Un sogno
di CARLA
(Venerdi 16 Novembre)
Mi trovo in una piazza
c’è un edificio alto. Sono con mia figlia Claudia che tiene al guinzaglio
Martina, la nostra cagnolina. Le dico di aspettarmi dall’altra parte
dell’ edificio perché devo andare a parlare con un medico che si trova ai
piani alti.
Il “Luogo” del sogno,
“piazza con edificio alto” fa pensare alla Torre, l’Archetipo 16 dei
Tarocchi, e 16 e’ anche la data del sogno: Archetipo di autoesame, di
giudizio e pesatura; Claudia (= chiusa) e Martina (= sacra a Marte,
marziana) potrebbero essere i due personaggi che cadono dalla Torre,
infatti Martina e’ una cagnolina e Claudia e’ esclusa dal colloquio col
“medico”, personaggio a cui gia’ altre volte abbiamo attribuito il
significato di Salvatore (Medico> Esculapio>Soter> Salvatore) e quindi di
Daath, Io Sono, Cristo ecc. Ma il Medico e’ anche Giudice (infatti ha una
“lunga toga”), e il suo giudizio risulta positivo (anche se la sognatrice
non ricorda il colloquio) perche’ subito dopo permette l’esperienza della
Conoscenza dell’Albero della Vita. Ai piedi di questo Albero c’e’ una
“sabbia” gialla (colore della Sapienza) e sembra farina di groturco; la
farina e’ qualcosa che rappresenta duro lavoro, fatica, pane guadagnato
col “sudore della fronte” e la sognatrice in quella farina-sabbia ci si
“bagna”(mi ci rotolo), come se fosse una sostanza autoprodotta che
purificando nutre il corpo (sabbiature terapeutiche); poi guarda in alto
“per sapere da dove proviene”, ovviamente dai “frutti bianchi”
dell’Albero, dai “fori”, dalle aperture dei centri, delle Sephiroth
dell’Albero Bianco, come una pioggia fecondante e benefica... Poi
subentra Andrea, il figlio della sognatrice a chiarire la realta’ della
“farina”; Andrea (=maschio, guerriero) sua componente razionale spiega che
quella farina non e’ granoturco, ma “Oro” non relativa alla Terra, Assiah
(pane> corpo> terra) ma relativo al Fuoco, Atziluth (oro> Spirito> fuoco)
e finalmente Carla (= libera) “vede” che la farina e’ “oro brillante”.
"Mi trovo in una piazza, c'è un
edificio alto". Per la persona che sta percorrendo il "sentiero" della
ricerca, trovarsi in una piazza, può significare tante cose. Se
paragoniamo la via ad un fiume, la piazza non può che corrispondere ad un
lago. Questo ci può autorizzare a pensare che la sognatrice potrebbe
trovarsi in un momento esplorativo particolare, che la vede impegnata in
un lavoro di sintesi delle esperienze che il suo percorso le ha regalato
fino ad oggi, come se volesse ordinarle ed armonizzarle nel classico
paesino attorno al lago, che in questo caso è tutto racchiuso in un alto
edificio. Da un altro punto di vista, la sognatrice potrebbe aver
rallentato la marcia, per concedersi un po' di riposo, per fare un giro di
piazza, per distrarsi un po', prima di riprendere la via. Una terza
ipotesi potrebbe essere quella di "una depressione del terreno" (un
problema esistenziale), che costringe il fiume a prender forma di lago
(che impone alla nostra amica un dover 'seguire' il momento). A questo
punto vorrei smettere, perché mi si ripresenta il solito problema che
salta fuori ogni qual volta comincio ad 'interpretare' un sogno: voler
tradurre delle immagini e dei simboli in parole è un'operazione fallita in
partenza. E' come aver deciso di scoprire la poesia che sta nascosta nei
versi di Tagore, analizzandone una ad una le parole. La poesia è fra le
parole, non nelle parole. Il sogno è un quadro, un'opera d'arte, e volerlo
tradurre in altro, vuol dire tradirlo, ucciderlo. Come faccio avere il
massimo rispetto del sogno, e nello stesso tempo a parlarne? Non è un
problema da poco, perché sincronicisticamente, essa nasce come una piazza
nel corso di un'interpretazione che stava scorrendo, e mi presenta
dinnanzi agli occhi un edificio alto da esplorare. Forse il percorso di
Carla e questa mia esigenza di rispetto del mondo onirico si chiariranno a
vicenda. Osserverò il suo sogno in tale duplice prospettiva: da un lato ci
chiarirà i procedimenti alchemici della sognatrice; dall'altro ci
suggerirà il modo migliore di comprenderli suggerendoci al contempo la
strategia interpretativa. E' un discorso folle? Nel mondo dei sogni, la
follia è di casa, e siccome commentare un sogno vuol dire dar vita ad un
altro sogno innestato in esso, la cosa mi è consentita. "Sono con mia
figlia Claudia che tiene al guinzaglio Martina, la nostra cagnolina". Grazie. Nat
Sogno Carla – fantasticherie interpretative di MaurizioSiamo di fronte ad un quadro onirico raffigurante i vari livelli della personalità di Carla: la cagnolina Martina (Martina, da Marte, il potenziale attivo-aggressivo) ne rappresenta l’istintualità, la figlia Claudia ne incarna la ‘virtualità’ in sviluppo, di cui aver cura (Claudia è in relazione con lo zoppicare, il ‘claudicare’, quindi richiama il bisogno di sostegno e aiuto), da direzionare così come si fa con i figli. Poi c’è la Carla cosciente di sé, la protagonista del sogno, l’aspetto ‘conscio’, l’io. Nel palazzo alto c’è, infine, il medico togato: forse una prefigurazione del Sé oppure, semplicemente, il Super-io, in ogni caso un personaggio che rappresenta le zone ‘alte’, spirituali, sovracoscienti della sognatrice. Queste quattro figurazioni possono avere anche una facile collocazione sull’Albero cabalistico della struttura ‘sottile’ dell’uomo: in Assiah, Carla stessa, ‘agente’ autoconsapevole nel mondo dell’azione; Martina in Yetzirah, l’istintualità, il sentimento, l’astrale; la figlia in Briah, la mente, la parte intellettiva in crescita; il medico in Atziluth, il piano dell’Akasha, dei grandi Archetipi sovrastanti la ‘personalità’. L’Albero è anche presente nel racconto onirico, come una grande pianta che ha frutti bianchi e sferici, le Sefiroth, che producono farina di granturco-oro, come una sorta di ‘manna’, di elemento prezioso per metà cibo e per l’altra metà ‘metallo’, frutto di trasmutazione alchemica. Dopo di ciò i personaggi si differenziano, compaiono altri aspetti: Andrea, il figlio, Monica, l’amica, gli amici di Monica, i bambini, gli attori. La scena, finora legata alla dimensione verticale (palazzo, albero) diviene orizzontale: la piazzetta con i giochi e il mondo relazionale. Tutti gli altri personaggi sono anch’essi parti della sognatrice, non esprimenti tanto le grandi zone, i livelli nel senso ‘verticale’ della persona, quanto singoli aspetti: Andrea, che significa ‘Uomo’, l’animus maschile e la razionalità discriminante, capace di riconoscere e differenziare la farina dall’oro; Monica, la personalità sociale legata al mondo delle relazioni, che conserva però una sua autonomia (Monica significa anche ‘solitaria’); i bambini vestiti con colori solari: le energie in evoluzione, i lati ancora per lo più inconsci di Carla che, però, possono svilupparsi e crescere nelle zone coscienti della sua vita. Tuttavia i ‘giochi’ sono piuttosto dispendiosi: nella dimensione orizzontale, nel campo della coscienza, bisogna impegnarsi e impiegare una gran quantità di energie, che la sognatrice giudica eccessiva. La dimensione del ‘gruppo’ nell’ambito della ricerca, e possiamo alludere con ciò anche al gruppo onirico, comporta ‘sacrifici’, la necessità di mettersi in discussione e di impegnarsi attivamente. Gli attori, come pure gli stessi bambini, possono raffigurare questa dimensione di scambi, di contatti, di esperimenti, di rappresentazioni. Carla preferirebbe evitare il coinvolgimento, ‘per non disturbare’ – dice lei – ma non è possibile: non si può evitare. Nel buddhismo c’è un concetto importante che può esprimere bene il nucleo problematico espresso dal sogno: la ‘pratica’ che conduce all’illuminazione, non consiste soltanto nella ‘meditazione’ formale, da seduti, camminando, concentrati sulla tecnica, sulla consapevolezza del respiro, del mantra, del sutra o quant’altro; tutto ciò corrisponde alla ‘pratica per sé stessi’, ma esiste anche la ‘pratica per gli altri’ che implica l’attività concreta nell’aiutare, nel comunicare, nel coinvolgersi nel gioco di relazione. Nella metafora del sogno il palazzo, il colloquio con il medico, l’albero dalla farina aurea corrisponde alla ‘pratica per sé’; il parco giochi, l’ufficio, gli amici, i bambini e gli attori sono la ‘pratica per gli altri’. |