Prologo

 

 

(Un tappeto al centro del palcoscenico con all’interno un eremita. Attorno ad esso un gruppo di gabbiani. Ogni qualvolta l’eremita si alza i gabbiani scappano impauriti. Lui si risiede, si rialza, e riscappano. Alla terza volta fanno solo qualche passo indietro ma senza più paura).

Narratore: In quell’isolotto circondato da un mare pumbleo, autunnale, l’eremita di tanto in tanto  lasciava le sue meditazioni e usciva sulla porta a guardare. I Gabbiani si erano abituati a lui e non fuggivano più. Anzi si aspettavano di essere invitati ad un colloquio o, più probabilmente, ad un banchetto meno faticoso di quello che si procuravano da se stessi ogni giorno. L’eremita li guardava con affetto (mimata), quasi con tenerezza, avrebbe voluto offrire a briciole quel poco pane ed olio che gli restava delle sue provviste, le ultime di quelle che gli avevano lasciato i suoi compagni 40 giorni prima, quando la loro barca si era staccata per l’ultima volta dall’isolotto. Ma più guardava quegli uccelli e più si rendeva conto di quanto fosse pazzo quel suo desiderio di nutrirli.

               Tra lui e i gabbiani si svolgeva ormai un sottile gioco di comunicazione (l’eremita da dentro il cerchio sfiora delicatamente qualche gabbiano, che arretrando di poco e senza più paura si lascia sfiorare. Uno ad uno, li tocca tutti e poi, improvvisamente, il gabbiano più coraggioso guarda l’eremita negli occhi e..)

Gabbiano 1 : Allora, vuoi deciderti a darci da mangiare? siamo affamati (si avvicina al limite del tap-peto e quasi entra).

Eremita: Ho tanto sperato di comunicare con voi in questi quaranta giorni, e di darvi il mio cibo, ma ormai ne é rimasto talmente poco...e voi siete tanti. E poi, poco fa ho sentito la voce di mia Madre che mi diceva di stare attento a voi. Siete piccoli e indifesi, ma siete anche crudeli e avidi. Io credo che, se vi permettessi di entratre nella mia capanna, qualora non avessi più cibo da darvi, spolpereste anche le mie ossa..

Gabbiano 2: Certo (tendendo la mano verso l’eremita), e se tu fossi diventato il vero eremita  ce lo lasceresti fare volentieri. Lieto di essere cibo per noi.

Gabbiano 3: Tutti i Maestri si sono lasciati spolpare dai loro discepoli, è il nostro grande amore di Te che deve consumarti.

Gabbiano 1: Come potresti arrivare dove Tu vuoi se non ti lasciassi assorbire da noi? ( e con un gesto indica tutti i suoi compagni).

Narratore: Intanto il sole calava lentamente all’orizzonte, sul mare divenuto d’argento.

               L’eremita lottava con se stesso, non riusciva a decidersi a far entrare i gabbiani, a tratti udiva la voce di suo Padre che gli diceva di “aprire la porta”, ma ancora risuonava l’eco della voce di sua Madre che gli diceva di tenerla chiusa. Il sole calava sempre più all’orizzonte, e si era immerso a metà del mare, ed il mare intanto aveva intanto mutato i suoi riflessi d’argento in oro. L’eremita spalancò la porta ed i gabbiani si precipitarono dentro, mangiarono tutto quello che c’era (i gabbiani spigolano sul tappeto le ultime briciole), poi quando non ci fu più nulla presero a divorare il corpo dell’eremita che si era sdraiato sull’altare. Il sole era tramontato e all’orizzonte si profilava la barca che avrebbe portato il nuovo eremita. Nella capanna finalmente non c’era più nessuno, nemmeno i gabbiani, solo il Grande Silenzio.

 



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