Sono in un locale grande, forse un capannone. Ci sono
parecchie persone che so di conoscere. L’atmosfera e’ allegra, Giulio
e’ con me.
Mi vengono consegnati due libriccini da recapitare a
due persone. Dentro la copertina di uno trovo il nome “Fausto Troili”
Mi meraviglio molto. Il tizio abita nel palazzo (da sveglia mi ricordo che
non si chiama Fausto, ma Giorgio) e con lui non ho mai avuto rapporti a
parte il “buongiorno”.
Suona il cellulare: e’ mia zia Maria che vive a New
York. Me la trovo davanti. E’ scontenta
per qualcosa. E’ arrivata da Londra dove “ci hanno rubato
tutto”
Intanto il gruppo di persone si diverte.
Fabbricano decorazioni colorate. Una donna e’ alle prese con
delle galline di cartapesta e le sta dipingendo a righe multicolori sul fondo del corpo della
gallina che e’ bianco. Un uomo sta come “vaccinando” delle galline
vive, tagliando qualcosa sotto al becco.
Con la zia raccogliamo delle canne di bambu’ molto
alte. Le dico di portarne alcune con lei. Le pieghiamo (!) ed hanno una
strana punta, come la testa di un serpente. Quando raggiungiamo il gruppo
di persone, le canne sono come fiorite di una infiorescenza rosa, come
fosse di ovatta o zucchero filato. Da non so dove ci e’ anche caduto
sopra un fiore rosa: sembra un fiore di azalea. Tutti si meravigliano.
La zia Maria deve ripartire: sento che tocca me
accompagnarla all’aeroporto, ma stranamente sono proccupata per il mio
ritorno. Per finire mi trovo
su un pulmino con tutto il gruppo di persone per accompagnarla alla
partenza.
Dopo vedo degli occhiali su una sedia.
Penso siano i miei: ma no, i miei li ho sul naso! Provo comunque a
mettermeli: li prendo in mano e mi rendo conto che le due lenti sono
diventate tre. Ne vedo una ovale, verticale in mezzo alle altre due e
anzi, con meraviglia, ne vedo un’altra piccolina sulla punta di quella
ovale. E’ fermata da un fiocchetto d’oro.
L’atmosfera del gruppo e’ cambiata. C’e’
tensione. Qualcuno fa un commento che non ricordo. Ribatto acida, e
rivolgendomi a Giulio gli dico che abbiamo girato il mondo, ma tante cose
non le abbiamo viste ne’ fatte. Ci rimane male. Mi dispiace molto, ma in
fondo sono contenta di aver detto quello che pensavo.
Mi sveglio... e meno male!
Sogno Anna
- interpretazione di Franca Vascellari
Il capannone (= grande capanna = grande casa =
Tempio) fa pensare al luogo di riunione del “gruppo onirico” oppure
all’interiorita’ propria della sognatrice con le sue varie componenti,
qualita’ o potenze (Sephiroth), ma le due simbologie sono complementari
e l’una deriva dall’altra in quanto il sogno stesso e’ nato
dall’esigenza di conoscere l’interiorita’ attraverso il lavoro del
gruppo. Qui troviamo “Giulio”(= sacro a Giove= Chesed) il marito
defunto di Anna ( = Dio ha concesso la Grazia) che corrisponderebbe quindi
a Geburah, Marte, controparte femminile opposta e complementare:
la situazione e’ equilibrata e
favorevole alla conoscenza desiderata, le altre persone non sono
denominate, ma la sognatrice “sa di conoscerle”: l’Albero e’ ben
sviluppato e noto, l’atmosfera e’ “allegra”(= attiva, lieta,
vivace).
“Mi vengono consegnati due libriccini”: sembrano
i due libri della contabilita’ interiore,
del “dare” e dell’”avere” delle buone e delle cattive
azioni della vita, relative
all’angelo e al demone che ciascuno porta con se’. In uno dei due
libri la sognatrice trova il nome Fausto (= favorevole, buono) Troili [in
inglese Tro’li = trolley = ruota (chakra, sephirah) che camminando su di
un filo trasmette la corrente, formando i sentieri dell’Albero]; la
sognatrice si meraviglia, perche’ il tizio abita nel “palazzo”
(ricordiamo le stanze del Castello interiore di S. Teresa d’Avila) ma
con lui non ha avuto altro rapporto che il “buongiorno” e nello stato
di veglia tale persona si chiama “Giorgio” ( = contadino o coltivatore
del campo, ricordiamo che il Coltivatore del Campo della B. Gita e’
Krishna)... tutto sembra coicidere: nel Tempio, ricevuti i due libriccini,
Anna conosce il Nome del suo Angelo o Maestro interiore,
lo conosceva anche prima, come
Coltivatore del campo e portatore del “buongiorno” ma ora sa che e’
Favorevole. Vediamo il seguito del sogno.
“Suona il cellulare” = rispondere al cellulare
quando si parla di Angelo Custode (Fausto) significa essere sensibili ai
suoi suggerimenti: la zia
(ancora relativa a Geburah, in essa ritroviamo la componente
mentale-razionale della sognatrice che in effetti ha vissuto in America)
Maria (=amata da Dio) che vive a New York ( in America, la terra aldila’
dell’oceano = Briah) e’ ora dinanzi ad Anna ed e’ scontenta di “qualcosa”:
e’ arrivata da “Londra” (= barca a remi= viaggio faticoso attraverso
l’acqua di Yetzirah) dove “ci hanno rubato tutto”:
e’ chiaro il
messaggio: rimanendo legata al mondo astro-mentale,
e non trascendendo quella realta’
effimera la sognatrice
teme la “perdita” del Tutto.
Il sogno continua con la descrizione di cio’ che
“si fa” nel Capannone o nel Tempio:una donna decora “galline di
cartapesta” un uomo “vaccina galline vive” = sembra un quadro
alchemico: e’ come se ci fosse una “forma esterna” (= donna) che si
occupa della decorazione delle galline finte e una “sostanza interna”
(=uomo) per cui si vaccinano galline vive (il vaccino rende immuni dalle
“malattie”)= nel Tempio si guarisce. La sognatrice si decide ad
entrare con la zia (la mente= la volonta’) nel “Tempio” e a
partecipare ai giuochi: vengono raccolte le canne di bambu’ ( la canna,
con i suoi nodi simboleggia la colonna vertebrale con i chakra); piegare
le canne significa lavorare
sulla colonna e sui centri relativi, la “strana punta”come la testa di
un serpente riporta ancora alla Kundalini, l’energia che scorre nella
colonna e cosi’ pure la fioritura delle canne allo sviluppo dei chakra e
il fiore di azalea alla fioritura del fiore dei fiori: Daath, la
Coscienza.
Tutti si meravigliano ( da meraviglia= mirabile,
incredibile, che lascia stupiti): si raggiunge un momento di particolare
esperienza. Poi si torna alla realta’ quotidiana, (la zia deve partire
e tutto il gruppo l’accompagna all’aeroporto): la mente torna
alla normalita’ ma qualcosa e’ cambiato nel modo di “vedere”: sono
disponibili, su una sedia, occhiali molto particolari a tre lenti e con
sopra una lente piccolina e un fiocchetto d’oro: una chiara simbologia
del terzo occhio o Daath.
Tornando a “terra” ci si rende conto delle
tensioni provocate dal vedere le cose con quelle particolari lenti
e si e’ pronti a ribattere “acidi” = corrosivi: la mente e’
divisa, contrastata nelle sue componenti (Giulio ci rimane male) ma e’
bene aver preso coscienza di questi contrasti interni.
Svegliarsi e’ “ meno male!” e significa: era
ora!!!
Grazie. F.V.
Sogno
Anna - interpretazione di Natale Misale
E' il primo
sogno di Anna. In esso dovremmo poter scorgere tutto ciò che riguarderà
il suo rapporto col gruppo onirico, nonché tutto il percorso della sua
ricerca all'interno di esso. La meta sarà la conoscenza di tutte quelle
parti di sé che agiscono, che contano, che influenzano, ma che anche
"si nascondono" alla vista della consapevolezza, ed infine la
"conoscenza" di Ciò che conosce.
La sognatrice oltre che nel capannone, nel locale grande in cui vi
sono persone che conosce, cioè il luogo fisico in cui ci riuniamo, sta
entrando anche e soprattutto dentro se stessa. La sua psiche è spaziosa e
ricca di persone, cioè di maschere, di personaggi (suoi burattini), che
lei sa di conoscere. Anna sta partendo da un punto di vista privilegiato:
entra in se stessa non da estranea, ma sicura della sua identità.
L'atmosfera allegra suggerisce l'idea che questo momento di
introspezione accada durante una fase positiva e relativamente serena
della sua vita, ma soprattutto in un periodo di alto utilizzo della sfera
razionale ("Giulio è con me"), cioè lei terrà in massimo
conto dei suggerimenti della sua mente razionale."Mi vengono
consegnati due libriccini da recapitare a due persone". Una volta la
saggezza camminava insieme ai saggi, oggi essa si muove coi libri. I due
libriccini rappresentano dunque due messaggi di saggezza che la sognatrice
deve consegnare a due sue componenti, a due sue maschere: una si chiama
"Fausto" e l'altro "Giorgio". Le due maschere sono
indossate dalla sognatrice inconsciamente, con esse non ha rapporto di
amicizia, cioè non ne ha preso coscienza, non le conosce bene. Il nome
Fausto ci ha riservato parecchie sorprese. Innanzitutto ci ha colpito
come tale nome è stato portato da tantissimi santi martiri.
Poi perché dal latino abbiamo ovviamente ricavato
"felice", "fausto"; ed infine dal tedesco abbiamo
appreso che Faust vuol dire
"pugno". Quanto a
Giorgio, dal tardo greco e bizantino Gheorghios apprendiamo che vuol dire
"agricoltore". Non va certo trascurato che San Giorgio Martire
ha ucciso il drago simbolo del male. Il messaggio che il Sé consegna ad
Anna è chiaro: Fausto è la personalità che si dibatte fra sofferenze
(martiri), lotte (pugno) e felicità (fausto), ed alla quale va consegnato
uno dei due libri. Giorgio è il nucleo di questa personalità che senza
agganci col Sé è una debolezza, e col gli agganci al Sé è una forza.
Per fare un esempio: senza agganci è come il mozzo di una ruota che non
ha raggi e non ha cerchioni, che è dappertutto ma che di fatto non
esiste; mentre con agganci è un mozzo di una ruota di carretto che mi sta
davanti: è vuoto come quello ma c'é. In un libriccino c'è scritto:
"ti ho scoperto, sei solo un umile servitore e non un re".
Nell'altro c'è scritto: "illusione e ignoranza sono il male,
sconfiggili". Ma ecco che "Suona il cellulare: è mia zia Maria
che vive a New York. Me la trovo davanti".
Non appena le vengono consegnati i due libretti con tutto quello
che essi rappresentano, prima squilla il cellulare e poi davanti alla
sognatrice compare un suo parente, sua zia da New York.
L'ego si ribella subito, fa squillare il telefono (distrae subito
Anna), ma il Sé, con una mossa strategica contrattacca: quella persona
che avrebbe dovuto trovarsi a migliaia di chilometri è simbolo di
qualcosa che lei ha dentro, e cioè la cittadina, l'amante delle
distrazioni dell'urbe. Non che ci sia qualcosa di sbagliato nelle città,
anzi, ma quando una persona si fa catturare dalle cose inutili della città
dietro la spinta di bombardamenti pubblicitari, anziché viverne gli spazi
e le persone per scopi utili e giusti, allora diventa più che cittadino,
cioè soggetto della città, un oggetto in mano a venditori di fumo.
La zia "viene" da Londra, dove le hanno rubato tutto. Le
ultime vicende terroristiche, al di là del fatto criminale, hanno
profondamente segnato la sognatrice (come del resto tutti noi), ci hanno
fatto capire che le città sono delle falsi madri che non sono in grado di
proteggere noi loro figli; ci hanno fatto toccare con mano il falso senso
di potenza che esse suscitavano in noi: l'unione di più persone che si
regge su vincoli creati da falsi valori non crea alcuna forza, ma
indebolisce i soggetti. Una volta, pressoché in ogni quartiere della città
vi era una parrocchia che costituiva un vero e proprio ganglio spirituale
che insieme con tutti gli altri dava
vita all'anima della city. Oggi le nostre città sono senz' anima, e la
loro finta bellezza è frutto di interventi epidermici: belle senz' anima
come certe bellezze al silicone. A
dire "ci hanno rubato tutto" è la voce dell'ego, che come un
serpente ha sempre cercato di impadronirsi della coscienza, ma che da ogni
struttura babelica è sempre precipitato in malo modo e rovinosamente.
Se le cattedrali sono preghiere elevate al cielo dalla comunità,
le torri babeliche sono bestemmie. Non mi si fraintenda, sto solo
interpretando i simboli e le metafore del sogno di Anna: le migliaia di
vittime delle due torri gemelle americane con la babele c'entrano poco.
Ma torniamo al sogno. Adesso
la sognatrice dà una sbiarciatina al gruppo, all'interno del quale nota
tre cose: si divertono, colorano, vaccinano. In effetti è così, perché
il gruppo onirico, pur lavorando seriamente, si diverte; poi perché non
fa altro, interpretando i sogni, che colorare quanto già sta lì nella
sua essenzialità; ed infine vaccina tagliando ogni cosa posticcia e falsa
(i bargigli somigliano molto a dei pendenti, a quegli orecchini che
dovrebbero servire per abbellire la persona, la maschera. Anche qui
precisiamo che non ce l'abbiamo col la bijiotteria e con belle ragazze
truccate e piene di vita, ma non condividiamo le idee di chi fa di queste
cose superficiali il fine della vita. Subito dopo ecco Anna ancora alle
prese con la zia. In una preghiera-invocazione alla Spirito Santo nello
stesso gruppo recitiamo: …"piega ciò che è rigido", ed ecco
che in questa "scena" la sognatrice e la sua parente piegano
delle alte canne di bambù le cui punte hanno testa di serpente, ma che
quando vengono portate al gruppo cominciano a fiorire. E' un modo di
esternare le proprie convinzioni: quando si lavora in gruppo, le cose che
viste da un solo punto di vista sembravano rigide e
immodificabili,appaiono "pieghevoli", manovrabili. Insomma da
ogni problema si puo trarre un insegnamento; oppure da ogni irrigidimento
personale, in gruppo, si può ricavare insegnamento.
Finalmente
la sognatrice decide di accompagnare zia Maria, ma di fatto lo farà con
l'aiuto del gruppo… Solo allora il Sé le porge un nuovo tipo di
occhiali, quelli a tre lenti. Se la sognatrice lavorerà sodo su di sé,
se coltiverà bene il suo
campo, alla fine, oltre all'occhio del corpo e all'occhio del cuore,
guadagnerà l'occhio della mente, che le viene proposto col fiocchetto
d'oro per significare che attraverso di esso si può vedere con saggezza.
Ma…colpo di scena: "l'atmosfera del gruppo è cambiata. C'è
tensione". Il sogno sta per finire e la sognatrice con la sua
personalità, con la sua maschera riprende il sopravvento: qualcuno nel
suo commento ha detto qualche cosa che ha ferito il suo ego, e con la sua
razionalità (con Giulio) dice quel che pensa dei commenti.
"Mi
sveglio…e meno male": la recita riprende…
ANNA
- Fantasticherie interpretative di Maurizio
“Sono in un locale grande, forse un capannone.
Ci sono parecchie persone che so di conoscere. L’atmosfera è allegra,
Giulio è con me.”
L’inizio dell’evento onirico presentatoci da
Anna si svolge in un ampio locale, un capannone al cui interno ci sono
persone conosciute e anche Giulio, marito della sognatrice e caro amico
del nostro gruppo, oggi scomparso. La grande costruzione rappresenta con
tutta probabilità il campo di consapevolezza della sognatrice, il
‘campo vitale’, la configurazione psichica: ampia, accogliente,
formatasi attraverso molteplici esperienze; ci sono anche tante ‘persone’:
quest’ultima parola, come sappiamo, deriva dal greco e significa ‘maschere’,
alludendo ai ruoli, alle parti di noi, alle sfaccettature della nostra ‘personalità’.
L’allegria indica un armonico atteggiamento di fondo, una certa capacità
di sdrammatizzare, di tendere alla serenità, caratteristica piuttosto ben
riconoscibile nella stessa Anna.
“Mi vengono
consegnati due libbricini da recapitare a due persone. Dentro la copertina
trovo il nome di ‘Fausto Troili’. Mi meraviglio molto. Il tizio abita
nel palazzo (da sveglia mi ricordo che si non chiama Fausto ma Giorgio), e
con lui non ho mai avuto rapporti a parte il ‘buongiorno’.”
La parola ‘libbricini’
contiene il refuso della doppia ‘b’. La ‘b’ è una labiale
particolarmente connessa con la lallazione, il linguaggio infantile; anche
la terminazione in –ini, libricini, essendo un diminutivo, è
simbolicamente in relazione con i bambini piccoli. Chi sono, allora, le
‘due persone’ cui questi dovranno essere recapitati? Sviluppando la
linea interpretativa dell’infanzia, dovremmo pensare ai genitori, quindi
alla coscienza adulta, probabilmente ai ‘genitori interni’ della
sognatrice. Dall’anagramma di Fausto
Troili, inoltre, si ottiene ‘il
fausto rito’; unito al ‘buongiorno’,
associazione fornitaci dal racconto onirico, ricaviamo che probabilmente
si allude alle aspettative positive dell’inizio della vita, durante il
mattino dell’esistenza. Siamo di fronte a riflessioni di Anna su propri
desideri profondi, su esigenze che lei stessa considera illusorie o
infantili rispetto ad una consapevolezza ‘adulta’?
“Suona il cellulare: è mia zia Maria che vive a
New York. Me la trovo davanti. E’ scontenta per qualcosa. E’ arrivata
da Londra dove “ci hanno rubato tutto.”
Londra, rispetto a New
York, è nel ‘vecchio continente’, e qui alla zia Maria –
anch’essa considerabile simbolo onirico di una parte della sognatrice,
di una sua ‘persona’ - è stato rubato tutto: le aspettative della
vita, i sogni, sono rimasti per certi aspetti delusi. Il confronto è fra
‘New’ York, il nuovo mondo,
la realtà ideale, la libertà, le infinite possibilità dell’America, e
il frustrante, limitante e deprivante ‘vecchio’ mondo, forse metafora
della realtà ‘concreta’, difficile e senza troppe speranze o
illusioni. In questo momento storico, inoltre, su New York pesa proprio
una grande distruzione dei propri ideali e un grande dolore, e sicuramente
questo incide sull’immaginario onirico.
“Intanto il gruppo si diverte. Fabbricano
decorazioni colorate. Una donna è alle prese con delle galline di
cartapesta e le sta dipingendo a righe multicolori sul fondo del corpo
della gallina che è bianco.”
Il
gruppo di persone fa decorazioni colorate, ci sono galline di cartapesta
bianche che vengono colorate. L’allegria di cui già si faceva cenno,
dunque, è anche un modo per nascondere il senso di delusione rispetto
alle aspettative ‘infantili’. La cartapesta allude a qualcosa di
‘non reale’, illusorio; fa
anche venire il mente le maschere: in questo caso mascherarsi per mostrare
che tutto va bene. La ‘decorazione’ è un’armonia formale,
accessoria, di copertura. Le galline sono produttrici di uova, e queste
ultime sono simbolo di completezza, di integrazione. Qui, però, le
galline sono di cartapesta, finte. Il colore conferisce solo
un’apparenza di vita e di emozioni positive.
“Un uomo sta come ‘vaccinando’ delle galline
vive, tagliando qualcosa da sotto al becco.”
Le galline ‘vive’, cioè vere, quelle che fanno
davvero le uova, vengono vaccinate: un modo di proteggersi dalla
sofferenza e dalla delusione, diventando ‘adulti e vaccinati’, cioè
usi al dolore, imperturbabili rispetto agli ostacoli che la vita propone.
Il vaccino consiste nel tagliare qualcosa da sotto il becco. Il ‘becco’,
strumento con cui la gallina cerca nutrimento nel terreno, ricorda anche
l’insoddisfazione, come nella frase “a becco asciutto”, soprattutto
se sottoposto a taglio, cioè a privazione; ‘becco’ è anche in
assonanza con ‘bocca’; quindi, ‘tagliare qualcosa’ può
significare stare zitti, non lamentarsi.
“Con la zia
raccogliamo delle canne di bambù molto alte. Le dico di portarne alcune
con lei. Le pieghiamo (!) ed hanno una strana punta, come la testa di un
serpente.”
In ‘bambù’ ritroviamo la doppia labiale ‘b’,
e ancora la somiglianza del termine con possibili espressioni di carattere
infantile: ‘bumba’, ‘bimba’, eccetera. Le ‘canne’ sono
potenzialità, sia per la loro capacità di crescita, di flessibilità, di
integrazione dei ‘nodi’, cioè degli ostacoli, sia ipotizzando il
possibile accostamento fonetico con l’inglese ‘can’, potere: non
bisogna dimenticare che la sognatrice ha una buona conoscenza della lingua
inglese, e raccoglie le canne con la zia Maria che vive in America. Le
canne sono anche strumenti o bastoni di appoggio per andare avanti nel
cammino. Piegarle significa ridimensionarle. La forma delle estremità a
‘testa di serpente’ ricorda la loro pericolosità, le capacità
di automistificazione e fascinazione della mente: in realtà la sognatrice
sembra pensare che dare ascolto alle proprie potenzialità immaginative
significa rimettersi in discussione ed esporsi a possibili delusioni.
“Quando
raggiungiamo il gruppo di persone, le canne sono come fiorite di una
infiorescenza rosa, come fosse di ovatta o zucchero filato. Da non so dove
ci è anche caduto sopra un fiore di azalea. Tutti si meravigliano.”
Le canne fioriscono e le infiorescenze assomigliano
ad ovatta o zucchero filato: ancora le impressioni infantili, i sogni ‘rosei’,
le nuvole, forse i pericoli del ‘palese dei balocchi’. ‘Azalea’
viene dal greco e significa ‘arida’, probabilmente perché il fiore può
vivere in condizioni difficili, di siccità. In un certo senso, con questi
simboli onirici, sembra che ci si chieda fino a che punto i desideri e le
aspettative accantonate, dimenticate, possano fiorire nuovamente, sia pure
nell’aridità della maturità e della smaliziata disillusione sulla
vita.
“La zia
Maria deve ripartire: sento che tocca a me accompagnarla all’aereoporto,
ma stranamente sono preoccupata per il mio ritorno. Per finire mi trovo su
un pulmino con tutto il gruppo di persone per accompagnarla alla
partenza.”
Tutto sommato la zia può riandare a New York e
riprendere ad alloggiare nel ‘nuovo mondo’, nell’ideale, come fosse
un personaggio della fantasia. La sognatrice l’accompagna, ma ha paura
di ritornare indietro, cioè ha paura di sperare nuovamente, teme il
ritorno al quotidiano, alla cosiddetta realtà, non si fida dell’’atterraggio’.
Sente di aver bisogno di aiuto. Forse, in questo caso, il gruppo di
persone che aiuta è il nostro ‘gruppo onirico’
“Dopo vedo
degli occhiali su una sedia. Penso che siano i miei: ma no, i miei li ho
sul naso! Provo comunque a mettermeli: li prendo in mano e mi rendo conto
che le due lenti sono diventate tre. Ne vedo una ovale verticale in mezzo
alle due e anzi, con meraviglia, ne vedo un’altra piccolina sulla punta
di quella ovale. E’ fermata da un fiocchetto d’oro.”
Esistono tanti modi di
vedere una stessa cosa. Oltre alla visione ordinaria ci sono gli ‘occhiali’,
e qui sono descritte quattro ‘lenti’. Curiosamente nel buddismo -
considerando gli occhi come possibilità di comprendere, vedere,
interpretare, pensare - sono descritti proprio cinque tipi di ‘occhi’:
oltre all’occhio comune, c’è l’occhio ‘divino’, quello della
‘legge’, quello del ‘bodhisattva’, e quello dorato del ‘Buddha’.
La realtà ha tanti aspetti, e si dimostra diversa a seconda della
saggezza e della profondità della nostra capacità percettiva. Questo, in
effetti, è il più alto messaggio di questo sogno, il suo vertice
terapeutico.
“L’atmosfera del gruppo è cambiata. C’è
tensione. Qualcuno fa un commento che non ricordo. Ribatto acida, e
rivolgendomi a Giulio, gli dico che abbiamo girato il mondo ma tante cose
non le abbiamo viste né fatte. Ci rimane male. Mi dispiace molto, ma in
fondo sono contenta di aver detto quello che pensavo.”
La ‘tensione’ finale prelude all’espressione
del problema fondamentale proposto dal sogno: il rimprovero a Giulio.
“Non abbiamo fatto né visto abbastanza, pur avendo girato il mondo”.
L’amarezza della frase potrebbe interpretarsi meglio con: “Dopo
tante esperienze insieme, ora non ci sei più, non possiamo continuare a
condividere, quindi quello che abbiamo fatto non basta a riempire
l’attuale vuoto.” E’ un rimprovero struggente a Giulio e anche alla
vita stessa. E’ veramente molto importante, come Anna stessa racconta,
che sia stato espresso.
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