Un sogno
di ANNA
(Marzo 2002)
Sono in treno, ma e’ un vagone
vuoto, senza sedili. C’e’ molta gente che parla a voce alta.
Sogno Anna - interpretazione di Franca
Il treno in genere rappresenta
un’immagine del nostro percorso vitale e in questo sogno rivela un momento
di contrasto interno: “il vagone e’ vuoto, senza sedili” ( = e’ un momento
di solitudine e di scomodita’) inoltre “c’e’ molta gente che parla a voce
alta”, come se intorno ci fosse un “vociare” fastidioso che non da’
conforto.
Grazie. F.V.
Sogno Anna - fantasticherie interpretative di Maurizio Il sogno dell’amica Anna sembra scomponibile in quattro fasi o tempi. Nel cercare di comprenderne il messaggio ritengo opportuno, quindi, seguirne la ripartizione. 1. Scendere dal treno. Sappiamo già come il simbolismo del treno sia particolarmente collegabile al tempo, al divenire e al viaggio della vita, che procede verso il destino finale su binari karmici prefissati, con occasionali scambi, punti nodali e soste. La sognatrice si ritrova in un vagone vuoto e senza sedili, con tanta confusione e gente che parla ad alta voce. L’inconscio, probabilmente, raffigura in questo modo una situazione scomoda e poco accogliente nel ‘viaggio’ attuale di Anna, con un certo tumulto interiore e, forse, anche esteriore, denso di motivazioni ed opinioni diverse a confronto. La sognatrice sente che è arrivato il momento di ‘scendere’. ‘Stazione’ significa ‘star fermi’, ‘fermarsi’. Questa esigenza potrebbe essere interpretata in tre modi: a) rifiuto di proseguire. La vita presenta aspetti spiacevoli, dolorosi, c’è un vuoto di senso cui non si riesce a dare una spiegazione soddisfacente. Per questo motivo si vorrebbe eliminare in blocco tutto il problema, rinunciare ad andare avanti. Si ha l’esigenza di dire: “Fermate il mondo: voglio scendere!” b) ‘Fermarsi’ può indicare altresì il bisogno di raccogliere le idee, capire il senso dei cambiamenti in atto, riflettere, ‘digerire’, elaborare con calma. La sognatrice scende su di un ‘marciapiede’, quindi vuole continuare a camminare a piedi, con più calma, ritirandosi in sé stessa. c) Nel senso più alto qui è indicato l’atto del meditare, che rappresenta la somma sfida al Samsara, cioè al treno in quanto ‘Ruota delle nascite e delle morti’ e ai rigidi binari del karma. Ricordiamo, a questo proposito, la ferma determinazione del Buddha Shakyamuni di raggiungere l’Illuminazione sedendosi sotto l’Albero di Bodhi. Ricordiamo anche il ‘fermare il mondo’ del Don Juan di Castaneda, con significato analogo. La sognatrice è più consapevolmente legata alle prime due accezioni del ‘sostare’, ma riteniamo che sia qui suggerita anche la terza, sia pure ad un livello interiore e segreto: il messaggio terapeutico del sogno sicuramente vi allude. Una volta scesa Anna si accorge che ‘manca qualcosa’ fra i suoi bagagli, ed è costretta a risalire sul treno, lasciando i colli già scaricati in stazione. Le quattro valigie sembrano rappresentare la totalità esperienziale della sognatrice e il suo bagaglio karmico. Quattro come gli elementi: terra, acqua, aria fuoco, corrispondenti al corpo fisico, astrale, mentale, coscienziale; come le ‘stagioni’ o le fasi della vita: primavera, estate, autunno e inverno, in relazione con infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia; come le direzioni: occidente, settentrione, meridione, oriente, cioè indietro, sinistra, destra, avanti, con tutti i relativi significati simbolici correlabili all’itinerario esperienziale della vita. Normalmente il numero quattro rappresenta la totalità, l’intero; qui, però, manca qualcosa. Che cosa? La risposta dal punto di vista alchemico o ermetico è semplice: manca la quintessenza, il risultato dell’interazione dei quattro elementi, lo scopo di ogni trasmutazione e di ogni esperienza, il centro, il significato stesso del vivere. ‘Centro’ è identificabile anche con il Vero Io. Per questo bisogna risalire sul treno del Samsara al fine di cercare ancora; “per sbaglio” spiega la sognatrice al capotreno, ma in realtà è una necessità generata dalla ricerca del quinto elemento. L’‘angoscia’ che lei prova nel risalire alla scoperta di ciò che manca, deriva terminologicamente dal verbo latino ‘ango, anxum, angere’ che vuol dire ‘legare, comprimere, strangolare’ e può riferirsi alla sensazione tormentosa, inibente, soffocante correlata al sentimento in esame. La cosa interessante è che in greco i termini corrispondenti sono agcv (ancho) e sfiggv (sfingo), il primo con il significato di ‘strangolare, stringere’ e il secondo di ‘legare strettamente’: da ciò si ricava che le parole angoscia, ansietà e Sfinge hanno una stretta relazione etimologica e significati paralleli. In più osserviamo che il latino angor indicante l’angoscia soffocante, è omofono al sostantivo anguis, ‘serpente’ e la correlazione è presente nei miti della cultura greco-latina: ricordiamo Lacoonte, sacerdote troiano, soffocato insieme ai suoi figli da enormi serpenti marini. Tutto ciò fa comprendere che per la sognatrice trovare ciò che manca in rapporto alle quattro valigie, cioè la quintessenza anzidetta, costituisce la risposta all’enigma della Sfinge e alla tentazione serpentina e soffocante del dubbio esistenziale. Ancora un volta, come spesso capita, quali ‘interpreti fantasticanti’ crediamo di ravvisare nella morte, nell’assenza, nel vuoto gli enigmi principali e le angosce centrali dell’esistenza. 2. Vuotare le valigie. A questo punto inizia una profonda analisi introspettiva: vuotare più volte le valigie - cioè frugare nel passato, nel mondo emotivo e nel conosciuto - al fine di valutare, cercare e comprendere che cosa effettivamente risulti assente. In particolare sono mancanti due giacche, la bordò e la blù, una sciarpa colorata e degli ‘Scholl’s”. I vestiti sono parti della ‘personalità’ in quanto maschera, apparenza: possono essere l’emblema di come ci presentiamo sia agli altri che a noi stessi, l’immagine delle nostre opinioni, delle risposte che mostriamo agli enigmi della ‘Sfinge’. Se mancano degli abiti, può voler dire che non ci identifichiamo più in essi, che non ci sembrano adeguati o che non sono più funzionali al loro scopo. Le seguenti sono considerazioni su ciò che Anna, analizzando sé stessa, non trova: a) le giacche. Hanno colori che suggeriscono una certa complementarietà, per esempio il rosso bordò della terra, del sangue, dell’emozione, e il blù del cielo, dell’aria, del pensiero. Possono simboleggiare, come già detto, le parti della personalità della sognatrice – in questo caso emozioni e pensieri – che le servono da vestito e protezione, con cui si identifica, ma che attualmente non riesce a rintracciare nel suo bagaglio; b) ‘bordò’ è un’italianizzazione per Bordeaux, la città e soprattutto l’omonimo vino che, in questo caso, sta ad indicare il colore di un particolare rosso; anche la parola ‘blù’ è l’italianizzazione del francese bleu; stessa provenienza francese pare che abbia la ‘giacca’, da Jacques, cioè Giacomo, il nome del contadino che ‘inventò’ l’indumento in questione. Perché alcuni dei vestiti che mancano ad Anna fanno riferimento alla Francia? Non posso evitare di pensare che metaforicamente questa nazione rappresenti ideali di libertà, ‘illuministi’, nei quali sia presente la forza del pensiero e della ragione. Inoltre il colore del vino bordeaux - e sappiamo quanto conti l’identità simbolica fra sangue e vino – accostato nel sogno al colore bleu fa pensare alla nobiltà. Infine Jacques, ‘Giacomo’, è il fondatore della Chiesa di Gerusalemme subito dopo la morte del Cristo: forse la comunità più vicina all’insegnamento originario del Maestro. Giacomo, tra l’altro, era un suo parente, probabilmente un fratello. Il significato del nome, infine, è ‘seguace di Dio’. Abbiamo, dunque, tre riferimenti principali: alla libertà e chiarezza del pensiero, alla nobiltà del lignaggio o del comportamento, alla religiosità genuina e originaria. Tutto ciò ‘manca’: forse la sognatrice non riesce più ritrovare in sé questi valori, a crederci veramente, essi non risolvono più l’enigma dell’esistenza; c) la sciarpa colorata sembra l’opposto della ‘strangolante’ e opprimente sensazione d’angoscia di cui abbiamo parlato; in questo senso possiamo considerarla come emblema di spensieratezza, serenità, sdrammatizzazione, positivo flusso energetico; anche questa è sparita; d) ‘Scholl’s’ è una marca di comodi zoccoli anatomici che proteggono e aiutano il camminare, il procedere; più correttamente essa è “Dr. Scholl’s”, con riferimento ad un certo dottore, probabilmente un terapeuta. Anna usa questi zoccoli ‘in casa’, cioè nell’ambito personale, intimo. Viene da pensare ad un potere di autoterapia posseduto dalla sognatrice, una capacità di ristorarsi e rigenerarsi da sé; capacità che ora sembra anch’essa perduta. ‘Scholle’ in tedesco significa ‘zolla’: il positivo contatto con la terra allude all’energetico legame con la profondità di noi stessi e anche con il corpo, la struttura vitale. Ogni surrogato, come le ciabatte ‘chiare’ è insufficiente, non regge – per così dire - la ‘cottura’ nel forno alchemico della vita, non serve a ‘chiarificare’ o sorreggere il cammino. A questo proposito notiamo che esse sono ‘di spugna’ e che devono essere ‘asciugate’: forse contengono un eccesso di contenuti emotivi, accostabili per tradizione simbolica all’elemento liquido. L’Umido Radicale è in alchimia la ‘materia prima’ non ancora trasmutata e compresa, su cui bisogna lavorare. Nel crogiuolo-Athanor le ciabatte diventano ‘azzurro-turchese’ e, fondendosi, rivelano la loro ‘sinteticità’, cioè sono costruite con materiali artificiali: assomigliano a quelle forme consolatorie artificiose, posticce, falsamente ‘azzurre’ e felici che talvolta ci vengono offerte o che tentiamo noi stessi di autoimporci sforzandoci di ritenerle valide. 3. Panorama. Nel discorrere con il suo alter-ego Giulio, Anna espone la sua problematica cui certamente si lega anche e soprattutto la ‘mancanza’ di Giulio stesso. Lui, infatti, ‘c’è’, ma ‘al solito’ la sognatrice non lo vede, non lo percepisce concretamente. Non a caso il rimedio che egli le suggerisce è quello di andare da ‘Panorama’ (un supermercato) a comprare nuovi capi d’abbigliamento: panorama, infatti, deriva dal greco e significa ‘visione totale’; come dire: “Devi ampliare la tua visione, cercare nuovi abiti, ‘abitudini’ comportamentali e conoscitive.” Anna è contrariata dal suggerimento, risentita; i motivi potrebbero essere i seguenti: a) la sognatrice ritiene di avere già una sufficiente conoscenza delle cose, della vita; non le manca certo l’esperienza, la capacità introspettiva o di valutazione del reale. Che cosa dovrebbe ad andare a cercare? b) Il supermercato può anche essere espressione metaforica della cultura dozzinale e massificata dei nostri tempi che, non a caso, si esprime anche nella televisione, cioè ‘visione-a-distanza’, concetto pressoché analogo alla ‘visione totale’ di panorama. Quasi che oggi si avesse la convinzione o l’urgenza di comunicare, di sapere tutto senza però vivere profondamente nulla, ‘esteriorizzando’ continuamente la conoscenza e l’esperienza. Anna pensa: ”Dovrei essere priva di risorse, una ‘poveraccia’, per cercare di risolvere i miei problemi in questo modo, rivolgendomi a meccanismi consolatori collettivi. Vabbè che l’economia va male, però…” ‘Economia’ è dal greco ‘oikonomìa’’, ‘amministrazione della casa’: in questo contesto mi sembra sinonimo di autonomia, capacità di autoregolamentazione e riflessione matura. La scossa emotiva e il riaffermato senso di dignità personale colpiscono la sognatrice e la portano a ritrovare le giacche e la sciarpa ‘appese da qualche parte’. ‘Appendere’ ha la stessa radice etimologica di ‘pesare’ e ‘pensare’: evidentemente i meccanismi di pensiero già acquisiti, consolidati, sono qui riaffermati come validi, ritrovati dopo lo smarrimento. Certamente è giusto recuperare le proprie sicurezze, la propria dimensione esperienziale; viene però da chiedersi se Giulio con ‘panorama’, ‘visione totale’, non avesse suggerito una direzione diversa rispetto a quella recepita dalla sognatrice, e cioè un ampliamento della visione nella direzione dell’Illuminazione: ricordiamo che tradizionalmente il buddhismo – cioè uno dei possibili cammini verso la realizzazione del Sé - è definito ‘apertura degli occhi’ … 4. Terapia. A questo punto del racconto onirico entrano in gioco quattro figure femminili che, con la sognatrice, fanno cinque. Sappiamo che il numero 4 costituisce un màndala, e che la sua emersione nel sogno può avere importanti significati reintegrativi. Inoltre è presente anche il cinque, la quintessenza che mancava nell’episodio delle 4 valigie. Esaminiamo in dettaglio i personaggi, che costituiscono una fotografia autoconoscitiva della sognatrice e anche le sue possibilità di crescita e di autoterapia: · Anna, seduta nella sedia centrale: è l’io, la protagonista dell’intera vicenda. · La dottoressa: con lei riemerge il ‘Dottor Scholl’, una figura terapeutica, una probabile rappresentazione di aspetti ‘alti’ della personalità connessi con la possibile remissione della ‘malattia’, cioè del problema posto dal sogno. Siede di fronte alla sognatrice e simbolicamente, quindi, si trova a ‘oriente’: ricordiamo infatti che la prima direzione cui ci si volge ritualmente (vedere tradizione egiziana ed ebraica, confluita poi nella costruzione degli altari e delle chiese cristiane) è quella propria dell’’orientazione’. Dall’oriente, inoltre, viene il sole e la luce. Corrisponde al piano coscienziale, l’Atziluth cabalistico. · La donna non meglio identificata seduta alla destra della sognatrice: continuando il ragionamento precedente, essendo a destra si trova a ‘sud’. Il sud è la direzione dell’attività, del mezzogiorno, del calore e della chiarezza. Gli estremo-orientali gli attribuiscono il valore di ‘apertura della mente’. Tuttavia nel sogno il suo ruolo e la sua identità non sono chiari, sono ‘inconsci’. Ritorna così il già espresso concetto di ‘panorama’: la necessità di un’evoluzione della visione. Piano briahtico. · Anna, l’amica di ‘vecchia data’, seminuda e con un neonato. Essendo una conoscente del passato, oltretutto omonima della sognatrice, è situabile alle sue spalle, quindi ad ‘occidente’. L’ovest è il punto cardinale dove tramonta il sole e rappresenta l’immersione nella materia, l’incarnazione, il piano fisico e assiahnico. Il bambino è la vitalità di questo piano, il futuro, la possibilità di rinnovarsi. La donna allatta il bambino ‘minuscolo’, sono tutti e due seminudi, si coprono alla meglio, probabilmente hanno freddo. La situazione, oltre a rappresentare i disagi fisici della sognatrice, indica anche la scarsa vitalità, la preoccupazione, la poca speranza nutrita in questo ambito. · Una signora che forse è la ‘Lorenzi’ e che entra da una porta simile a quella di un ascensore. Per esclusione - e anche perché ‘precede’ Anna, l’amica assiahnica - appartiene alla sinistra e al ‘nord’. Questa direzione rappresenta l’acqua, il freddo, l’inverno e la chiusura nel mondo intimo ed emozionale da un lato, il piano yetzirahtico, ma dall’altro indica la stella polare come importante elemento di ‘orientazione’, valido durante la notte e l’oscurità. Il lauro, l’alloro, pianta in rapporto con il cognome ‘Lorenzi’, è come altri sempreverdi allegoria dell’immortalità: d’inverno non subisce la morte, la chiusura e il declino della stagione. Per lo stesso motivo il lauro, pianta per gli antichi sacra ad Apollo, è metafora della vittoria sugli ostacoli e l’oscurità, e incarna la gloria del vincitore. In senso interiore possiamo rapportare queste vittorie al progressivo emergere della consapevolezza, della coscienza, di una visione diversa e luminosa della vita. Infine, come per qualsiasi pianta, abbiamo nel lauro il simbolismo della crescita verso l’alto, cioè dell’Albero della Vita e dell’Asse del Mondo, che ben si riconnettono con quello ‘polare’ già citato e anche con… l’ascensore! Concludiamo con la presentazione schematica del màndala descritto, rapportandolo anche alle fasi stesse del racconto onirico e ribadendo che la sua emersione nel sogno indica la formazione di una costellazione positiva all’interno della sognatrice, una tappa importante del suo percorso autoconoscitivo.
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