Commento ai sogni  di Vincenzo 1-14 gennaio 2005

 

 

La paura

Ricordo mia madre dire – con la saggezza contadina delle mie parti – “lascia pure che dicano, tutti si lamentano, però nessuno vuole andarsene  da questa vita. Tutti vogliono restare qui.”
Accettazione del presente ?  Timore di lasciare la “strada vecchia”….?
Sicuramente. Però a mio avviso anche tanta paura: della “strada nuova”, del futuro, di quello che non si conosce, dell’”oltre”.
Per  scrollarci di dosso questa paura, conscia o inconscia che sia, c’è e c’è stato nei millenni tutto un fiorire di pratiche, superstizioni, amuleti, divinazioni, manie, fobie e tutto quanto immaginabile per offrire alle persone dubbiose qualche minima certezza o pseudo tale.
In fin dei conti che cos’è l’attaccamento? Una mancanza di sicurezza, un atteggiamento che ci condiziona a cercare qualche certezza; soprattutto quando siamo incapaci di abbandonarci, di fidarci. E qui – penso – le religioni hanno dato e danno una svolta sia psicologica che comportamentale. Chi è più sereno di una persona che ha dentro di se la Fede? Fede vuol dire fiducia, si dice sempre. MAI CI FU PIU GRANDE VERITA’.
Nei sogni di Vincenzo traspare, a mio avviso, questo bisogno di qualcosa di profondo, di solido, di incrollabile. Quasi che alcune cose siano a tutt’oggi rimaste irrisolte. Infatti dice che “era come se fossi alla fine della vita per fare un bilancio”.  E poi la ricerca spasmodica di qualcosa che dia certezza, solidità  (l’oro, i Piani e Progetti vari dell’ARCHITETTO). Finalmente un simbolo che suggerisce una via spirituale:           i rosari viola, l’uva….
Certo il dover scegliere fra restare e finire nella “retata” ed aver salva la vita terrena e ultraterrena ha causato trambusto esteriore ed emozione interiore…..
Vincenzo non ci dice se, una volta sveglio, si è sentito meglio. Ma io sono sicura di si'.

Grazie.  

Anna

 

 

 

Vincenzo 1 e 2 – interpretazione di Maurizio

La prima reazione che ho avuto leggendo questi racconti onirici è stata quella di rendermi conto della loro difficile decifrabilità per chi non conosce o non appartiene all’ambito di vita del sognatore, alla sua cultura, al suo tipo di ricerca. Intendo dire che uno psicologo, nel caso volesse interpretare detti sogni, dovrebbe necessariamente fare ampio uso di associazioni personali da parte del sognatore per cercare di comprendere il significato di certi elementi come il colore viola, l’ebraismo, la reincarnazione, l’’attaccamento’, eccetera. Da questo punto di vista si tratta – se così si può dire - di sogni esoterici, nel senso di riservati a pochi. L’altra notazione che subito mi è sembrata evidente è stata l’ambientazione di tutti e due i racconti onirici, secondo me molto simile: nell’un caso si tratta della famiglia, nell’altro di una comunità circoscritta, quella ebraica. Anche qui potremmo riscontrare, in fondo, la stessa caratteristica di esoterico e riservato a pochi: in senso psicologico il riferimento è ai legami primari, edipici, quelli della famiglia originaria, che fanno da sfondo alle riflessioni oniriche del protagonista. Due i possibili motivi di ciò: o il sognatore affronta qui temi particolarmente radicali, di base, oppure la sua disposizione normale - la sua visione del mondo - gli fa vivere comunemente un interno molto ben distinto dall’esterno; o, in definitiva, incidono ambedue i motivi.

 

 

 

1° sogno
 

Le nascite e le morti, la veglia e il sonno, il giorno e la notte: si tratta di fasi, più o meno importanti, definitive, incisive, dell’esistenza. Lungo l’intero percorso della nostra vita, dalla nascita alla morte, pur senza considerarne i due estremi, possiamo notare che vi sono diverse morti e rinascite, cioè periodi, momenti di trasformazione. Quelle più ovvie sono relative all’età: infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia. Il sognatore, evidentemente, avverte che uno di questi cicli della sua esperienza sta per chiudersi: è ‘alla fine della vita’, deve fare un bilancio. Il punto è che, sebbene una fase stia finendo e la sua personalità è mutata, c’è ancora qualcosa di precedente che non è stato risolto, che non è definitivamente appagato, come un rimpianto. Il pullover della caccia forse allude ad un momento di vitalità nel passato, e anche alle possibilità che la caccia stessa rappresenta: ‘cacciare’ dal latino ‘capere’ - ‘prendere’, ‘afferrare’ - stessa etimologia di capire. C’è ancora qualcosa da capire? Alcune parti della personalità del sognatore sembrerebbero dire di no, che ciò sarebbe un tornare indietro, essere attaccati - cioè prolungare legami con ciò che è ormai superato o superabile, reincarnarsi – cioè limitarsi, cedere alle passioni, perdere in spiritualità. L’io onirico, però, non è convinto: vorrebbe restaurare il pullover (probabile figurazione del corpo fisico – quello nel quale ci si ‘reincarna’), vorrebbe forse e soprattutto recuperare il desiderio di capire, lo spirito di ricerca. Quest’ultimo da un lato è grande vitalità, fede, disponibilità ad imparare, dall’altro significa rimettersi in discussione, perdere certezze, smuovere cristallizzazioni, essere ‘attaccato’ nell’altro significato della parola, non evidente nel senso letterale del sogno: attaccato in quanto vulnerabile al dubbio, all’incertezza, al… nuovo. Rinascere, infatti, nell’ipotesi reincarnazionista più alta (secondo me), non significa consentire al richiamo deteriore delle passioni, bensì seguire il ciclo evolutivo che conduce naturalmente l’individuo verso nuove e appropriate esperienze, al fine di maturare una sempre maggiore ampiezza della coscienza.

 

 

2° sogno


Anche qui un’urgenza: non è direttamente quella della morte, bensì è una retata da parte dei nazisti. L’io onirico non prende parte attivamente, non si coinvolge, ma osserva, è in posizione riflessiva, di distacco, mentre i personaggi simbolici  agiscono sulla scena del sogno. Anche qui c’è un ‘interno’ - che non è la famiglia, ma un gruppo di ebrei (ebreo = straniero, letteralmente ‘che proviene da terre al di là di’, ma anche avente il significato di eletto: ambedue riferimenti alla condizione degli esseri umani rispetto alla cosiddetta vita ‘terrena’, secondo una visione delle cose che potrebbe appartenere al sognatore) negli anni ‘40, e un ‘esterno’ – che non è il rischio di una nuova nascita nell’esteriorità della carne, ma quello di essere catturati, ‘attaccati’ da nemici, forze karmiche incontrollabili. I numeri 40, 45 –  se riferiti alle età della vita – indicano la piena maturità, un momento prima della fase discendente della stessa. In quell’istante, antecedentemente a quella fase declinante e prima della cattura da parte dei nemici (‘olocausto’ significa che tutto viene bruciato, annullato), qual è il vero valore, ciò che vale la pena di salvare? ‘Oro’, viene detto nel sogno, quello presente nella valigetta dell’’architetto’, ‘un bel giovanotto alto e robusto’, probabilmente una figurazione del Sé (architetto come individualità alla base della struttura della personalità). E’ incerto se in questa valigia ci sia realmente il prezioso metallo (così ricercato dagli alchimisti, simbolo della trasformazione spirituale), oppure semplicemente ‘carte, piani e progetti vari’, cioè soltanto teoria, senza concrete realizzazioni. In realtà qualcosa c’è, si tratta di ‘rosari di colore violaceo, profumati alla rosa’. La preghiera, dunque, cioè la pratica spirituale, meditativa, con riferimenti alla rosa, alla rosa-croce, al viola come colore esoterico della purificazione, della sublimazione, del distacco. Il Sé-architetto, però, è sempre sorprendente, oltre le concezioni e le comuni aspettative: non dà alcun valore alle coroncine – che sembrerebbero avere un così alto significato interiore -  ma le sostituisce con ‘grappoli d’uva dagli acini grossi e violacei’, rappresentazione forse della stessa cosa, ma sottoforma di frutti corposi e vitali, pieni di succo, nutrimento, vita, sensoriali e per nulla ascetici. Il Sé sembra propendere non per il distacco, bensì per il coinvolgimento. Invece di attendere passivamente i nazisti, incita tutti a reagire, scappare, a scendere, cioè a prendere la direzione dell’azione, della partecipazione attiva verso il basso e verso l’esterno. Le varie componenti della personalità del sognatore sono disorientate, perdono parte dei grappoli, cercano di raccoglierli, s’intralciano l’un l’altra, sono spaventate e agitate dalla rapidità e dall’incertezza del movimento suggerito...
Dopo il sogno la realtà di veglia sembra giocare con il sognatore, strizzandogli l’occhio e riproponendogli dei rosari di colore viola in numero di 45, (3x3x5) e, quindi, suggerendogli ancora il messaggio onirico. Per inciso in Oriente, dove di ‘rosari’ se ne intendono, i japamala sono normalmente costituiti di 108 grani, ma non solo: è sufficiente che la somma delle cifre del loro numero faccia 9. Quindi, 27 (2+7=9), 36 (3+6=9) anche 45 (4+5=9), eccetera. Questi numeri rappresentano i klesha, cioè le impurità, gli ostacoli, la totalità delle prove da superare. Prove che, se accolte e affrontate, possono trasformarsi in frutti rigogliosi della consapevolezza…

 

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