Teseo
e Arianna
La
Blondetti, nel suo “ Dizionario di mitologia classica”
(Baldini & Castoldi) riporta due etimologie del nome
‘Teseo’ proposte da Plutarco: “ alcuni dicono che fu subito
chiamato Teseo dal deposito (thesis) dei segni di riconoscimento;
secondo altri questo nome gli fu dato da Egeo ad Atene quando lo
riconobbe (themenou) come figlio”.
Le
imprese compiute da questo eroe sono paragonabili a quelle compiute da
Ercole, e per raccotarle tutte ci vorrebbe oltre che parecchio tempo
anche tanto spazio. Il sunto che ne ha fatto Franca nel suo commento
tiene conto dei fatti essenziali, sufficienti per avventurarsi in una
interpretazione personale.
Commento
Egeo,
poiché dalle sue due mogli non aveva avuto
figli, si recò a Delfi e ne chiese il motivo all’oracolo. Fu
il re Pitteo, presso cui si fermò
durante il suo viaggio di ritorno, che comprendendone il
significato, fece in modo che egli si unisse a sua figlia Etra. Prima di
partire nascose la sua spada e i suoi sandali sotto una grossa pietra:
se da grande il loro figlio fosse stato in grado di sollevarla, lo
avrebbe mandato da suo padre ad Atene. Teseo solleva il masso, e con spada e sandali si dirige verso
Atene, che raggiunge dopo avere affrontato e ucciso Sini, Scirone e
Procuste, tre portatori di morte. Dopo essere stato riconosciuto da suo
padre si reca a Creta per uccidere il Minotauro con l’aiuto di
Arianna.
E’ questo un mito “ tessuto” con i fili della Saggezza, si presta
perciò ad essere interpretato come allegoria del ‘ viaggio’ che il
ricercatore dovrà intraprendere per ottenere la Pietra Filosofale, la
Sapienza: Atene. Ognuno di noi, salvo eccezioni (grandi maestri), quando
viene al mondo è una possibilità, nel senso che, se vuole e se ne ha
le doti e le capacità, può intraprendere la strada del ritorno
a…Casa. Tutti abbiamo l’opportunità di contattare in noi le nostre
vere “ origini” , il “ soffio divino” che (vedi Genesi)
all’inizio ci animò. Questo soffio è come una torcia zuppa di
carburante e desiderosa di ardere, ma la scintilla che potrà accenderla
può solo venire dall’Alto: l’alchimista dice che solo per Grazia
del Divino può essere ottenuto il privilegio di poter intraprendere la
Grande Opera. Quali sono i requisiti richiesti, il mito ce lo dice fin
da principio: i mezzi per farsi riconoscere dal…padre sono nascosti in
terra, sotto una grossa pietra. Qui, l’allusione al Vitriol alchemico
è chiara: non occorre andare in nessun posto; non occorrono soldi;
nessuno può scendere in miniera al posto tuo. Tu, e solo tu devi avere
la forza di “ aprire” la terra, da cui riceverai la spada della
discriminazione ed i sandali. Con la prima, seguendo la Natura saprai
tagliare tutti i nodi che ti si presenteranno, e con i secondi potrai
intraprendere il viaggio all’interno di te stesso, per scgombrare la
strada da tutti i ladroni e briganti, che sono la guardia del corpo, in
un certo senso, del grande mostro nascosto-rinchiuso nel Labirinto posto
“ nell’isola che non c’è” (per dirla con Peter Pan), in te
stesso. E’ chiaro che per
poter sollevare la pietra che nasconde spada e sandali, occorre
una gran forza. Ma chi è che cercherà di sollevarla, se non
colui che, stanco di avere cercato la verità in luoghi inappropriati,
comincia ad osservarsi, conoscersi un po’, ed aprire gli occhi quel
tanto che basta, per capire che la rotta deve essere un’altra? Chi
è soddisfatto della vita vegetativa che conduce, quella fatta di
corpo,istinti, passioni ed un po’ di mente focalizzata sull’
“avere” , chi è lontano dall’
“ essere” mille
miglia, giammai sprecherà un solo grammo delle sue energie per
sollevare quel peso. Il vero filosofo alzerà la pietra usando quella
particolare leva chiamata “ punto interrogativo” . Con essa lancia
in aria domande per far piovere risposte. Usandola, il ricercatore del
vero si muove nella danza della pioggia più pazza del mondo, quella che
fa precipitare un’acqua di Vita che puoi chiamare Cristo, Budda, e in
mille altri modi, e che è la sola, paradossalmente, capace di accendere
quella torcia fatta di Soffio: fino a che il Padre non lo riconoscerà,
il viaggio per la Sapienza-Atene, l’alchimista non potrà
intraprenderlo. Se la Scintilla in noi non si consumerà nell’attesa
di un tale evento, l’Avvento non accadrà. La nostalgia di Casa deve
essere forte, potente, incessante; essa va alimentata con ogni respiro,
con ogni battito di cuore, con ogni passo. Tutti i sensi devono stare al
suo servizio, perché lungo il sentiero si presenteranno diversi nemici:
quando lo Spirito individuale si riseglia e vuol tornare alla Fonte,
cominciano le prove. Il
Brigante Sini, che deruba e squarcia i viandanti è l’astuzia con la
quale l’ego riduce a brandelli ogni pensiero o sguardo rivolto
ad…Atene. Il Brigante Scirone è quella parte del nostro illusorio “
io” che tende a far volgere in basso (si fa lavare i piedi) lo sguardo
di chi gurdava in alto, per poi precipitarlo nel mare dei bassi
sentimenti, laddove se non annegherà sarà divorato da una
tartaruga-complice, cioè dalla gravità temporale, dalla lentezza
fisica, dall’ombra della saggezza (la tartaruga, animale sacro, si
ciba di alimenti nobili, vegetali; questa è carnivora, pertanto ne
rappresenta la controparte). Infine Procuste,” accorciando”
o “ allungando” i
viandanti, rappresenta la logica egoica: distorcere i pensieri, “
censurandoli” oppure “ annacquandoli” . Teseo, il nostro
ricercatore, con la vigile attenzione scopre tutti questi trucchi da due
soldi, smaschera i briganti e li “ elimina” con le loro stesse armi:
trasforma la loro “ voce” in
eco giustiziera: la voce grida “ Morte” , ma ritorna alla misera
sorgente e produce morte.
Ma tutti questi sono solo esami di ammissione alla prova finale, quella
dell’uccisione del Minotauro con l’aiuto del filo d’Arianna (il
nome vuol dire “ molto casta” , “ molto pura” ).
Nel momento in cui calpesti il terreno della Sapienza, nell’istante in
cui giungi ad Atene, ti rendi conto di come per anni sono stati
sacrificati al mostro le migliori energie del “ paese” (te stesso):
occorre liberarsi
della bestia. A questo punto, le qualità richieste sono il coraggio e
la purezza: il mondo scaccia l’immondo, l’Amore scaccia l’odio e
lo vince con la sua comprensione…
Teseo
deve dunque recarsi a Creta e compiere l’ultima e conclusiva impresa
(volendone ignorare tante altre) . Quest’isola rappresenta quel
particolare “ luogo” all’interno di noi, isolato da tutto il
resto, con nessun vero collegamento con la nostra vera identità.
Quell’isola è davvero “ l’Isola che non c’è”
, ma quanti ordini insensati, quanti suggerimenti, quanti
orribili imput sono stati dati dal bestione cornuto
figlio dell’attaccamento dell’anima alla terra e all’acqua
inferiore (un toro uscito dal mare)! L’odio di per sé non esiste, ma
quante morti in nome dell’odiare! L’ira di per sé non esiste, ma
quante morti in nome dell’adirarsi! E così via…
Di verbi senza soggetto, come questi, ce ne sono tanti, ma sono tutti
dei clamorosi falsi: il vero nucleo dell’Uomo è Amore, e tutto quello
che non viene da esse è menzogna: ecco il mostro: un figlio nato da una
madre sterile, come diceva quel sapiente che fu (è) Nisargadatta
Maharaij.
Grazie
M.N.
P.S.:
qualcuno storce il naso e ci vuol ricordare che il grande
ricercatore-alchimista Teseo non manterrà la promessa di sposare
Arianna, e che la abbandonerà su un’isola come un oggetto usato,
ecc., ecc. ? Per noi quella
è un’altra storia, e magari ne parleremo in altra occasione.
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