6 PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE

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In un teatro di prosa, alcuni attori diretti da un capocomico stanno provando una commedia. Improvvisamente si presentano i sei personaggi (Padre, madre, figliastra, figlio, giovinetto e bambina). Il Padre spiega subito al direttore-capocomico che loro sono personaggi in carne ed ossa, ed essendo portatori di un dramma sono in cerca di un autore che voglia rappresentarlo. La vicenda da rappresentare è semplice: Padre e Madre hanno avuto un figlio. Un giorno il padre s'accorge che la moglie, di carattere affine a quello del suo segretario, potrebbe formare una nuova famiglia con lui e la spinge a farlo.  La donna avrà ancora tre figli. Passano glia anni e muore il segretario. Un giorno nella sartoria di madama Pace (una casa di appuntamento) il Padre incontra la figliastra. Prima  che possano avere un rapporto sopraggiunge la Madre. Il Padre, sopraffatto dalla vergogna e dalla pietà per quelle donne, decide di riprendere con sé la nuova famiglia. La situazione non è accettata da nessuno, e la madre sembra essere un capro espiatorio del dolore e della sofferenza di tutti i familiari. Il dramma scoppia improvviso: la bambina muore annegata nella vasca del giardino; il giovinetto si uccide con un colpo di pistola; la madre 'annega' nel dolore; alla figliastra sono rimaste solo risate d'isterismo misto a dolore; il figlio rimane con la sua insofferenza del prossimo; ed il padre, al capocomico che spiega alla compagnia che è solo finzione, grida con voce rotta dal peso di un ineluttabile dramma doloroso: " Ma che finzione! Realtà, realtà, signori! Realta!" . Quindi, i quattro superstiti personaggi, portando via i corpi senza vita della bambina e del giovinetto, spariscono dietro il fondalino, per poi ricomparire come ombre fumose.

 

 

 

6 Personaggi in cerca d'autore
(Commento di Natale)

Nel teatro della vita non si fa che recitare. Ogni  individuo, ogni gruppo, ogni popolo, l'intera umanità, tutti sembrano impegnati a rappresentare ciascuno un proprio ruolo bel definito, ben  pre-fissato in quella sceneggiatura aperta che è la storia stessa di questo piccolo e insignificante palcoscenico sperduto nello sconfinato spazio che è la nostra terra. Le tavole sono vecchie, i fogli delle passate stagioni sono ingialliti, le quinte sono scolorite, il sipario è strappato qui e là, i vetri dei riflettori bruciati, ma nonostante tutto, il 'suggeritore' è sempre giovane e la compagnia si  perpetua. Quando un' onda si alza nel vasto oceano, nella sconfinata distesa delle acque accade un fatto del tutto trascurabile: un insignificante gioco d' acqua sembra dare individualità ad un' onda che mai s'è staccata dall'elemento di cui è parte. Eppure, nel luogo dell'onda accade un fatto sconcertante, paradossale: la cresta crede, per tutto il tempo della sua increspatura, di essere altro, di essere sé, di avere una propria individualità. Ma puntuale arriva il tempo della fine, e nel momento in cui viene inghiottita dall'immensa impersonalita oceanica, quell'apparente individualità che credeva d'essere immortale e onnipotente, si rende conto di 'essere'… 'nulla'!
Morire in vita, significa essere riusciti a smascherare la propria inconsistenza quali ego. Quando qualcuno vi riesce, quegli è un liberato, uno che sa di essere in-Dio, uno che ha capito di essere un enorme palcoscenico, sulle cui tavole sono saliti, salgono e saliranno tutti coloro che credendosi onde, nascono come personaggi. " … si nasce alla vita in tanti modi, in tante forme: alberi o sasso, acqua o farfalla…o donna. E…si nasce anche personaggi" , dice il padre al capocomico.
Se personaggio deriva da persona che vuol dire anche maschera, chi nasce quindi così, è un uomo finto, un burattino, un pupazzo; uno che quando si guarda allo specchio non riesce a vedere la propria vera identità. Ma attenzione a non cadere nell'inganno celato nelle parole del padre: una persona normale può all'improvviso diventare personaggio. Noi siamo normali quando sul palcoscenico della vita-in-comune viviamo la nostra 'parte' guidati dal buon senso, da una volontà manovrata dal bene, da una coscienza desta. Quindi, si può morire in vita per diventare 'nulla', e si può, in vita, 'nascere' personaggi.   Adesso osserviamo la cosa da un' altra prospettiva.
Dal punto di vistra strettamente mentale, possiamo vedere nei personaggi di Pirandello delle forme pensiero, delle 'entità' scolpite dall'immaginazione dell'autore sotto l'impulso di forti passioni o sentimenti, e da una volontà ferma. Quando una persona ha un'immaginazione molto sviluppata può davvero dipingere o scolpire forme con la sostanza mentale, e più nutre con energia psichica tali 'personaggi', più essi diventano 'autonomi' e desiderosi di vivere la ' loro vita'. E' come se questi fantocci avessero una carica a molla simile a quella dei giocattoli semoventi: una volta caricati " devono" muoversi. Quante volte abbiamo nutrito una rabbia fino ad esplodere, ad agire privi di ogni volontà? Quante volte, un forte desiderio alimentato per giorni, ci ha spinto ad agire contro ogni buon senso? E' come se l'individuo avesse deciso di recitare una parte, e poi si fosse lasciato prendere totalmente dal personaggio. Tutto questo si chiama 'assenza': non si è più presenti a se stessi, ed ogni volta che succede, si è, come suole dirsi, sulla coda della tigre. Pirandello, concedendo ai suoi personaggi di salire su un palcoscenico, ha esorcizzato forti passioni, ha aperto una valvola alla caffettiera, ha impedito contraccolpi sicuri alla sua mente. L'arte è una valvola di sfogo incredibile, perché permette di lasciar vivere in forma non violenta forti passioni e sentimenti; permette ai personaggi che popolano la mente di ognuno di noi, di 'vivere' il loro dramma doloroso, di rappresentare la loro commedia, di vestirsi di carne.
Se ogni essere umano riuscisse a rendersi conto di essere, nella forma fisica in cui è nato, un personaggio della propria mente egoica, un fantoccio creato da pensieri e sentimenti 'passati'…; se ogni uomo capisse di essere un aggregato di pensieri e sentimenti, vivrebbe la sua vita con distacco, allo stesso modo in cui un attore, interpretando la sua parte, non scorda mai completamente di essere padrone del personaggio. Il futuro del mondo manifestazionale altro non è che frutto dei nostri pensieri: la mente è creativa.
" Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero torbido è seguita dalla sofferenza, come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue… Ogni parola o azione  che nasce da un pensiero limpido è seguita dalla gioia, come la tua ombra ti segue inseparabile…La consapevolezza conduce alla vita eterna, l'inconsapevolezza alla morte" (Dhammapada - Budda).

 

Grazie   N.M.

 

 

 

 

6 Personaggi in cerca d'autore
(Commento di Franca) 

Se prendiamo in considerazione una "compagnia teatrale" (come quella dell'inizio di questa commedia di Pirandello) composta da un capocomico (Daath), un  direttore di scena (Chesed), un suggeritore (Geburah), un primo attore (Tiphereth), un attore giovane (Netzach), una attrice giovane (Hod)  una prima attrice (Yesod) e tutte le comparse e i tecnici  (Malkuth), possiamo, seguendo i suggerimenti sopra specificati, porla comodamente sull'Albero Cabalistico ed allora la commedia da loro rappresentata sviluppera' nel corso del suo svolgersi i vari Archetipi  illustrati dai vari "personaggi".  In questi "Sei personaggi in cerca d' autore", teatro nel teatro, Pirandello pone una premessa innovativa e sconvolgnte: la necessita' del "personaggio", cioe' dell'Archetipo stesso di  irrompere nella realta' irreale del teatro per proclamare la sua" Realta' Archetipale" e il suo "diritto" a "Essere", al di la' della volonta' del suo autore e dei suoi interpreti (gli attori) e poiche' la commedia e' sua, di Pirandello, questi  Archetipi prepotentemente irrompenti sono parte di lui e piu' precisamente quelle "ombre" della sua psiche piu' violentemente ricacciate nel mondo dell'inconscio e li' trattenute e represse fino al momento della loro materializzazione: il Padre: il Rimorso del pensiero, del sentimento e dell'azione sbagliata (Geburah nero); la Madre: il Dolore, la sofferenza viscerale per la totale mancanza di razionalita' e coscienza (Netzach nero);  la Figliastra: la Vendetta, l' odio prima represso e poi reso palese per la ineluttabilita' della sua "caduta" (Tiphereth nero); il Figlio: lo sdegno intellettuale dell' egoismo e della incomprensione (Chesed nero); il Giovinetto: lo Smarrimento e la vergogna per la perdita della coscienza del suo giusto "posto" (Hod nero); la Sorellina: la Tenerezza di una "Luna" la cui poesia e fioritura e' appassita prima di sbocciare (Yesod nero); Madama Pace: la concretizzazione del Male: la mercificazione dell' innocenza, la corruzione dell'integrita', il guadagno illecito; l' inganno spudorato, l' indifferenza spietata verso l' altro ecc.
Uno degli Alberi neri di Pirandello e' dunque qui, offerto su un piatto d'argento artistico e accattivante, giustificato dal Male dilagante della ns/ societa', che si attua perche' siamo deboli (il Padre), incoscienti (la Madre),  pieni di odio (la Figliastra), egoisti (il Figlio). Per espiare questo Male dilagante (Madama Pace, il nome e' provocatorio e antitetico alla sua sostanza, dovrebbe chiamarsi Madama Guerra) il nostro autore offre due capri espiatori: il Giovinetto e la Sorellina e li pone in  "Essere" come "Sacrificio", condanna e punizione per se' e per noi tutti che ci identifichiamo con lui nella sua opera… Ma… Noi? Che cosa possiamo "fare"? Possiamo accettare il tutto o rifiutarlo… cambiarlo o trasformarlo… certo potremmo mutare, per  esempio, il finale del dramma, con il Figlio che accetta la nuova famiglia (la Madre e i fratelli) e con la Figliastra che perdona il Padre… ma non lo facciamo; per il momento ci accontentiamo di porre i "Sei personaggi" sull'Albero e ve li offriamo come frutti velenosi da "Vedere" e non mangiare e ci sembra gia' sufficiente…

 

Grazie. F.V.

 



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