ci
sono solo cose soprannaturali di cui può parlare bene solamente lo
Spirito Santo. Qui è luogo
di “gioie” e “diletti”. Le gioie restringono il cuore, i diletti
lo dilatano in una infinita abbondanza.
(si tocca la testa, si mette da parte)
Continui
tu?,
(al narratore)
Narr.
:
Gioie e diletti sono come due bacini d’acqua: il 1° si riempie
per via di condutture
(le gioie ce le procuriamo da noi stessi con la meditazione) il secondo
bacino invece si riempie
grazie ad una sorgente sotterranea e ricolma tutte le “mansioni”
dell’anima. Qui il piacere,
“diletto” viene direttamente dal centro dell’anima e non dipende da
noi: tutto il nostro interno
si va dilatando ed esso dona una beatitudine inimmaginabile che è opera
dell’oro della saggezza
divina e non del nostro vile metallo.
Quest’acqua
Dio la da a chi vuole e spesso quando l’anima
meno se lo aspetta. Ma so di certo che Egli, Sua Maestà, si fa vincere da
una virtù: l’umiltà. Se in
questa mansione riesce ad entrare il male, i danni sono gravi.
(entra
Qoph)
(Qoph
con una mano spinge il cubo, nell’altra tiene rotoli, un compasso, un
filo a piombo; su un
lato del cubo c’è scritto: “la Copia”. Qoph gira e rigira il cubo,
cerca di aprirlo inutilmente, fa
calcoli, consulta rotoli ecc.)
Ter
:
(si alza e va verso di lui) E tu chi sei?
Qoph
:
Io sono Qoph, un ricercatore.
Ter
:
E che ci fai con questo scatolone?
Qoph
:
Ma questa non è una “scatola” qualunque! (gira il lato con la
scritta verso Teresa)
Essa è “La Copia”! e come avrai certamente notato, sono ore che cerco
di capire il meccanismo
di apertura. Voglio
assolutamente conoscere “La Copia”!
Ter
:
Ma sai “dove” ti trovi?
Qoph
:
Certo che sì! Mi trovo “qui”!
Ter
:
“Qui” dove?
Qoph
:
In una delle stanze del Castello della mia anima,quella
dell’Abbondanza.
Ter
:
E come farai (indicando il cubo) a … “conoscerla”?
Qoph
:
Come ho fatto in circostanze analoghe: terrò presente questa copia
in un angolino
del mio cuore-mente, e li la coverò; al momento giusto, come un uovo di
gallina, si schiuderà e
mi si svelerà. So di certo che non sarà una “copia” terrestre, fatta
di ori, né una “copia” astrale,
fatta di colori e fantasie o felicità, e neppure una “copia” mentale,
composta di musiche o
pensieri dialettici. Sarà Altro.
Ter
:
Posso suggerirti, Qoph?
Qoph
:
Sono tutt’orecchi.
Ter
:
Cos’è che fa sbocciare i fiori e schiudere i semi?
Qoph
:
Il Sole, col suo calore, la sua … luce (rallenta e osserva il
cubo), i suoi raggi …
ma
certo, il Sole …! Ora
so cosa intendi e so come fare … (Teresa annuisce) proietterò il mio
Sole
interiore su quella scatola chiusa e poi … sì, io so come sollecitare
il mio Sole a volontà
(a Teresa): sai, è un’arte che si impara con la pratica, difatti essere
“ricercatori” vuol dire saper
governare i propri astri … (Qoph siede in meditazione) (si toglie il
cubo – buio – entrano
Mi-Chi : si riaccendono le luci. Qoph apre gli occhi e li osserva
girando loro intorno)
Qoph
:
Siete bellissimi! … Posso farvi qualche domanda? ( i due
annuiscono) come vi
chiamate?
Mi
:
Io sono Mi.
Chi
:
Io sono Chi.
Qoph
:
Qual è il significato del vostro nome?
Mi
:
Michi vuol dire abbondante.
Chi
:
Michi vuol dire pienezza totale.
Qoph
:
Ditemi, che cosa devo imparare da voi? Che cosa devo chiedervi per
conoscere la
Copia?
(i
ragazzi mostrano a Qoph le mani a coppa (calano le luci)
Narr. :
Qoph vide. Vide la Luce sprigionarsi da quella “Coppa” e
da essa vide fuoriuscire
ori, colori, fantasie, musiche, pensieri … ogni cosa fluttuava
nell’aria un istante poi svaniva nel
nulla, riassorbita dall’universale.
Intanto
i due ragazzi cominciarono a vorticare
tenendosi per
mano e Qoph
ebbe la sensazione di trovarsi in un mondo insolito. Poi i due
ragazzi
rallentarono la loro danza e, prima di fermarsi, gli chiesero:
Mi
:
Hai capito che cosa è la Copia? Ora hai “visto” quella che
viene e quella che
va … ma tu devi cercare quella che scaturisce dalla Sorgente Divina …
quella che non viene e
che non va.
Qoph
:
Ditemi quello che devo fare e lo farò:
Chi
:
Entra nella nostra danza e tu stesso diverrai la Copia.
Narr.
:
Qoph entrò nella danza: si sentì centrifugato all’infinito …
gli parve di essere
disintegrato.
(intanto i tre girano lentamente) Per
un attimo riuscì a conservare la sua
separatività, il suo essere Qoph, ma alla fine si arrese … Allora
l’Infinito precipitò in lui e
l’abbondanza totale lo pervase, lo inondò, lo sommerse. Fu così che
Qoph conobbe la vera Copia.
Ter.
:
Infinita lode a sua Maestà, sia Egli Benedetto in eterno per
quello che ama concedere
ai suoi umili servitori.
Ter.
:
L’anima è come un baco da seta: essa comincia ad aver vita
quando, con il calore
dello Spirito Santo, inizia a meditare, pregare, ricercare e quindi
crescere; poi, come il baco,
comincia a filare la “seta” e a costruire una casa nella quale dovrà
morire. Cristo, l’Io Sono,
la Coscienza è questa Casa. Quando il piccolo verme è morto a tutte le
cose del mondo, si
cambia in una farfallina. In queste quinte mansioni occorre amare Dio e il
prossimo e farsi come
di cera, su cui Sua Maestà possa apporre il suo sigillo. In questa
dimora, l’anima pur stando nel
corpo, sembra invero che se ne separi, e quando torna in se non può
assolutamente dubitare di
essere stata in Dio e che Dio è stato in lei.
La
storia seguente, quella di Gheb ci illustra il sentiero
da percorrere per raggiungere lo stato richiesto in questa stanza.
(A Gheb dietro le quinte) Vieni
pure Gheb, adesso tocca a te.
(entra
Gheb)
Gheb.
:
E’ il momento mio? … vado? …
Ter.
:
Si. Comincia col dire chi sei e che cosa intendi fare.
Gheb.
:
Io sono Gheb e ho deciso di misurare la mia forza, la mia capacità
organizzativa: voglio costruire uno spettacolo che duri nel tempo e nello
spazio, con giusti
personaggi, giusti costumi, giuste luci, colori, tempi, ed è per ciò che
mi trovo su questo sentiero.
Ter.
:
Di quale sentiero parli, Gheb?
Gheb.
:
Questo è il sentiero numero 32, quello della risata cosmica, del
si e del no, della follia
saggia e della saggezza folle.
(entrano
i mercanti: ognuno ha una stoffa colorata, maschere, roba di spettacolo.
Spicca la
figura del mercante cabalista: occhiali tondi, chippà, panno a strisce:
ha una stoffa bianca, la
mostra a Gheb)
Gheb.
:
Quanto è alta questa stoffa?
Mer.
:
è alta cinque metri, amico mio.
Gheb.
:
Allora tagliane cinque metri (Gheb da una sbirciatina al libro che
il mercante stava
leggendo prima). Di un po’, cos’è questo strano libro che leggi? Non
ho mai visto nulla di simile
in vita mia.
Mer.
:
Questo è un libro sulla Cabala: parla dei Santi Nomi di Dio, delle
Gerarchie Angeliche,
delle Sante Sephiroth, parla di sentieri, colori, del Cielo, della Terra,
parla di … te, della tua anima
(chiude il libro).Ora prendi la stoffa, è tua e a buon prezzo. Vai,
ma …attento…attento alla
strada: questo è un sentiero difficile per chi è debole o inesperto.
(Riceve i denari, si salutano. Gheb sta per andare, ma tutti gli altri
mercanti gli si stringono
piano piano intorno fino a spingerlo,strattonarlo.gli tirano via la stoffa
e formano un cerchio
attorno a Gheb, che alza le braccia: è prigioniero).
Narr.
:
( i mercanti battono i piedi sul palco all’unisono)
Perché percorreva quel sentiero? … Gheb l’aveva dimenticato.
L’aria era divenuta pesante, vi si materializzavano ormai minacce
palesi: era chiuso in un labirinto. Gheb richiamò nel suo intimo
tutte le potenze dell’anima per tentare una fuga, per riconquistare la
libertà. Usò tutte le sue
forze, e alla fine riuscì a frantumare le mura di quella prigione.
(il tutto viene rappresentato da una sincronica alzata di braccia dei
mercanti e dalla apertura del
cerchio ad un suono di piattini tibetani. Intanto rientra il mercante
cabalista, i quale lo invita
a
seguirlo dietro la schiera dei mercanti che in coro cantano il mantra OM
MANI PADME HUM.
Cantano per un po’ con loro, fino a che i salmodianti escono e loro si
staccano)
Mer.
:
Sappi, amico mio, che anche la processione orante va abbandonata,
può diventare
anch’essa un laccio (tira fuori una chiave dalla tasca) Adesso osserva
… (gliela mostra) questa è
la chiave istoriata con i trentuno sentieri già percorsi. Qui (indica il
luogo) si richiede l’abito
bianco e il silenzio.
(Gheb
sta per parlare, ma il mercante gli pone una mano sulle labbra e dopo
comincia ad
avvolgergli intorno il drappo bianco, quindi gli indica le quattro
direzioni).
Narr.
:
Ora Gheb è solo e può contare soltanto sulle proprie forze.
(cambia tono) Ascolta
Gheb! Oltre questo primo portone, conoscerai il senza tempo dell’azione
(qualche secondo e
Gheb gira su se stesso di 45°); attraversare questo secondo portone
è concesso solo a chi non
ha corpo: sull’altra sponda conoscerai il senza tempo del
sentimento. (altro giro di 45°)
Oltre questo terzo portone si richiede lo stato di non mente (ultimo giro
di 45°). Oltre questo
portone c’è il tempio: Gheburah.
Ter.
:
Che il Santo sia benedetto in eterno!
( entrano gli Dei dell’Olimpo: Giove, Marte, Elio, Venere, Mercurio,
Selene, Gea. Si siedono. Ebe
distribuisce a ciascuno un piatto)
Ebe
:
Chiedo a Giove, con rispetto e umiltà di parlare …
Gio.
:
Figlia mia , non sarebbe il caso, prima, di versare dalle tue
anfore un po’ di nettare,
e dopo, parlare?
Ebe
:
Durante l’ultimo banchetto il mio amato padre ricorderà come,
dopo aver distribuito
in abbondanza il nettare a tutti, a Gea potei versare solo quel che
era rimasto …e questo scatenò
lo scontento e le mormorazioni di tutti.
Gio.
:
Ebbene?
Ebe
:
ebbene mi rifiuto di “servire” se prima non avrò conferito con
il “Grande
Dispensatore”, Deità, mi ritiro in dispensa. (esce)
Elio
:
Qui si va di male in peggio, questa è insubordinazione!
Gea
:
Invece è giusto! La volta scorsa , per me, è stato proprio
mortificante!
Mer.
:
Padre mio, se tu me lo ordini, richiamo Ebe con il perentorio
messaggio di servire
subito nettare a ambrosia!
Gio.
:
Buoni, buoni. Forse Ebe ha ragione … e poi sta per tornare dalla
Dispensa
(guarda verso le quinte) … Eccola! ( Ebe consegna un rotolo a Giove)
Ebe
:
Queste sono le disposizioni del Grande Dispensatore.
(Giove apre e legge)
Gio.
:
Che Elio allunghi i suoi raggi in modo da costruire i giusti
collegamenti fra le coppe
delle varie divinità.
(a Elio) Figlio mio, riesci a penetrare in Dispensa con un raggio?
(Elio si alza, allarga le braccia e le gambe, chiude gli occhi. Si
accende un faretto)
Elio
:
Si, Padre mio; riesco a percepire il Piano perfettamente, lo
comprendo e sono in
grado di attuarlo.
Gio.
:
Allora, Ebe, tu verserai il nutrimento solo a me; il resto verrà
da sé. Io saprò che
tutto è “giusto” e produrrò.
Mar.
:
Io alimentandomi, conoscerò la mia “forza” e concentrerò.
Elio
:
Io, “sacrificandomi”, risplenderò.
Ven.
:
Io assimilerò e partorirò.
Mer.
:
Io, assunto il giusto cibo, “opererò”.
Sel.
: Io,
opportunamente alimentata,rifletterò Elio e illuminerò Gea che,
finalmente
nutrita, tramuterà il suo nettare e ambrosia in vera Coscienza,
da rendere a noi tutti, attraverso
lo stesso canale di distribuzione, fino a farlo ritornare al Grande
Dispensatore.
Ter.
:
Sua Maestà è davvero Grande! Vi ricordate il bacino alimentato da
“ sorgenti
interne” ? Bene, esso in questa mansione “straripa”. Qui amici miei,
ci avviciniamo al
paradosso: da una parte l’Amato dice all’amata “Sono con te”;
dall’altra la chiama ed essa non
può sentirlo. In questa dimora l’immaginazione è padrona e
l’intelletto crede a tutto ciò che essa
gli rappresenta: l’anima viene messa alla prova e si trova in
tempesta. Qui si intendono
con
l’udito spirituale, parole che creano visioni intellettuali
… ma, purtroppo è anche il momento
delle “mormorazioni”.
Udendo di cose straordinarie, molte persone condannano tutto
come
opera del demonio e come effetti di isteria. Ma per fortuna Sua Maestà ci
provvede della pazienza
per sopportare tali dolori dell’anima. Qui l’anima viene spesso
rapita, ha visioni immaginarie,
che può riferire e visioni intellettuali, di cui non può dir nulla.
(Teresa
viene rapita in estasi, poggia il capo sul cubo).
Narr.
:
Quando l’anima è divenuta una sola con Dio in quella mansione
del cielo empireo,
che dobbiamo pur avere dentro di noi, le viene meno il respiro, ed anche
se l’estasi si protrae
molto, dopo, lo Sposo, la difenderà da tutto il mondo e da tutto
l’inferno. Altre volte il rapimento
produce un movimento interiore veemente e incontrollabile; tentare di
resistere è peggio.
Dimorando essa in Dio, sua Maestà vuol farle capire che non è più
padrona di sé. Quando
straripano le sorgenti del bacino, allora, con grande impeto, si leva
un’onda così potente da far
salire in alto questa navicella della nostra anima, e tocca luoghi
luminosi, in cui in un solo istante
vengono insegnate tante verità.
(si
desta Teresa)
Ter.
:
Questi movimenti dell’anima non possono essere opera del demonio,
perché danno
umiltà, pace, serenità, conoscenza di sé, disprezzo per le vanità.
L’anima ora cerca sia
il
deserto che il servizio. Io, come donna, giunta sin qui, invidio molto chi
ha la libertà di alzare
la voce, per far sapere a tutti chi sia questo Gran Dio degli Eserciti.
Sappiate, amici miei, che
Dio è veramente vicino, mentre lo si immagina lontano, e quanto lontano,
se andiamo a cercarLo
in Cielo! Il Cielo è dentro di noi, ed il Signore del Cielo è nel
nostro intimo.
Che il Santo sia
benedetto nei secoli dei secoli!
(Teresa è seduta sul cubo piccolo e usando il cubo grande come scrittoio
compone una lettera a
voce alta)
Ter.
:
Carissimo Giovanni, facendo seguito alla mia ultima, ecco in breve
il mio pensiero
sulla settima dimora. Qui non si pensa più al corpo, come se l’anima ne
fosse separata: non c’è
che puro spirito e non c’è porta per entrare. Ci sono tante cose e così
delicate nel nostro intimo,
che sarebbe una temerità che io mi mettessi a spiegarle. Qui l’anima,
diviene una sola cosa con
Dio e partecipa alla sua forza, e scatena una guerra accanita per impedire
alle potenze, ai sensi
e al corpo di starsene in ozio. Questo centro dell’anima, ossia questo
spirito, è cosa difficile da
chiarire: il re è nel suo trono dentro il suo palazzo, e nel suo regno ci
sono molte guerre e
traversie, ma non per questo egli cessa di stare sul suo seggio reale. Qui
il male non entra.
(Teresa
piega la lettera ed esce. Entra il re col consigliere: il primo
si
siede sul cubo e l’altro sta
alla sua destra)
Re
:
Fate entrare il messaggero!
(dalle
quinte si ode una voce che fa eco: fate entrare il messaggero!Rumore di
passi, entra il
messaggero) Ebbene?
Mess.
:
Questa, Maestà, è la supplica con la quale i ribelli ormai
sconfitti si impegnano:
1°) a restituire la corona con il grande diadema rubata tre anni fa;
2°) a giustiziare i capi ribelli;
3°) a pagare, per sette anni, un indennizzo per risarcire i danni
di guerra;
4°) a mandare i giovani migliori al servizio di sua maestà per
tre anni.
Cons.
:
Mi permetto di sconsigliare a sua maestà l’accettazione di
questo ultimo punto: non
può, vostra grazia, ospitare in casa propria i suoi nemici!
Re
:
Io sono il re (si alza) io decido. Il tuo è un buon consiglio, ma
non è saggio.
(a
voce alta) Firmerò la pace alle condizioni richieste, tuttavia … (fa
chinare su di sé il
consigliere) … domanderemo al grande oracolo.
Cons.
:
Introducete gli indovini.
(Entrano
due indovini con un I Ching e le monete ed una lavagna portatile. Lanciano sei volte: esagramma
11, la pace)
Ind.
:
Il responso è: (legge sul libro) Sostenere con dolcezza gli
incolti, attraversare decisi
il fiume, non negligere il distante, non tenere conto dei compagni: così
al fine si riesce a
camminare nel mezzo.
(escono)
Re
: (si
alza) Che Si proclami un bando: chiunque interpreterà giustamente
l’oracolo e
saprà metterlo in pratica, sarà nominato 1° ministro e sposerà mia
figlia, la principessa Elxaz.
(la scena rimane immutata. Si spengono un attimo le luci e si riaccendono)
Cons.
:
Avanti un altro interprete.
(entra
Ghebo)
Re
:
Chi sei tu, ragazzo?
Ghebo
: Sono
Ghebo, maestà, ed ecco cosa vuol dire l’oracolo: bisogna fondere le
lingue
dei vari popoli, istituendo scuole in tutti i territori; costruire ponti
sul grande fiume per facilitare
le comunicazioni, incoraggiare scambi culturali e commerciali;
infine, non tener conto dei
pareri contrari a tale interpretazione.
Re
:
(euforico) Questo si che è parlare. Che entri la
principessa! Per quello che ha detto,
Ghebo ha diritto di sposarla. (entra la principessa: il re le prende la
mano e la offre a Ghebo,
quindi gli impone la mani sul capo) Adesso
figliolo inginocchiati (si inginocchia e lo tocca con lo
scettro sulla spalla) Io, in grazia dell’autorità conferitami da Dio e
dal popolo, ti nomino Primo
Ministro del regno e ti offro solennemente in sposa mia figlia.
(si
spengono le luci, escono tutti tranne il re).
Re
:
(entra Teresa, il re la raggiunge) A te lo posso dire: sono certo
che mi
comprenderai. Ebbene, nel giro di tre anni, grazie a Ghebo, nel mio regno
tornò la pace; ma
per me, quella era solo una pace apparente. Rifeci consultare dunque
l’oracolo:
Narr.
:
Nessun piano cui non segua un declivio, nessun andata cui non segua
un ritorno,
senza macchia è chi rimane perseverante nel pericolo. Non rammaricarti di
questa verità. Godi
della felicità che ancora possiedi.
Re
:
Andai su una montagna, presso un valico famoso da cui nessuno mai
era tornato
indietro: volevo tentare il passaggio, e conoscere un imperatore in grado
di mantenere la vera
PACE. E poi … (poca luce sul re)
Narr.
: Su quella montagna si svuotò di tutti
i ricordi, di tutti i desideri e di tutte le
aspirazioni, anche di quella alla pace. Ormai vuoto divenne un canale:
attraverso di lui, la terra
del suo impero saliva al cielo cantando la sua beatitudine; attraverso di
lui, il cielo del suo impero
scendeva sulla terra cantando la sua gloria. Quella era la vera
pace. Intanto Ghebo veniva
incoronato re, ma mentre i festeggiamenti erano al culmine arrivarono due
messaggeri dalla
terra oltre il grande fiume; portavano notizie d’una nuova sommossa: la
corona col grande
diadema era stata rubata.
(Teresa
viene sul proscenio)
Ter.
:
Vi supplico, nel nome del Signore, di non dimenticarvi nelle
preghiere, della Vostra
umile guida. Questa rappresentazione ha termine in questo istante a gloria
di Dio che vive e
regna per sempre nei secoli dei secoli.
(tutti)
Amen. |