NON SI SA COME
Sintesi
Il dramma fu composto nel ’34 e svolge il tema
trattato nelle novelle “Nel gorgo” (1913)“La realtà del sogno” (1914), “Cinci”
(1932), fu rappresentato per la prima volta nel ‘35 a Roma. E`un dramma
sull’inconscio, la scissione dell’io, e le responsabilità dell’uomo.
Il conte Romeo Daddi, pure innamoratissimo della moglie Bice, ha
commesso adulterio con Ginevra, la moglie dell’amico e compagno
d’infanzia ufficiale di marina Giorgio Vanzi; è stato un ‘delitto’
commesso
non si sa come,
non voluto dai due, dovuto al caldo, al sole, alle cicale, alla
lontananza dei rispettivi consorti. Egli è ora come impazzito. Questo
delitto innocente
fa affiorare il ricordo di un altro
delitto innocente da
lui commesso da ragazzo: l’uccisione di un ragazzino di campagna per un
futile motivo, la cattura di una lucertola, delitto da lui sepolto
nell’oblio e rimasto impunito che pero` ora, insieme all’altro, chiede
condanna ed espiazione. Come è stato possibile il tradimento contro la
sua volontà, e soprattutto, come ha potuto, la irreprensibile,
innamorata e fedele Ginevra, subito dopo, comportarsi con Giorgio,
appena sbarcato da un lungo viaggio, come se assolutamente nulla fosse
accaduto? Il pensiero che anche la moglie Bice, come Ginevra, possa
tradirlo senza volerlo, magari col conte Nicola Respi, amico di
famiglia,
innesca tutto il lavorio interiore del protagonista che, passando per
una certa qual follia, porta all’epilogo drammatico, il classico colpo
di pistola di Giorgio, marito tradito, e la morte di Romeo. Le sue
ultime parole, mentre cade, “Anche questo è umano”
chiudono la storia.
A proposito di questo dramma Pirandello in una intervista cosi`disse: “…nel mondo morale la coscienza si risveglia
come un giudice severissimo e intransigente nell’animo di chi ha
infranto la legge. Il delitto appartiene alla natura, ma il momento
veramente drammatico è quello della giustizia, ed è tanto più drammatico
quanto più il tribunale è invisibile, cioè nella coscienza…”
(da “Pirandello - Maschere nude” ed. Newton)
NON SI SA COME - Natale Missale
Questo dramma è del 1934 ed è figlio di tre novelle:
Nel
gorgo - Cinci - La realtà del sogno.
La trama è semplice. Romeo Daddi, marito di Bice Daddi, e Ginevra Vanzi,
moglie di Giorgio Vanzi, un giorno,
non
si sa come,
tradiscono i rispettivi
coniugi, e dopo, come nulla fosse accaduto, non sentono il benché minimo
senso di colpa. Solo che, improvvisamente, Romeo comincia a sentirsi
mordere dalla coscienza per questo incolpevole delitto e per un altro
innocente delitto commesso trent'anni prima, quand'era ragazzo
(uccisione di un coetaneo). Tutto questo mentre Nicola Respi fa una
corte spietata a Bice, che non cede. Romeo alla fine confessa la sua
colpa a Giorgio che estrae la pistola e lo uccide.
Ciò che inquieta di questo dramma non è il fatto che, non si sa come,
una cosa del genere possa accadere a tutti: è sempre accaduto e
probabilmente accadrà ancora - ma il volere trasformare l'eccezione in
una regola: certe cose accadono,
devono accadere,
per cui non occorre stare in guardia: accada quel che deve accadere,
tanto non ne abbiamo colpa. Facendo suo questo messaggio freudiano,
Pirandello dà una mano a Freud ad appiccare l'incendio che sta
distruggendo la nostra civiltà occidentale, minandola alle fondamenta:
la famiglia. L'istinto va controllato ed è bene predicarne il controllo.
La volontà va sempre esercitata. La mente deve sempre governare
con
l'aiuto del saggio (l'intuizione), sia sul corpo che sui sentimenti e
sulle passioni. Se questa gerarchia viene meno ( e ciò può capitare a
chiunque) scoppiano i drammi e le pazzie alla Romeo
Daddi.
Il
fatto che la psicanalisi parli di un Inconscio che può irrompere in
qualunque momento e spingere a commettere delitti chiunque,
non si sa come;
il fatto che Pirandello in questo suo dramma lo
ribadisca artisticamente; il fatto che mille altri megafoni lo abbiano
ripetuto fino alla nausea, non deve autorizzare nessuno ad abbassare la
guardia. Ripetere che la cosa accade senza che vi sia colpa da parte di
nessuno, e dare all'annuncio la patente della verità attraverso quel
piedistallo che è la cattedra di psicologia o attraverso le mitiche
tavole di un palcoscenico o le pagine di una novella o romanzo, è poco
onesto
e fuorviante. Ripetiamo, può capitare a chiunque,
non si sa come, di commettere sciocchezze e a volte delitti, ma invitare
ad allentare le redini del controllo e a sbeffeggiare i dettami della
morale, è da incoscienti.
Il danno prodotto da Freud in tal senso è stato in un certo qual modo
tamponato da Jung, che ha ricercato sia di reintrodurre il metafisico
(il Sé) attraverso il processo di individuazione consistente nell'unire
Io ed Inconscio, sia di percorrere sentieri per una più approfondita
conoscenza di sé. E' proprio lo stesso Jung che, nel necrologio per la
morte di Freud, parla di questi come di colui che è venuto a completare
la distruzione cominciata da Nietzsche. Attenzione non stiamo sminuendo
la genialità di Freud e la sua scoperta dell'Inconscio, stiamo cercando
di ridimensionare la natura di questo non-conosciuto, che nella mente di
Freud è quasi un surrogato di Dio.
E' incredibile la forza persuasiva che un personaggio di palcoscenico
può avere sulle masse: il fascino della finzione produce più realtà di
quanta ne possa produrre la stessa realtà. Stiamo accusando Pirandello?
Nemmeno per sogno. Tanto più che il grande commediagrafo, accogliendo le
richieste di quel grande attore che fu Alexander Moissi, cambiò (cosa
non certo frequente in lui) il finale di questo dramma, che non
prevedeva né spari né morti,
introducendo una scena
finale diversa: Giorgio che estrae la pistola e uccide Romeo.
Bisogna anche tener conto
del fatto che Pirandello sentiva già il fiato della morte sul collo (due
anni dopo morirà),
e che
questa è l'ultima commedia compiuta da lui scritta. Dopo lascerà
incompiuto il dramma
I
giganti della montagna,
in cui pare avere programmato perfino la morte della propria arte
attraverso la morte di quella Ilse che è l'incarnazione del teatro.
Essendo Non si sa come
l'ultima
opera compiuta, in un certo senso, l'autore, dando la morte a Romeo per
mano di Giorgio, intende rivalutare la funzione della ragione e della
volontà che devono
"comandare" al corpo e
ai suoi sensi ed ai sentimenti e alle passioni. L'istinto è cieco
e tale rimarrà, a meno che
la mente non lo controlli ed incanali dando ad esso le soddisfazioni che
gli sono dovute in quanto componente animale dell'uomo, e non oltre. Se
tutti ci comportassimo come Ginevra e Romeo, sarebbe il caos totale.
Moltissimi sono già sulla buona (si fa per dire) strada sfrenata, ed il
caos è già cominciato da un pezzo. Dopo tutto, la passionalità che
Ginevra riversa nel tradimento è la stessa passionalità che avrebbe
potuto scaricare in un rapporto altrettanto intenso col marito: bastava
aspettare ancora qualche ora e lasciare che le cicale cantassero, che il
sole continuasse a martellare sul sangue, che il profumo della terrra e
la vegetazione tutta continuasse ad inebriare i sensi, fino a che,
tornato il marito altrettanto carico di aspettative e di voglie, tutto
si svolgesse nella più assoluta normalità, cioè all'interno della coppia
familiare. La storia insegna come le comuni, applicazioni pratiche delle
utopie di grandi pensatori, da questo punto di vista (famiglie
allargate, libertà sessuali, e roba del genere), siano sempre fallite
miseramente. D'altro canto, come
è
possibile pensare che una grande famiglia come è la comunità possa
risolvere un intreccio di problematiche quali quelle familiari in
presenza di enormi egoità che noi tutti ci portiamo addosso. Solo una
società di saggi può garantirne la risoluzione, e di questi in giro non
se ne vedono tanti. Una frase come quella che Pirandello mette in bocca
a Romeo nella prima parte del dramma:
Tutta la vita è così! Non si sa come! E la
volontà non ci può nulla!
- è una bomba a orologeria che prima o dopo scoppia
nella mente di qualcuno che in omaggio ad essa abdica alla propria
volontà e lascia che gli istinti impazzino. Né sono da accogliere a
braccia aperte quelle tante frasi dedicate da Romeo all'estasi che egli
ha avuto grazie ai suoi sensi rapiti dal momento panico (arcani silenzi,
brezze primaverili, canti di cicale, caldo cocente, paesaggi stupendi,
ecc.). Con la vera estasi puoi prendere coscienza della tua anima, dell'
Energia Cosmica,
del
Prana
della tradizione indiana o del
Chi
della tradizione
taoista,
dello
Spirito Santo
della tradizione cristiana,
ecc., non ti metterai
certo a commettere adulteri a destra e a manca. Né si possono
sottoscrivere altre frasi che nullificano la volontà e la ragione come:
"Ma
se l'incanto ti prende così forte, che non puoi più sapere quello che
fai? Avviene! Avviene! Non sei più tu; non sai nemmeno dove sei, con chi
sei; una donna è con te…"
Ripetiamo, è accaduto ad ognuno di noi un rapimento dei sensi simile, ma
un certo qual freno ha pur funzionato, se no saremmo tutti dei morti
Romeo Daddi. Questi
delitti innocenti
di cui
parla Romeo, tanto innocenti non sono. Noi siamo convinti che ogni uomo
si forgia il proprio destino con le sue libere scelte: legge di causa ed
effetto. E forse, a volte, la causa potrebbe pure provenire da molto
lontano nel tempo. Tutto è possibile.
Quando il Romeo ragazzo afferra la pietra e colpisce il suo coetaneo è
preda dell'ira, cioè di uno dei sette vizi capitali. Quando un vizio
comanda, la volontà è annientata e gesti estremi
si compiono,
ma non con la formula
non
si sa come,
si
sa il
come:
ci si scorda per un istante di essere uomini dotati di ragione e
intelletto e ci si abbandona alla totale animalità che è ancora in noi.
Accade per questo. Né dopo essersi abbandonati all'ira ed avere ucciso
un essere umano si può affermare:
non ero stato io; io non l'avevo voluto ; non ne sapevo nulla
(è sempre Romeo a parlare). Tu
l'avevi voluto nel momento in cui ti eri abbandonato all'ira: è quello
il momento della scelta: scegliere l'incoscienza è una scelta
consapevole. Ed attenzione, condannando così Romeo noi condanniamo noi
stessi per tutte quelle volte che un vizio ha scatenato i nostri sensi.
Sottolineando questa scelta consapevole noi mettiamo in guardia noi
stessi dal non superare il punto di non ritorno. Poi potrà pure
accadere, ma sarà un'eccezione, come lo era un tempo. Oggi purtroppo la
tesi di Romeo è prevalente e dannosa. Basta guardarsi attorno. Il
buonismo esagerato crea caos e manda segnali pericolosi ai più deboli.
Romeo non fa che predicare una sorta di fatalismo:
"in quel vuoto là
preparato
per attrarci in un attimo"
(la sottolineatura è nostra): qualcuno prepara la trappola. Ma sappiamo
che non è così: la trappola la prepariamo da noi a noi stessi. Ecco
perché la morale, i comandamenti, le leggi, sono fondamentali: essi
costituiscono il recinto entro cui far muovere la parte bestiale di noi,
la nostra animalità. Non è certo l'estasi dei sensi che ci rende esseri
privilegiati rispettto agli animali, ma la ragione, la luce
dell'intelletto. Per questo siamo uomini. Per quanto detto non possiamo
condividere l'ultima parola di Romeo morente (Giorgio gli ha appena
sparato): Anche questo è umano.
L'uccidere non è per niente umano: ancora una volta ha vinto il vizio
dell'ira.
Grazie, Natale Missale
Non si sa come int.
cabalistica
Si
dovrebbero leggere le tre novelle che hanno ispirato questo dramma,
allora i 4 personaggi principali + 1 secondario, che veniamo a conoscere
dai dialoghi a poco a poco, avrebbero per noi una maggiore profondità,
perché conosceremmo le ‘radici’ e quindi, in un certo senso, le
motivazioni delle loro assurde azioni: omicidio, tradimento, pazzia,
suicidio-omicidio. La storia è già tutta nella novella “Il
gorgo”: i nomi dei
‘burattini’ ci sono già tutti, solo
Ginevra, l’adultera,
li`si chiama invece
Gabriella; la donna
senza nome de “La
realtà del sogno”
diventa nel dramma
Donna
Bice, che puo`, anche
se solo
in sogno,
tradire il marito e
averne giustificazione per il fatto che ha avuto un padre troppo
possessivo e severo, ed è insoddisfatta sessualmente;
Romeo
ragazzo infine è il “Cinci”
(da Concetto?), un adolescente pieno di complessi, senza padre, che
uccide un
ragazzo di campagna
apparentemente senza motivo, ma in realtà per sfogare un accumulo di
rabbia e odio repressi. Ecco che ora, con la lettura delle 3 novelle, i
5 personaggi e l’ombra del morticino si sono arricchiti di 2 genitori
che ci sono stati, forse anche troppo, di 2 genitori che sono stati
sicuramente
assenti,
e di una serie di scusanti dovute a errori di educazione, di ingiustizie
sociali, di pregiudizi ecc. ecc..
Noi, come al solito, consideriamo questo dramma di Pirandello come un
suo ‘sogno’ e i vari personaggi da lui immaginati come
sue componenti psichiche che affiorano alla sua (e
alla nostra) coscienza per essere studiate, com-prese e ri-ordinate e
per trasmutarle infine dal loro ‘caos’ al ‘cosmo’ del nostro Albero
Cabalistico…
Cominciamo ad esaminare i vari personaggi: il protagonista è Romeo (=
colui che va in pellegrinaggio a Roma,
in cui ‘Roma’ corrisponde alla Gerusalemme biblica, città della Pace e
della Luce) lo abbiamo identificato con il cuore (Tiphereth, sole
dell’Albero) dello stesso Pirandello che compie per mezzo suo un
ennesimo viaggio all’interno di se stesso, e che abbiamo posto
come al solito sul Malkuth.
La moglie di Romeo, Bice (= da Beatrice, colei che dovrebbe donare
beatitudine),
è la luna, Yesod
dell’Albero, l’acqua cristallina, sempre pronta al pianto e al sogno;
abbiamo posto sul Chesed (=Giustizia) dell’Albero, Giorgio (= che lavora
la terra), l’ufficiale di marina, che in divisa, come giustiziere, nel
finale punisce i delitti di Romeo e
assume cosi`il ruolo del padre, subentrando a
quello che Cinci non ha avuto; Ginevra (= la splendente), sua moglie
l’abbiamo collocata nel Geburah; il suo nome, è lo stesso di quello
della moglie del re Artù dei poemi cavallereschi, che tradisce lo sposo
con Lancillotto, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda; ‘Ginevra’, che
ha sostituito la ‘Gabriella’ della novella, come nome risulta molto più
ricco di significati di ‘Gabriella’ (= fortezza), ma ne ha la stessa
radice, infatti Geburah significa Forza. Infine Nicola (= vincitore del
popolo, ma anche, come S. Klaus = Babbo Natale, o S. Lucia, guida e
luce, al bianco), qui vuol sedurre Bice, rappresenta quindi la
tentazione, la porta dell’albero nero, Yesod.
A monte del ‘viaggio’ di Romeo c’è una situazione di inconscia
sofferenza, per una colpa commessa nel passato: l’uccisione, per ira, di
una parte di sé
(del ragazzo di campagna),
del cacciatore e predatore,
uccisione che è pero` una punizione: egli è stato
stupido e vile perché
non ha saputo trarre dalla caccia, dalla preda conquistata, la giusta
soddisfazione, cioè il godimento di tutta la ‘bellezza’ che
ne
avrebbe potuto ricavare. Questo è il primo delitto, commesso dal
Romeo-Cinci; Cinci è forse diminutivo di Concettino (= concepito senza
peccato); egli, come Caino, uccide il suo gemello e tenta di occultare
il fatto, ma ha come scusanti la mancanza totale di un genitore, il
padre, e quindi del modello, della guida e deve subire annoiato i
rimproveri, forse immeritati, di una madre che non puo` e non sa
educarlo, che producono in lui uno scontento e una insofferenza
esasperata, subito pronta a tramutarsi in furia. Noi abbiamo posto Romeo
–Cinci per il suo primo delitto, nel Tiphereth dell’albero nero, perché
è dal primo delitto impunito e obliato, che deriva il secondo delitto.
L’uccisione di quella parte di sé che rappresenta il ‘ragazzo di
campagna’(figlio) è una ribellione verso il padre (Chesed, Giorgio = che
coltiva la terra), mentre possederne la moglie Ginevra, corrisponde
all’incesto con la ‘madre’, ma non è certamente questo l’incesto
filosofico dell’alchimia, ma solo una caduta, un cedimento incosciente
ad un impulso incontrollato di cui poi il Romeo-Cinci deve pagare il
prezzo a sua volta con la morte, suicidio-omicidio, perche`, date le
circostanze, la confessione dell'adulterio implica la punizione, la
morte. Abbiamo ugualmente posto nel Chesed anche dell’albero nero il
padre
assente
di Cinci che mancando, non ha insegnato al figlio Romeo-Cinci né cosa
sia vera Bellezza (Tiphereth) né cosa sia la vera caccia (= uccidere per
alimentarsi e non per divertimento). Tutto questo ovviamente, nel
mentale, dove andare a caccia per alimentarsi significa cercare
disperatamente nuove idee, nuovi spunti per rinnovarsi e rinascere.
Ma in questo Albero anche l’astrale ha grandi problemi: è
assente
la madre (Hod) della donna senza nome de “La
realtà del sogno”, che
poi diventa, come abbiamo gia` detto, nel dramma che stiamo studiando
Bice,
ad essa, mancando la madre, vale a dire tutta la colonna di sinistra
dell’Albero, non è stato insegnato cosa significhi essere ‘Comprensione’
(Binah), né Forza (Geburah), né Splendore (Hod), e quindi essa non puo`
conoscere il vero Fondamento (Yesod) ed essere se stessa; sono queste
assenze
paterne (Chesed) e materne (Hod) che rendono squilibrato l’Albero e
generano le tragedie al suo interno.
Con la morte di Romeo, (Tiphereth dell'Albero) termina il viaggio, non
resta che prepararsi, e questa volta si spera un po` meglio, per il
viaggio successivo.
Grazie. F.V.
ALBERO CABALISTICO
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