Un sogno di CARLA
Siamo un gruppo di persone, vedo la mia auto parcheggiata in salita sotto un albero. Dobbiamo andare da qualche parte e mia sorella Emma propone di andare con la mia auto; mi accorgo allora che ho due mazzi di chiavi ma non quello delle chiavi dell’auto che ho lasciato a casa, chiedo agli altri di aspettarmi mentre vado a prenderle.Apro quindi un cancello di metallo, dietro a questo c’è quello che ritengo essere un portone di legno, lo apro con la chiave e mi accorgo allora che non è un portone e che quello che ho aperto è uno sportellino di un mobile tipo secretaire, all’interno del quale c’è una scatola bianca contenente degli oggetti d’oro che a me sembrano degli schiaccianoci. Capisco allora di avere aperto una cassaforte non mia e mi affretto a richiuderla a chiave; c’e una vite di legno chiaro leggermente spanata sui cardini dello sportello e considero che pur avendolo chiuso, lo si può forzare facilmente. Mi accorgo allora che si tratta di un carillon perché, appena chiuso, dallo sportello si leva un coro “ Fratelli d’Italia…………..” . Comincio a ridere nel sogno e mi sveglio ridendo poi rientro nel sogno ma non ricordo nulla.
Sogno Carla - interpretazione di Franca Attribuiamo “all’auto parcheggiata in salita sotto un albero”, come al
solito, il significato di “corpo fisico” e pensiamo che la protagonista
abbia voluto mettere il suo veicolo assianico “in salita”, in una
situazione difficile ma elevata, e “sotto un albero”, al riparo cioe’ di
una costruzione mentale (concettuale) simbolica onnicomprensiva e potente,
l’Albero cabalistico. Carla e’ in gruppo, ma delle persone che lo
costituiscono viene nominata solo Emma (la grande, la forte), le altre sue
componenti o qualita’ sono al momento “nascoste”. Andare “da qualche
parte” con la propria auto, vuol dire compiere un “viaggio” ovviamente
interiore, ma qui essa, pur avendo due mazzi di chiavi, non ha con se’
quelle giuste per avviare l’auto, percio’ deve “tornare a casa” a
prenderle: prima di intraprendere il viaggio interiore deve “centrarsi”.
Probabilmente il cancello di metallo (protezione esterna) di cui ha le
chiavi, fa parte della casa, e cosi’ il portone di legno (protezione piu’
interna), ma ecco che questo si trasforma, non in un ingresso ad un
appartamento, ma in un accesso ad un mobile tipo “secretaire” (segreto) al
cui interno c’e’ una scatola bianca, contenente oggetti d’oro che sembrano
“schiaccianoci”. Questo particolare arnese, lo schiaccianoci, e’ in
realta’ lo strumento che permette di raggiungere la sostanza nutriente di
frutti particolari come noci, mandorle, nocciole ecc. di cui ben
conosciamo il significato simbolico: la mandorla o noce e’ relativa alla
ghiandola pineale, terzo occhio o centro Daatico ; inoltre in inglese noce
si dice “nut” e “nuts” vuol dire anche matto o folle, percio’ schiacciare
noci puo’ significare “rinsavire” tornare alla Saggezza primitiva: prima
della “caduta”. Carla a questo punto del sogno crede di aver aperto una
cassaforte non sua, e si affretta a richiuderla (ma se non e’ sua, come
mai ne ha le chiavi?). Per noi la “cassaforte” e’ sua, ma forse non era
questo il momento di aprirla (troppo presto?). Poi Carla si accorge che
la chiusura e’ insicura e puo’ essere forzata facilmente... dunque
l’accesso allo schiaccianoci non e’ poi cosi’ proibitivo, basta volere
raggiungerlo. Grazie. F.V.
Sogno Carla - interpretazione di Natale "Siamo un gruppo di persone". L'allusione al gruppo onirico è evidente: siamo un gruppo di persone che studiano se stesse attraverso i sogni e i testi sacri. "Vedo la mia auto parcheggiata insalita sotto un albero". La mia ricerca in seno al gruppo è ferma perché lavorarmi costa molta fatica (strada in salita), ed è più comodo starsene al riparo sotto un albero: il sole di marzo picchia in testa: la ricerca primaverile, caricando troppo il sole coscienziale, può causarmi "ustioni", quindi un po' di ombra non ci sta poi tanto male. Inconsciamente, il mio alter ego, mia sorella Emma, mi suggerisce di mettere in moto la macchina e darmi da fare, ma al momento non ho le chiavi della mia volontà, e per prenderle devo fare un grande sforzo di introspezione. Devo andare a casa, entrare in me, e prenderle. Il primo ostacolo da superare è un cancello metallico che supero facilmente: la presa d'atto di esser un vile metallo da lavorare e affinare è immediata. Il secondo ostacolo è un portone di legno che dimostra una certa vitalità (è un albero vivissimo) lasciandosi andare a metamorfosi: comincia il vero discorso dell'anima, fatto di simboli chiari, inequivocabili: il portone, mentre viene aperto, si trasforma in uno sportello di secretaire. La sognotrice sta per aprire il forziere (in verità poco sicuro) della sua anima, ovvero la sua anima sta per mostrarsi in tutta la sua evidenza simbolica. Dentro lo sportello c'è una scatola bianca contenente schiaccianoci d'oro. La simbologia parla chiaro: il Sé, tramite l'anima, suggerisce a Carla il lavoro alchemico da fare: i semi di saggezza (le noci) vanno liberati dalla scorza per mezzo della volontà direzionata (l'oro attraverso cui è possibile produrre l'Oro alchemico). Gli schiaccianoci sono d'oro per far capire come sia assolutamente indispensabile decodificare i semi di saggezza racchiusi nei simboli del sogno. In effetti, l'anima della sognatrice, vestita di sogno, non fa che sfornare simboli di chiaro invito alla nutrizione: Carla deve nutrirsi di tali simboli, affinché possa accogliere gocce di armonia da parte dello Spirito. Deve solo sedersi, schiacciare e mangiare, ma…non ha fame. Al momento, la sognatrice ha solo voglia di divertirsi, e decide quindi che quella lì non è "roba" sua, quella non è l'anima sua, non è la sua cassaforte. Ma il sogno è suo, e sua deve essere la cassaforte. Non vuole riconoscerla. L'anima sua, in un estremo tentativo, decide di trasformarsi in carillon, ma non per farla cadere in un sonno profondo privo di messaggi e prematuro, bensì per incitarla alla ricerca in maniera giocosa: visto che vuole divertirsi, lo faccia ricercando. Di fatti, la musica proposta non è la solita nenia che concilia il sonno, ma l'inno di Mameli, quello che, fra l'altro, viene suonato prima delle gare sportive, prima che comincino i giochi. Lo studio di sé è un gioco molto impegnativo, ed una marcia in tonalità maggiore può dare il giusto ritmo e la giusta carica. Ma il sogno finisce sulle note dell'inno di Mameli e sulla risata della sognatrice: la Carla s'è desta(?)!..
Sogno di Carla – fantasticherie interpretative di Maurizio La ‘salita’ e l’’albero’ sono quasi dei cliché per il nostro gruppo di ricerca del C.I.S. e non varrebbe neanche la pena di commentarli. A ben riflettere anche il ‘gruppo di persone’ fa parte delle nostre modalità che prevedono la crescita comune, la condivisione, il tentativo di creare quello che gli esoteristi chiamano ‘eggregore’, cioè una sorta di entità superiore in saggezza e conoscenza rispetto ai singoli individui che compongono la compagnia. ‘Emma’, sorella reale e parte psichica simbolica della sognatrice - probabilmente scelta dall’immaginario onirico perché particolarmente connessa al nostro tipo di ricerca interiore che comprende i concetti della ‘salita’, dell’’Albero’, eccetera - suggerisce di prendere l’auto della stessa Carla. Abbiamo già visto in altre occasioni come la parola auto, amplificandone il significato letterale attraverso il senso etimologico, vuol dire sé stesso. Per ‘aprire’ sé stessi e attivare un grande processo di autoriforma sono necessarie delle chiavi di accesso. La sognatrice ha con sé due mazzi di chiavi, ma non quello giusto. ‘Due mazzi’ allude alla dualità, la separatività, al gioco degli opposti, alla coscienza ordinaria, ma la via corretta è invece quella dell’unità, dell’unificazione. Bisogna tornare indietro per recuperare nella profondità personale – la propria casa – quell’unica chiave che possa permettere l’accesso alla conoscenza di sé. A questo punto il sogno si incentra sull’apertura dello scrigno misterioso dell’interiorità, cioè sull’argomento principale di tutto il racconto onirico. Questo ‘scrigno’, innanzitutto, si presenta con caratteristiche legate alla scoperta progressiva di una realtà mutevole, cangiante: è prima difeso da un cancello di metallo, dopo c’è un portone di legno che si rivela essere un secretaire, poi una cassaforte “non mia” che, sorpresa finale, è un carillon. La sognatrice trova inoltre nel secretaire una scatola bianca con dentro oggetti d’oro che sembrano schiaccianoci, s’imbatte in una vite di legno che, essendo spanata, non assicura la tenuta di un cardine dello sportello della cassaforte, alla fine c’è il carillon con il coro, la risata catartica, lo svegliarsi e il riaddormentarsi, il ricordo e l’oblio. Tutti questi dati ed eventi suggeriscono significati importanti. Cerchiamo di coglierne gli aspetti principali. 1. Metallo e legno: il cancello e il portone d’entrata, il secretaire e la cassaforte fanno pensare a due caratteri differenti dell’approccio alla dimensione interiore, ben simbolizzati nei materiali dei suddetti oggetti. Da un lato la durezza, la difficoltà d’accesso, la chiusura e il rigore connessi con il ‘metallo’, dall’altra il calore e l’accoglienza di un materiale ‘vivo’ come il legno. Viene spontaneo l’accostamento con le ‘colonne’ dell’Albero della Vita, quella del Rigore e quella della Misericordia, Jakim e Bohas, custodi del Tempio. In sostanza Carla sembrerebbe in parte attratta dai contenuti del secretaire, cioè dall’indagine sul ‘segreto’ dell’interiorità, e in parte respinta da una cassaforte che ritiene non sua: l’esplorazione comporta una responsabilità, l’entrare in una dimensione che potrebbe non essere del tutto congeniale con la sensibilità della sognatrice e con quello che vuole sapere di sé stessa, un territorio nel quale non si riconosce, dove sente di valicare limiti oltre i quali non è autorizzata a spingersi. 2.Gli schiaccianoci. In tedesco c’è un detto che recita, più o meno: “Du bist eine hard nuss”, cioè “Sei una noce dura”, intendendo sottolineare la caparbietà di un interlocutore con la ‘testa dura’. In effetti la noce può davvero essere una metafora della scatola cranica e il contenuto, il gheriglio, ha un’analogia formale sorprendente con il cervello. Uno schiaccianoci d’oro, considerato che l’oro è simbolo dello Spirito e dell’Opera Alchemica, allude all’apertura della mente, soprattutto ove quest’ultima presenti una resistenza, una ‘durezza’ rispetto al cambiamento. 3.La vite di legno.
‘Vite’ viene dal verbo latino ‘viìre’ che significa ‘intrecciare’:
da ciò il nome dell’oggetto in questione per la sua filettatura a spirale,
esotericamente in analogia con il percorso dell’evoluzione. Essendo la
vite del sogno di ‘legno’, riscontriamo anche un riferimento all’omonima
pianta produttrice di uva, il cui nome deriva dalla stessa radice
etimologica a causa della sua forma ritorta; il frutto della vite, poi, è
simbolo d’abbondanza, molteplicità, e il suo ricavato, il vino, è
metaforicamente accostato nei rituali religiosi al ‘sangue’. In ambedue i
sensi ‘vite’ viene ad essere sinonimo di ‘vita’. Tuttavia la vite del
sogno è difettosa, non permette una chiusura sicura della ’cassaforte’
che potrebbe essere facilmente forzata. Possiamo leggere in ciò tre
significati:
a) la vite è spanata.
Il termine ‘spanato’ deriva dal latino ‘panum’, indicante il filo
di una trama tessile avvolto intorno alla spola. Non abbiamo quasi bisogno
di sottolineare che filo, trama e spola sono tutti elementi
consueti nelle metafore del destino, del fato: ricordiamo, ad esempio, le
Parche. Qui, però, c’è l’aggiunta di una ‘s’ con valore di negazione: ‘s-panato’,
come a dire che il destino gira a vuoto, cioè la vite-vita è
incontrollabile o priva di senso. Il ragionamento che vede
l’esistenza come una spirale evolutiva dotata di direzione, di
possibilità di comprensione e controllo, sarebbe privo di fondamento,
un’idea non corrispondente alla realtà, una mera illusione. Forse la vita,
sembra dirsi la sognatrice, non ha il senso che vogliamo attribuirle,
oppure non ha senso del tutto. b) La vite come percorso evolutivo spiraleggiante può raffigurare anche la ricerca interiore, e allora se ne deduce che Carla ha poca fiducia nella validità di questa oppure in quella dei sistemi correlati; non crede che essi abbiano la possibilità di andare in profondità mettendo radici nel tessuto reale dell’esistenza, nei suoi ‘cardini’ veri.. c) La ‘cassaforte’ è un territorio, come già detto, di cui non varcare i limiti, una sorta di vaso di Pandora che forse è meglio non aprire, estraneo alla propria personalità cosciente, da richiudere e tenere serrato. Però la vite che tiene fermo lo sportello non regge, non può resistere ad una forzatura. La sognatrice sa che qualcosa nel suo percorso l’ha condotta ad un punto dal quale non c’è ritorno: ormai lo scrigno è aperto e presto o tardi lo sportello cederà, favorendo l’irruzione della coscienza nell’inconscio e viceversa. 4.Il 4) Il carillon. Proprio nel momento precedentemente descritto, quello in cui la sognatrice teme una forzatura delle difese e un’invasione conscio-inconscio, lo sportello della cassaforte da lei chiuso emette un suono, quello di un carillon. ‘Carillon’ è un vocabolo francese derivato dal latino ‘quatrinionem’, con il significato di ‘gruppo di quattro campane’. Sappiamo che tutte le strutture quaternarie sono dei màndala: Jung ha molto studiato l’emersione di questi simboli dall’inconscio onirico, riconoscendo ad essi un grande valore nel processo di ‘individuazione’, cioè nello sviluppo della consapevolezza e dell’autonomia individuale. Dalle profondità interiori della nostra sognatrice emerge dunque un màndala, e da esso si diffonde la canzone “Fratelli d’Italia”. Esaminiamone le implicazioni: a) questa canzone è un inno all’unità di tutte le componenti della nazione, che finalmente si ‘destano’ e combattono contro l’oppressore e, soprattutto, reagiscono alla separazione interna, all’inconsapevolezza della patria comune, al giogo dell’ignoranza del proprio antico retaggio, alla passiva rassegnazione per la mancanza di senso, di eroismo e di nobiltà. b) Secondo le dottrine orientali dello Yoga la struttura psico-fisica umana consta di sette suddivisioni principali, sette centri di coscienza: i chakra. Soltanto il risveglio consapevole di Kundalini – anche questa procedente a spirale (kundal significa ‘ricciolo’) - può unificarle, e questa unificazione corrisponde a proprio a quello che per Jung è il processo di individuazione. Quando l’inno di Mameli fu scritto l’Italia era smembrata in sette stati. La canzone recita: “Uniamoci, amiamoci / l’unione e l’amore / rivelano ai popoli / le vie del Signore.” Non abbiamo bisogno di analizzarne ulteriormente il possibile senso interiore ed esoterico… 5.La risata. La sognatrice reagisce al carillon con una risata che la porta al risveglio:
a) possiamo
interpretare l’evento come un’esplosione energetica che, sopravanzandone i
dubbi e il tentativo di chiudere il vaso di Pandora, cioè la
comunicazione con l’inconscio, porta Carla al destarsi della
consapevolezza nella direzione dei valori unificanti dell’inno;
b) possiamo però anche
leggervi una ulteriore resistenza: in realtà, quello che dovrebbe
essere il processo di collaborazione dei chakra e di risalita dell’Albero,
citato anche all’inizio del sogno, viene quasi caricaturizzato in
un canto patriottico dagli accenti marziali e romantici e dai contenuti
che, per la sensibilità smaliziata di oggi, risultano più formali che
sostanziali. Ancora una volta, in questa interpretazione, tutta la ricerca
interiore, l’unificazione delle parti di sé, il risveglio eccetera,
sarebbero una visione della vita semplicistica e un po’ grottesca, forse
più adatta - come il suono di un carillon – a sensibilità infantili,
cioè a chi non ha una consapevolezza adulta della realtà.
c) Probabilmente
ambedue le interpretazioni sono vere, così come il destarsi della
sognatrice e il successivo ricadere nel sonno e nel sogno senza ricordare
più nulla, passando dalla memoria all’oblio: segni di un’ambivalenza, di
una ricerca in corso, di domande importanti per le quali Carla sta
lottando al fine di trovare una risposta soddisfacente. |