Mi trovo in un paese caldo e brullo con un gruppo di persone; ci dobbiamo recare ad una
grande festa.
C’è un edificio
dove tutti coloro che debbono partecipare a questo evento, vanno
per provare i costumi da indossare ne ricordo alcuni lussuosi tutti
dorati.
All’improvviso cambia il clima festoso;
è successo qualcosa a livello
nazionale, un’insurrezione o qualcosa di simile per cui quelli che
dovevano partecipare alla festa
tra cui io, devono fuggire e rifugiarsi altrove. Io
con il mio bambino devo rifugiarmi nell’ambasciata egiziana.
E’ stato allestito
un punto di ristoro per questi “profughi”; vi entro
c’è un banco imbandito di cibo, ma c’è anche tanta gente.
Rimpiango di avere lasciato la mia casa dove c’era cibo abbondante
e dove ho lasciato tutto il mio denaro ma
qui c’è troppa gente in fila che aspetta , ci vorrebbe troppo
tempo e una volta arrivato il mio turno, il cibo sarebbe già finito. Me
ne vado e arrivo finalmente nell’edificio dell’ambasciata. Hanno
diviso gli uomini dalle donne, le donne devono stare lì, gli uomini si
devono recare in un altro edificio.
Lascio il mio bambino perché lì si trova al sicuro
ed esco per andare da mio
marito.
Lo raggiungo, lo vedo in mezzo ad altri uomini ( nel
sogno è mio marito anche se la mia parte vigile sa che in effetti io non conosco questa persona )
e quindi posso tornare indietro da mio figlio.
Sono molto stanca e prostrata, faccio una grande
fatica ad andare avanti, non so se riuscirò a tornare all’interno
dell’ambasciata.
Mi trascino faticosamente sulla strada quando di
fronte a me, oltre una ringhiera incontro
un gruppetto di persone.
Sono quelli che non devono fuggire.
Da questo gruppo lungo la ringhiera, si staglia la
figura di una donna, si allunga verso di me, mi porge la mano e mi tira
verso di sè aiutandomi a
superare quell’ultimo tratto in salita oltre il quale c’è il palazzo.
Interpretazione cabalistica
Tutto il sogno sembra formare una risposta elaborata e particolareggiata
alle domande fondamentali
dell’esistenza: “Da dove veniamo? Perche’ siamo qui? Dove
andiamo?” e un albero cabalistico ne fornisce un quadro d’insieme.
La sognatrice descrive “ un paese caldo e brullo” con un gruppo
di persone destinate ad
andare ad una “festa”: questo “Luogo” fa pensare all’aria di
Briah un certo “Eden” che
dovrebbe preludere ad un arrivo in Atziluth, “Luogo” della
“Festa”; tuttavia, per una “insurrezione” a livello nazionale
(collettivo) o “caduta” (shevirah), la gioia muta in tristezza e chi
doveva partecipare alla festa e’ costretto alla fuga, cioe’
precipitato in Malkuth. Ma la sognatrice ha partorito il Figlio, e’ in
una condizione particolare, sa di potersi “rifugiare nell’ambasciata
egiziana” . Essa e’ dunque una “egiziana” , proviene
dall’Egitto, la terra dei Faraoni, la terra in cui andarono a sfamarsi
in tempo di carestia gli stessi Patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, la
sua origine e’ dunque “nobile”. Essa conosce anche gia’ il
“punto di ristoro” (che
abbiamo collocato in Yesod) per i “profughi” la’ dove ci si puo’
nutrire, nel momento del bisogno; ma la sognatrice trova il cibo qui
offerto scarso e di difficile accesso, (non accetta il percorso di
risalita dell’Albero legato alla religione quello devozionale delle
chiese tradizionali ecc.), rimpiange la sua Casa d’Origine, che ben
ricorda (v. la Parabola del figliuol prodigo, Lc. 15,11-22), preferisce
percorrere un’altra strada, piu’ solitaria, per arrivare
all’ambasciata (= residenza dell’ambasciatore, funzionario che cura le
relazioni tra il suo paese e quello di cui e’ ospite), “Luogo” che
abbiamo identificaco con Tiphereth, centro del cuore, dove, al sicuro la
sognatrice lascia il Figlio; ma in questa ambasciata “hanno diviso gli
uomini dalle donne”, non c’e’ Unione tra la colonna di destra e
quella di sinistra, il centro non si e’ ancora sviluppato correttamente
ed essa va alla ricerca del marito = ripercorre i sentieri di Yetzirah,
tornando indietro, fino a scorgere la sua controparte maschile, ma la sua
“parte vigile”non lo riconosce perche si trova in un edificio diverso,
in un altro stato di coscienza, al momento per lei non raggiungibile,
tuttavia, sapere che c’e’, la tranquillizza e la fa tornare del Figlio
(che deve ancora crescere ed ha bisogno di lei)... ma ora subentrano altri
ostacoli: la stanchezza, la prostrazione, la fatica, il dubbio ecc.: i
sentieri di Yetzirah sono assai faticosi per chi si sente solo.
Finalmente dall’”esterno” un aiuto. Chi sono queste persone
“che non debbono fuggire” e che sono disposti ad aiutare i fuggiaschi
che desiderano essere aiutati? Certamente “persone che non sono insorte
prima della “Festa”, che non sono “cadute” (Angeli?, Guide?
Altri?); e c’e’ pure una “ringhiera”, un punto d’appoggio, un
salva-vita, un riparo, una protezione e nel gruppo dei Salvatori, una
“Donna” (Daath, la Coscienza) si staglia : imponente, buona, forte e
tira su la sognatrice, aiutandola a superare l’ultimo tratto in salita,
oltre il quale c’e’ il “Palazzo” e la salvezza, e il Figlio...(di
nuovo il centro di Tiphereth, ma questa volta gia’ piu’
armonizzato...)
Grazie. F.V.
Albero
sogno CARLA
Interpretazione
sogno di Carla
Per
due giorni questo sogno mi ha portato a spasso, poi, improvvisamente,
quella prima frase: "mi trovo in un paese caldo e brullo con un
gruppo di persone; ci dobbiamo recare ad una grande festa" , si è
"aperta": Carla, la sognatrice, prima di esibire un suo sogno,
ha potuto (voluto?) vedere il vaso alchemico entro cui si sarebbe svolta
la cottura del gruppo dei sogni. Dopo avere ascoltato alcune storie
oniriche con relative interpretazioni, ci ha riflettuto un po', e poi,
attraverso un sogno ne ha tratto le conclusioni. Dal mio punto di vista,
il suo sogno potrebbe essere "cio’" che secondo lei accade al
sognatore nel momento in cui entra nel "vaso-gruppo": il paese
caldo e brullo è tale forno alchemico: appena si entra nel gruppo onirico
(basta rileggere i primi sogni trattati) comincia la "cottura".
E' come un mettersi in gioco, un uscire allo scoperto alla luce del sole,
per illuminare tutte le parti oscure, e nello stesso tempo per mettere in
evidenza i contorni di una vita che, fino a quel punto si era trascinata
nel buio fitto, o nella migliore delle ipotesi, al chiaro di luna. A
questo punto è da sottolineare che, anche coloro che da anni stanno
studiando se stessi, se entrano in un gruppo onirico ricominceranno
l'Opera dal punto in cui sono (all'apprendimento non c'è fine). "Ci
dobbiamo recare ad una grande festa" in un edificio dove vi sono
costumi da da provare e indossare, di cui alcuni lussuosi e dorati: ogni
componente del gruppo (dal punto di vista mio-di Carla), decidendo di
studiarsi anche coi sogni ha deciso di entrare nel proprio castello
interiore o nel proprio teatrino mentale, dove gli eventi si susseguono
come su un palcoscenico. Alcuni abiti da provare sono dorati ed hanno
colpito l'attenzione della sognatrice: anche quando si arriverà a
"produrre" l'oro alchemico", ognuno di noi sa perfettamente
che la cosa rimarrà circoscritta all'irrealtà sia della teatralità
mentale che di quella della vita di ogni giorno. Per irreale, qui intendo
"irrealtà propria": l'onda non ha nessuna personalità, nessuna
realtà separata dal mare, è un 'increspatura di esso, allo stesso modo
in cui la mente egoica è un'increspatura della Mente. Ma ecco che
"all'improvviso cambia il clima festoso; è successo qualcosa":
studiare se stessi è un gioco
"pericoloso" perché a volte vola via il tappo della bottiglia,
e quanto doveva cuocere a fuoco lento nel forno-gruppo fugge via sotto
forma di vapore. Chi per anni si è ben osservato sa bene tutto questo e
conosce i modi di evitare che i vapori velenosi uccidano il 'piccolo', il
bambino, il neo osservatore che se ne sta dietro gli occhi, il cosiddetto
testimone mentale. Quando ciò accade si è costretti a scappare come
Maria, si diventa profughi, e come la madre di Gesù, si cerca rifugio in
Egitto. L'Egitto, oltrer che terra di prosperità è luogo di saggezza, lo
stesso Mosé vi ha attinto a piene mani: quindi, si cerca rifugio nella
sapienza, l'ambasciata egiziana presente in ognuno di noi. Ma poiché
l'ego è ancora lì (se no saremmo dei Budda) rimangono tracce
dell'approccio egoico: ci si confonde per un po' tra la folla degli ego
che paradossalmente vorrebbero essere sfamati per sopravvivere (loro,
ombre di ombre) alla luce dell'intelletto. Se durante il percorso ci si
rende conto in qualche modo di aver lasciato, come coscienza,
un oceano di consapevolezza coscienziale, una casa ricca di
"cibo e denaro" ci si distacca da questo paradossale punto di
ristoro. L'ambasciata egiziana è il luogo giusto dove poter lasciare
il" bambino" per proseguire nella ricerca del marito, visto che
in ambasciata le donne 'devono' stare lì e gli uomini in altro edificio.
Ma se nel luogo della saggezza-ambasciata le donne devono stare lì, perché
la sognatrice va via in cerca del marito? Alchemicamente diremmo per
ricongiungere gli opposti e fare uno di due, ed in effetti Carla, dopo
averlo riconosciuto, ritornando dal figlio 'indica' a se stessa tale unità
non ancora matura (il figlio è frutto di due opposti-complementari).
Tuttavia non riconosce ancora tale marito interiore, perché vorrebbe
vederlo con la faccia del defunto marito. Tornare all'ambasciata, da qui
in avanti le costerà fatica, perché la sognatrice sta…, è lacerata,
posta in due edifici diversi, che potrebbero indicare, l'uno l'esteriorità
e l'altro l'interiorità. Si trascina verso l'ambasciata e incontra un
gruppo di persone oltre una ringhiera: "sono quelli che non devono
fuggire". La sognatrice ha davanti tutte le parti positive di sé,
quelle qualità che la aiuteranno nel suo percorso pieno di insidie, e che
stanno al sicur o oltre una ringhiera, che non può certo rappresentare
una prigione, se no avrebbe detto"non possono fuggire". Da
questo gruppo lungo la ringhiera si staglia la figura di una donna che la
traghetterà verso l'ambasciata, aiutandola nell'ultimo tratto di salita.
Chi è questa donna che le porge la mano e la tira verso di sé?
E' la Verità, quella che, posseduta in qualche modo dentro, dà la
forza di entrare nel tempio, nel palazzo del re: oro, sole, saggezza. Ecco
per sommi capi cosa accadrà all'interno del vaso-gruppo. Ma aldilà delle
chiacchiere, basterà osservare il gruppo stesso per constatare come il
lavoro di cottura è una cosa reale, che i fumi sono una cosa reale, che
le fasi alchemiche sono reali (nero, bianco, rosso: basta rileggersi i
primi sogni di "interpretati". A volte uno qualunque di noi,
rispondendo a dinamiche di gruppo, coi suoi comportamenti conseguenziali
potrà quasi far vedere agli altri la traduzione in atti di una di quelle
incisioni alchemiche in cui due
leoni, due draghi, due animali si sbranano: la persona che noi conoscevamo
(che lei stessa conosceva) deve lottare ferocemente con la persona che noi
non conoscevamo (che lei stessa non conosceva)… L'energia che viene
liberata è enorme e se la persona diventa consapevole di quella parte di
sé può perfino recuperarla. Quanto ai veleni che potrebbero fuor uscire
se il tappo vola via, c'è poco da scherzare: è notorio come è più
commovente una scena teatrale che una scena cosiddetta reale: in teatro si
crea quello spazio magico in cui i fatti vengono amplificati. E'
sicuramente un teatrino il nostro gruppo onirico, e le energie che vi
circolano sono forti come le emozioni e i sentimenti che possono essere
liberati. L'importante è saper cavalcare la tigre liberata, se no sono
guai sia per la persona che per il gruppo. Le redini sono l'attenzione
consapevole: un'ira imbrigliata non può causare i disastri di un'ira
esplosa e incontrollata.
Grazie. N.M.
Sogno
di Carla: fantasticherie interpretative di Maurizio
Un
paese caldo e brullo:
una situazione arida… Il sogno
sembra descrivere drammaticamente la
sensazione di vivere in una realtà infeconda, senza senso, nella
quale ci si sente stranieri, forestieri. Nonostante lo sforzo di
presentare tutto sotto una luce dorata,
di dare alle cose l’apparenza della normalità, anzi della festa,
della felice mascherata, in
realtà è in corso un’insurrezione
che corrisponde al cambiamento del
nostro punto di vista. ‘Insorgere’
è una parola che allude a questa metamorfosi: una rivoluzione
della nostra vita, il sorgere
‘in’ – dentro, all’interno - di qualcosa di nuovo. Certo, è
una fase dolorosa da cui vorremmo fuggire, piena di desolazione e di
estraniazione, in cui – simbolicamente - anche le persone più vicine
come un figlio o un marito ci sembrano degli sconosciuti,
sono altre persone, anche se
continuiamo a preoccuparci di loro rispettando correttamente i nostri
impegni. Ci capita anche di
rimpiangere le condizioni precedenti, in cui la nostra consapevolezza si
nutriva di pensieri più rassicuranti e aveva abbondanti margini di
stabilità, mentre ora siamo catapultati in una situazione incerta e
deprimente. In effetti questa visione del mondo da esuli
o prigionieri, potrebbe
avvicinarsi a ciò che si prova quando si viene colpiti da depressione,
se non ci fosse, nel sogno, un elemento di saldezza, un punto
d’appoggio, un asilo: l’ambasciata
egiziana. ‘Ambasciata’
ha anche il significato di ‘messaggio’;
e l’’ambasciata’ più
evidente e al contempo misteriosa dell’Egitto si trova nella piana
di Giza: le Piramidi e la Sfinge.
Al di là di quello che si può pensare dell’antica cultura egiziana,
oltre l’interpretazione che possiamo darne, rimane sempre e comunque la
percezione di un enigma muto e millenario, anzi, eterno.
Contrapposto alla sensazione di aridità
e di estraniamento del sogno,
l’Ambasciata d’Egitto rappresenta
un contenuto di segno opposto, dalla valenza terapeutica: suggerisce che la
vita ha un senso misterioso, un significato nascosto
e profondo in cui si può confidare prendendovi rifugio. Nel sogno vi
possono abitare soltanto le donne:
una conferma che vi si può accedere solo con le qualità ‘femminili’ del sentimento
e dell’intuizione. La
sognatrice, dopo essersi accertata dell’incolumità del marito portato
in un alloggiamento diverso – forse, in linea con la valenza maschile,
un luogo simbolo di qualificazioni più esteriori
e razionali (ma anche più aride,
come all’inizio del percorso onirico) - ha difficoltà a rientrare nel palazzo egiziano, cioè nella costruzione
ideale edificata sul mistero: probabilmente
la dimensione razionale, talvolta, la spinge a dubitare dell’intuizione mistica,
privandola di preziose energie vitali e di speranza.
Fortunatamente c’è qualcuno che la aiuta a salire oltrepassando le
barriere divisorie: una donna del
gruppo di ‘coloro che non devono
fuggire’. Chi sono queste persone? I nostri fratelli
maggiori, le guide: le
persone o le parti di noi stessi che si sono già risvegliate
e che, comunque, non sono estranee a questa dolorosa insurrezione che ci conduce verso una nuova e più profonda
consapevolezza del nostro mondo.
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