TUTTO PER BENE

 

Il percorso di autoconoscenza è una lunga e interminabile serie di caduta di maschere. Quando per la prima volta l'Osservatore sale in cattedra, il teatrino cui avevamo dato vita per tutto il corso della nostra esistenza, da fucina di improvvisazioni, si trasforma in compagnia stabile con tanto di Regista. La Coscienza ci sbatte in faccia tutti i nostri personaggi, ci fa toccare con mano la loro inconsistenza, e proponendo se stessa come unico vero centro dell'individuo, ci dice: "Io Sono te, riportami a Casa". Ci invita a prendere il largo, a dilagare in un mare di Vita Universale. Sì,tornare a Casa vuol dire abbattere le inesistenti frontiere della propria individualità. Oltre l'apparenza di sé, oltre l'egoità, oltre il senso di essere altro da quella Vita, c'è una strana esperienza del non sé che annulla ogni bugia di "io sono questo", per proporre perentoriamente la verità: "Io Sono Quello".
Molti dei personaggi delle commedie di Pirandello vivono in un mondo simile ai porti delle città di mare, laddove furfanti, imbroglioni, ubriaconi, anziché imbarcarsi preferiscono vegetare in luride taverne ove ad ogni bicchiere è possibile cambiare identità non solo mentale, ma anche fisica (si pensi a un'ubriacatura o una lite). Molti burattini pirandelliani non conoscono la propria identità. A volte gliene viene imposta una nuova dall'esterno - come accade al povero Martino Lori, protagonista di questa commedia - ma in fin dei conti accade solo che ad una maschera se ne sostituisca un'altra. Il Lori, dopo aver saputo la "verità" sul suo passato (che Palma Lori non è figlia sua, ma del suo più caro amico, e che sua moglie, dunque, lo tradiva), altro non fa che smettere le vesti di un personaggio, per indossare quelle di un altro. Egli, lasciandosi catturare dal tempo ormai trascorso e vissuto in un modo che strideva con una "realtà" a lui ignota, vi si rituffa nel disperato tentativo di annullare l'equivoco. La sua certezza di essere stato Lori, il  consigliere di Stato , amico e dipendente del senatore Salvo Manfroni, lo ancora all'ormai morto personaggio, che oggi (!) vorrebbe soddisfazione. Ad un certo punto, "il marinaio sta quasi per imbarcarsi e prendere il largo", fuor di matafora, il Lori sta per prendere in mano la regia di sé mettendo in faccia a figlia e genero una nuova maschera: lui è il vero padre e non il senatore, ma ricade nel suo ruolo di burattino sotto la spinta della figlia che propone un nuovo gioco di parti: io ti vorrò bene davvero, andremo in giro insieme, il mio affetto è reale. A queste affettuose proposte di Palma il vecchio e stanco Lori aggiunge, nel finale della commedia: "tutto per bene?". Dopo di che figlia e genero lo invitano ad uscire con loro: lo accompagneranno a casa in macchina. Questo di Luigi Pirandello è un mondo in cui regista è sempre l'altro, in cui ogni personaggio è costretto a recitare la parte che altri gli impongono. E' lo stato di chi non ha voluto la "propria" volontà.
Ma cosa rappresentano questi personaggi se li poniamo dentro di noi? Chi sono essi per un ricercatore?
Lori è ognuno di noi, e nostra moglie, carne della nostra carne, è la nostra anima. Essa va ben "custodita" perché questo mondo materiale è ricco d'insidie e trappole, che potrebbero indurla a prostituirsi con molta facilità. Se l'anima sposa l'ego, se si unisce al senatore anziché al marito, partorirà una figlia che non  è reale. Solo quando l'ego verrà smascherato questa figlia potrà divenire un abbozzo di Coscienza, che col suo Amore ristabilirà ogni equilibrio. Ma smascherare l'ego è lavoro di una vita. La signorina Cei della commedia, la dama di compagnia di Palma, è quella vocina cui bisogna dare ascolto, quella primissima volta che l'ego ci viene additato come nostro vero ed unico nemico. Quanto al Senatore, per l'appunto l'ego, è smascherabile con relativa facilità: è quella irreale nostra identità che si vuole ingrassare ad ogni costo (Manfroni ruba le formule e le intuizioni del suocero del Lori per pubblicare un libro e dichiararne la sua paternità). L'ego è una mente senz'ali che striscia come un serpente; è un cieco pipistrello che vola nel buio più pesto; un vestito senz'anima; una burla infinita; è un dio che non c'é. L'ego è un sé che non ha realtà, un'ombra che affascina i corpi e le menti; è un politico astuto, un perfetto imbroglione, un'antica parodia che si finge canzone. Imbarchiamoci dunque, lasciando le strette e buie strade della zona dei porti. Angelus Silesius, nel suo "Il Silenzio felice", a proposito della "navigazione spirituale" ci dice: ""E' il mondo il mio mare, capitano lo Spirito di Dio, La nave il mio corpo: è l'anima che torna in porto".


Grazie Nat.  



Indietro