Un sogno di ANNA


Sono in un locale grande, forse un capannone. Ci sono parecchie persone che so di conoscere. L’atmosfera e’ allegra, Giulio e’ con me.
Mi vengono consegnati due libriccini da recapitare a due persone. Dentro la copertina di uno trovo il nome “Fausto Troili” Mi meraviglio molto. Il tizio abita nel palazzo (da sveglia mi ricordo che non si chiama Fausto, ma Giorgio) e con lui non ho mai avuto rapporti a parte il “buongiorno”.
Suona il cellulare: e’ mia zia Maria che vive a New York. Me la trovo davanti. E’ scontenta  per qualcosa. E’ arrivata da Londra dove “ci hanno rubato tutto”
Intanto il gruppo di persone si diverte.  Fabbricano decorazioni colorate. Una donna e’ alle prese con delle galline di cartapesta e le  sta dipingendo a righe multicolori sul fondo del corpo della gallina che e’ bianco. Un uomo sta come “vaccinando” delle galline vive, tagliando qualcosa sotto al becco.
Con la zia raccogliamo delle canne di bambu’ molto alte. Le dico di portarne alcune con lei. Le pieghiamo (!) ed hanno una strana punta, come la testa di un serpente. Quando raggiungiamo il gruppo di persone, le canne sono come fiorite di una infiorescenza rosa, come fosse di ovatta o zucchero filato. Da non so dove ci e’ anche caduto sopra un fiore rosa: sembra un fiore di azalea. Tutti si meravigliano.
La zia Maria deve ripartire: sento che tocca me accompagnarla all’aeroporto, ma stranamente sono proccupata per il mio ritorno.  Per finire mi trovo su un pulmino con tutto il gruppo di persone per accompagnarla alla partenza.
Dopo vedo degli occhiali su una sedia.  Penso siano i miei: ma no, i miei li ho sul naso! Provo comunque a mettermeli: li prendo in mano e mi rendo conto che le due lenti sono diventate tre. Ne vedo una ovale, verticale in mezzo alle altre due e anzi, con meraviglia, ne vedo un’altra piccolina sulla punta di quella ovale. E’ fermata da un fiocchetto d’oro.
L’atmosfera del gruppo e’ cambiata. C’e’ tensione. Qualcuno fa un commento che non ricordo. Ribatto acida, e rivolgendomi a Giulio gli dico che abbiamo girato il mondo, ma tante cose non le abbiamo viste ne’ fatte. Ci rimane male. Mi dispiace molto, ma in fondo sono contenta di aver detto quello che pensavo.
Mi sveglio... e meno male!

 

   

Sogno Anna - interpretazione di  Franca Vascellari

Il capannone (= grande capanna = grande casa = Tempio) fa pensare al luogo di riunione del “gruppo onirico” oppure all’interiorita’ propria della sognatrice con le sue varie componenti, qualita’ o potenze (Sephiroth), ma le due simbologie sono complementari e l’una deriva dall’altra in quanto il sogno stesso e’ nato dall’esigenza di conoscere l’interiorita’ attraverso il lavoro del gruppo. Qui troviamo “Giulio”(= sacro a Giove= Chesed) il marito defunto di Anna ( = Dio ha concesso la Grazia) che corrisponderebbe quindi a Geburah, Marte, controparte femminile opposta e complementare:  la situazione e’ equilibrata e  favorevole alla conoscenza desiderata, le altre persone non sono denominate, ma la sognatrice “sa di conoscerle”: l’Albero e’ ben sviluppato e noto, l’atmosfera e’ “allegra”(= attiva, lieta, vivace).
“Mi vengono consegnati due libriccini”: sembrano i due libri della contabilita’ interiore,  del “dare” e dell’”avere” delle buone e delle cattive azioni della vita,  relative all’angelo e al demone che ciascuno porta con se’. In uno dei due libri la sognatrice trova il nome Fausto (= favorevole, buono) Troili [in inglese Tro’li = trolley = ruota (chakra, sephirah) che camminando su di un filo trasmette la corrente, formando i sentieri dell’Albero]; la sognatrice si meraviglia, perche’ il tizio abita nel “palazzo” (ricordiamo le stanze del Castello interiore di S. Teresa d’Avila) ma con lui non ha avuto altro rapporto che il “buongiorno” e nello stato di veglia tale persona si chiama “Giorgio” ( = contadino o coltivatore del campo, ricordiamo che il Coltivatore del Campo della B. Gita e’ Krishna)... tutto sembra coicidere: nel Tempio, ricevuti i due libriccini, Anna conosce il Nome del suo Angelo o Maestro interiore,  lo conosceva anche prima,  come Coltivatore del campo e portatore del “buongiorno” ma ora sa che e’ Favorevole. Vediamo il seguito del sogno.
“Suona il cellulare” = rispondere al cellulare quando si parla di Angelo Custode (Fausto) significa essere sensibili ai suoi suggerimenti:  la zia (ancora relativa a Geburah, in essa ritroviamo la componente mentale-razionale della sognatrice che in effetti ha vissuto in America) Maria (=amata da Dio) che vive a New York ( in America, la terra aldila’ dell’oceano = Briah)  e’ ora dinanzi ad Anna ed e’ scontenta di “qualcosa”: e’ arrivata da “Londra” (= barca a remi= viaggio faticoso attraverso l’acqua di Yetzirah) dove “ci hanno rubato tutto”:  e’ chiaro  il messaggio: rimanendo legata al mondo astro-mentale,  e non trascendendo quella realta’  effimera  la sognatrice teme la “perdita” del Tutto.
Il sogno continua con la descrizione di cio’ che “si fa” nel Capannone o nel Tempio:una donna decora “galline di cartapesta” un uomo “vaccina galline vive” = sembra un quadro alchemico: e’ come se ci fosse una “forma esterna” (= donna) che si occupa della decorazione delle galline finte e una “sostanza interna” (=uomo) per cui si vaccinano galline vive (il vaccino rende immuni dalle “malattie”)= nel Tempio si guarisce. La sognatrice si decide ad entrare con la zia (la mente= la volonta’) nel “Tempio” e a partecipare ai giuochi: vengono raccolte le canne di bambu’ ( la canna, con i suoi nodi simboleggia la colonna vertebrale con i chakra); piegare le canne significa  lavorare sulla colonna e sui centri relativi, la “strana punta”come la testa di un serpente riporta ancora alla Kundalini, l’energia che scorre nella colonna e cosi’ pure la fioritura delle canne allo sviluppo dei chakra e il fiore di azalea alla fioritura del fiore dei fiori: Daath, la Coscienza.
Tutti si meravigliano ( da meraviglia= mirabile, incredibile, che lascia stupiti): si raggiunge un momento di particolare esperienza. Poi si torna alla realta’ quotidiana, (la zia deve partire  e tutto il gruppo l’accompagna all’aeroporto): la mente torna alla normalita’ ma qualcosa e’ cambiato nel modo di “vedere”: sono disponibili, su una sedia, occhiali molto particolari a tre lenti e con sopra una lente piccolina e un fiocchetto d’oro: una chiara simbologia del terzo occhio o Daath.
Tornando a “terra” ci si rende conto delle  tensioni provocate dal vedere le cose con quelle particolari lenti  e si e’ pronti a ribattere “acidi” = corrosivi: la mente e’ divisa, contrastata nelle sue componenti (Giulio ci rimane male) ma e’ bene aver preso coscienza di questi contrasti interni.
Svegliarsi e’ “ meno male!” e significa: era ora!!! 


Grazie. F.V.

 

 

 

 

Sogno Anna - interpretazione di Natale Misale

E' il primo sogno di Anna. In esso dovremmo poter scorgere tutto ciò che riguarderà il suo rapporto col gruppo onirico, nonché tutto il percorso della sua ricerca all'interno di esso. La meta sarà la conoscenza di tutte quelle parti di sé che agiscono, che contano, che influenzano, ma che anche "si nascondono" alla vista della consapevolezza, ed infine la "conoscenza" di Ciò che conosce.  La sognatrice oltre che nel capannone, nel locale grande in cui vi sono persone che conosce, cioè il luogo fisico in cui ci riuniamo, sta entrando anche e soprattutto dentro se stessa. La sua psiche è spaziosa e ricca di persone, cioè di maschere, di personaggi (suoi burattini), che lei sa di conoscere. Anna sta partendo da un punto di vista privilegiato: entra in se stessa non da estranea, ma sicura della sua identità.  L'atmosfera allegra suggerisce l'idea che questo momento di introspezione accada durante una fase positiva e relativamente serena della sua vita, ma soprattutto in un periodo di alto utilizzo della sfera razionale ("Giulio è con me"), cioè lei terrà in massimo conto dei suggerimenti della sua mente razionale."Mi vengono consegnati due libriccini da recapitare a due persone". Una volta la saggezza camminava insieme ai saggi, oggi essa si muove coi libri. I due libriccini rappresentano dunque due messaggi di saggezza che la sognatrice deve consegnare a due sue componenti, a due sue maschere: una si chiama "Fausto" e l'altro "Giorgio". Le due maschere sono indossate dalla sognatrice inconsciamente, con esse non ha rapporto di amicizia, cioè non ne ha preso coscienza, non le conosce bene. Il nome Fausto ci ha riservato parecchie sorprese. Innanzitutto ci ha colpito  come tale nome è stato portato da tantissimi santi martiri.  Poi perché dal latino abbiamo ovviamente ricavato "felice", "fausto"; ed infine dal tedesco abbiamo appreso che Faust  vuol dire "pugno".  Quanto a Giorgio, dal tardo greco e bizantino Gheorghios apprendiamo che vuol dire "agricoltore". Non va certo trascurato che San Giorgio Martire ha ucciso il drago simbolo del male. Il messaggio che il Sé consegna ad Anna è chiaro: Fausto è la personalità che si dibatte fra sofferenze (martiri), lotte (pugno) e felicità (fausto), ed alla quale va consegnato uno dei due libri. Giorgio è il nucleo di questa personalità che senza agganci col Sé è una debolezza, e col gli agganci al Sé è una forza. Per fare un esempio: senza agganci è come il mozzo di una ruota che non ha raggi e non ha cerchioni, che è dappertutto ma che di fatto non esiste; mentre con agganci è un mozzo di una ruota di carretto che mi sta davanti: è vuoto come quello ma c'é. In un libriccino c'è scritto: "ti ho scoperto, sei solo un umile servitore e non un re". Nell'altro c'è scritto: "illusione e ignoranza sono il male, sconfiggili". Ma ecco che "Suona il cellulare: è mia zia Maria che vive a New York. Me la trovo davanti".  Non appena le vengono consegnati i due libretti con tutto quello che essi rappresentano, prima squilla il cellulare e poi davanti alla sognatrice compare un suo parente, sua zia da New York.  L'ego si ribella subito, fa squillare il telefono (distrae subito Anna), ma il Sé, con una mossa strategica contrattacca: quella persona che avrebbe dovuto trovarsi a migliaia di chilometri è simbolo di qualcosa che lei ha dentro, e cioè la cittadina, l'amante delle distrazioni dell'urbe. Non che ci sia qualcosa di sbagliato nelle città, anzi, ma quando una persona si fa catturare dalle cose inutili della città dietro la spinta di bombardamenti pubblicitari, anziché viverne gli spazi e le persone per scopi utili e giusti, allora diventa più che cittadino, cioè soggetto della città, un oggetto in mano a venditori di fumo.  La zia "viene" da Londra, dove le hanno rubato tutto. Le ultime vicende terroristiche, al di là del fatto criminale, hanno profondamente segnato la sognatrice (come del resto tutti noi), ci hanno fatto capire che le città sono delle falsi madri che non sono in grado di proteggere noi loro figli; ci hanno fatto toccare con mano il falso senso di potenza che esse suscitavano in noi: l'unione di più persone che si regge su vincoli creati da falsi valori non crea alcuna forza, ma indebolisce i soggetti. Una volta, pressoché in ogni quartiere della città vi era una parrocchia che costituiva un vero e proprio ganglio spirituale che insieme con tutti gli altri  dava vita all'anima della city. Oggi le nostre città sono senz' anima, e la loro finta bellezza è frutto di interventi epidermici: belle senz' anima come certe bellezze al silicone.  A dire "ci hanno rubato tutto" è la voce dell'ego, che come un serpente ha sempre cercato di impadronirsi della coscienza, ma che da ogni struttura babelica è sempre precipitato in malo modo e rovinosamente.  Se le cattedrali sono preghiere elevate al cielo dalla comunità, le torri babeliche sono bestemmie. Non mi si fraintenda, sto solo interpretando i simboli e le metafore del sogno di Anna: le migliaia di vittime delle due torri gemelle americane con la babele c'entrano poco.  Ma torniamo al sogno.  Adesso la sognatrice dà una sbiarciatina al gruppo, all'interno del quale nota tre cose: si divertono, colorano, vaccinano. In effetti è così, perché il gruppo onirico, pur lavorando seriamente, si diverte; poi perché non fa altro, interpretando i sogni, che colorare quanto già sta lì nella sua essenzialità; ed infine vaccina tagliando ogni cosa posticcia e falsa (i bargigli somigliano molto a dei pendenti, a quegli orecchini che dovrebbero servire per abbellire la persona, la maschera. Anche qui precisiamo che non ce l'abbiamo col la bijiotteria e con belle ragazze truccate e piene di vita, ma non condividiamo le idee di chi fa di queste cose superficiali il fine della vita. Subito dopo ecco Anna ancora alle prese con la zia. In una preghiera-invocazione alla Spirito Santo nello stesso gruppo recitiamo: …"piega ciò che è rigido", ed ecco che in questa "scena" la sognatrice e la sua parente piegano delle alte canne di bambù le cui punte hanno testa di serpente, ma che quando vengono portate al gruppo cominciano a fiorire. E' un modo di esternare le proprie convinzioni: quando si lavora in gruppo, le cose che viste da un solo punto di vista sembravano rigide e immodificabili,appaiono "pieghevoli", manovrabili. Insomma da ogni problema si puo trarre un insegnamento; oppure da ogni irrigidimento personale, in gruppo, si può ricavare insegnamento.
Finalmente la sognatrice decide di accompagnare zia Maria, ma di fatto lo farà con l'aiuto del gruppo… Solo allora il Sé le porge un nuovo tipo di occhiali, quelli a tre lenti. Se la sognatrice lavorerà sodo su di sé, se coltiverà  bene il suo campo, alla fine, oltre all'occhio del corpo e all'occhio del cuore, guadagnerà l'occhio della mente, che le viene proposto col fiocchetto d'oro per significare che attraverso di esso si può vedere con saggezza. Ma…colpo di scena: "l'atmosfera del gruppo è cambiata. C'è tensione". Il sogno sta per finire e la sognatrice con la sua personalità, con la sua maschera riprende il sopravvento: qualcuno nel suo commento ha detto qualche cosa che ha ferito il suo ego, e con la sua razionalità (con Giulio) dice quel che pensa dei commenti.
"Mi sveglio…e meno male": la recita riprende…

 

 


ANNA - Fantasticherie interpretative di Maurizio

“Sono in un locale grande, forse un capannone. Ci sono parecchie persone che so di conoscere. L’atmosfera è allegra, Giulio è con me.”
L’inizio dell’evento onirico presentatoci da Anna si svolge in un ampio locale, un capannone al cui interno ci sono persone conosciute e anche Giulio, marito della sognatrice e caro amico del nostro gruppo, oggi scomparso. La grande costruzione rappresenta con tutta probabilità il campo di consapevolezza della sognatrice, il ‘campo vitale’, la configurazione psichica: ampia, accogliente, formatasi attraverso molteplici esperienze; ci sono anche tante ‘persone’: quest’ultima parola, come sappiamo, deriva dal greco e significa ‘maschere’, alludendo ai ruoli, alle parti di noi, alle sfaccettature della nostra ‘personalità’. L’allegria indica un armonico atteggiamento di fondo, una certa capacità di sdrammatizzare, di tendere alla serenità, caratteristica piuttosto ben riconoscibile nella stessa Anna.
“Mi vengono consegnati due libbricini da recapitare a due persone. Dentro la copertina trovo il nome di ‘Fausto Troili’. Mi meraviglio molto. Il tizio abita nel palazzo (da sveglia mi ricordo che si non chiama Fausto ma Giorgio), e con lui non ho mai avuto rapporti a parte il ‘buongiorno’.”
La parola ‘libbricini’ contiene il refuso della doppia ‘b’. La ‘b’ è una labiale particolarmente connessa con la lallazione, il linguaggio infantile; anche la terminazione in –ini, libricini, essendo un diminutivo, è simbolicamente in relazione con i bambini piccoli. Chi sono, allora, le ‘due persone’ cui questi dovranno essere recapitati? Sviluppando la linea interpretativa dell’infanzia, dovremmo pensare ai genitori, quindi alla coscienza adulta, probabilmente ai ‘genitori interni’ della sognatrice. Dall’anagramma di Fausto Troili, inoltre, si ottiene ‘il fausto rito’; unito al ‘buongiorno’, associazione fornitaci dal racconto onirico, ricaviamo che probabilmente si allude alle aspettative positive dell’inizio della vita, durante il mattino dell’esistenza. Siamo di fronte a riflessioni di Anna su propri desideri profondi, su esigenze che lei stessa considera illusorie o infantili rispetto ad una consapevolezza ‘adulta’?
“Suona il cellulare: è mia zia Maria che vive a New York. Me la trovo davanti. E’ scontenta per qualcosa. E’ arrivata da Londra dove “ci hanno rubato tutto.”
Londra, rispetto a New York, è nel ‘vecchio continente’, e qui alla zia Maria – anch’essa considerabile simbolo onirico di una parte della sognatrice, di una sua ‘persona’ - è stato rubato tutto: le aspettative della vita, i sogni, sono rimasti per certi aspetti delusi. Il confronto è fra ‘New’ York, il nuovo mondo, la realtà ideale, la libertà, le infinite possibilità dell’America, e il frustrante, limitante e deprivante ‘vecchio’ mondo, forse metafora della realtà ‘concreta’, difficile e senza troppe speranze o illusioni. In questo momento storico, inoltre, su New York pesa proprio una grande distruzione dei propri ideali e un grande dolore, e sicuramente questo incide sull’immaginario onirico.
“Intanto il gruppo si diverte. Fabbricano decorazioni colorate. Una donna è alle prese con delle galline di cartapesta e le sta dipingendo a righe multicolori sul fondo del corpo della gallina che è bianco.”
Il gruppo di persone fa decorazioni colorate, ci sono galline di cartapesta bianche che vengono colorate. L’allegria di cui già si faceva cenno, dunque, è anche un modo per nascondere il senso di delusione rispetto alle aspettative ‘infantili’. La cartapesta allude a qualcosa di ‘non reale’, illusorio;  fa anche venire il mente le maschere: in questo caso mascherarsi per mostrare che tutto va bene. La ‘decorazione’ è un’armonia formale, accessoria, di copertura. Le galline sono produttrici di uova, e queste ultime sono simbolo di completezza, di integrazione. Qui, però, le galline sono di cartapesta, finte. Il colore conferisce solo un’apparenza di vita e di emozioni positive.
“Un uomo sta come ‘vaccinando’ delle galline vive, tagliando qualcosa da sotto al becco.”
Le galline ‘vive’, cioè vere, quelle che fanno davvero le uova, vengono vaccinate: un modo di proteggersi dalla sofferenza e dalla delusione, diventando ‘adulti e vaccinati’, cioè usi al dolore, imperturbabili rispetto agli ostacoli che la vita propone. Il vaccino consiste nel tagliare qualcosa da sotto il becco. Il ‘becco’, strumento con cui la gallina cerca nutrimento nel terreno, ricorda anche l’insoddisfazione, come nella frase “a becco asciutto”, soprattutto se sottoposto a taglio, cioè a privazione; ‘becco’ è anche in assonanza con ‘bocca’; quindi, ‘tagliare qualcosa’ può significare stare zitti, non lamentarsi.
“Con la zia raccogliamo delle canne di bambù molto alte. Le dico di portarne alcune con lei. Le pieghiamo (!) ed hanno una strana punta, come la testa di un serpente.”
In ‘bambù’ ritroviamo la doppia labiale ‘b’, e ancora la somiglianza del termine con possibili espressioni di carattere infantile: ‘bumba’, ‘bimba’, eccetera. Le ‘canne’ sono potenzialità, sia per la loro capacità di crescita, di flessibilità, di integrazione dei ‘nodi’, cioè degli ostacoli, sia ipotizzando il possibile accostamento fonetico con l’inglese ‘can’, potere: non bisogna dimenticare che la sognatrice ha una buona conoscenza della lingua inglese, e raccoglie le canne con la zia Maria che vive in America. Le canne sono anche strumenti o bastoni di appoggio per andare avanti nel cammino. Piegarle significa ridimensionarle. La forma delle estremità a  ‘testa di serpente’ ricorda la loro pericolosità, le capacità di automistificazione e fascinazione della mente: in realtà la sognatrice sembra pensare che dare ascolto alle proprie potenzialità immaginative significa rimettersi in discussione ed esporsi a possibili delusioni.
“Quando raggiungiamo il gruppo di persone, le canne sono come fiorite di una infiorescenza rosa, come fosse di ovatta o zucchero filato. Da non so dove ci è anche caduto sopra un fiore di azalea. Tutti si meravigliano.”
Le canne fioriscono e le infiorescenze assomigliano ad ovatta o zucchero filato: ancora le impressioni infantili, i sogni ‘rosei’, le nuvole, forse i pericoli del ‘palese dei balocchi’. ‘Azalea’ viene dal greco e significa ‘arida’, probabilmente perché il fiore può vivere in condizioni difficili, di siccità. In un certo senso, con questi simboli onirici, sembra che ci si chieda fino a che punto i desideri e le aspettative accantonate, dimenticate, possano fiorire nuovamente, sia pure nell’aridità della maturità e della smaliziata disillusione sulla vita.
“La zia Maria deve ripartire: sento che tocca a me accompagnarla all’aereoporto, ma stranamente sono preoccupata per il mio ritorno. Per finire mi trovo su un pulmino con tutto il gruppo di persone per accompagnarla alla partenza.”
Tutto sommato la zia può riandare a New York e riprendere ad alloggiare nel ‘nuovo mondo’, nell’ideale, come fosse un personaggio della fantasia. La sognatrice l’accompagna, ma ha paura di ritornare indietro, cioè ha paura di sperare nuovamente, teme il ritorno al quotidiano, alla cosiddetta realtà, non si fida dell’’atterraggio’. Sente di aver bisogno di aiuto. Forse, in questo caso, il gruppo di persone che aiuta è il  nostro ‘gruppo onirico’
“Dopo vedo degli occhiali su una sedia. Penso che siano i miei: ma no, i miei li ho sul naso! Provo comunque a mettermeli: li prendo in mano e mi rendo conto che le due lenti sono diventate tre. Ne vedo una ovale verticale in mezzo alle due e anzi, con meraviglia, ne vedo un’altra piccolina sulla punta di quella ovale. E’ fermata da un fiocchetto d’oro.”
Esistono tanti modi di vedere una stessa cosa. Oltre alla visione ordinaria ci sono gli ‘occhiali’, e qui sono descritte quattro ‘lenti’. Curiosamente nel buddismo - considerando gli occhi come possibilità di comprendere, vedere, interpretare, pensare - sono descritti proprio cinque tipi di ‘occhi’: oltre all’occhio comune, c’è l’occhio ‘divino’, quello della ‘legge’, quello del ‘bodhisattva’, e quello dorato del ‘Buddha’. La realtà ha tanti aspetti, e si dimostra diversa a seconda della saggezza e della profondità della nostra capacità percettiva. Questo, in effetti, è il più alto messaggio di questo sogno, il suo vertice terapeutico.
“L’atmosfera del gruppo è cambiata. C’è tensione. Qualcuno fa un commento che non ricordo. Ribatto acida, e rivolgendomi a Giulio, gli dico che abbiamo girato il mondo ma tante cose non le abbiamo viste né fatte. Ci rimane male. Mi dispiace molto, ma in fondo sono contenta di aver detto quello che pensavo.”
La ‘tensione’ finale prelude all’espressione del problema fondamentale proposto dal sogno: il rimprovero a Giulio. “Non abbiamo fatto né visto abbastanza, pur avendo girato il mondo”.  L’amarezza della frase potrebbe interpretarsi meglio con: “Dopo tante esperienze insieme, ora non ci sei più, non possiamo continuare a condividere, quindi quello che abbiamo fatto non basta a riempire l’attuale vuoto.” E’ un rimprovero struggente a Giulio e anche alla vita stessa. E’ veramente molto importante, come Anna stessa racconta, che sia stato espresso.

 

Indietro