Mi trovo nel mio quartiere a
bordo di una piccola macchina, probabilmente un'utilitaria, sono con mio
fratello Tonino (ancora vivente), e mio padre Vito (ora defunto); siamo in
giro a fare non so che; le strade sono deserte e io sto parlando con mio
padre, decidiamo di tornare a casa .
Cambio il senso di marcia e mi dirigo in direzione della via dove
abitiamo .
Questa via, è una piccola via, ma è la mia via; ed ancora oggi è il posto
dove abito .
Imbocco questa, e subito mio fratello Tonino inizia a parlare chiedendomi
di fermarmi perché vuole tornare indietro, nel quartiere; io rallento ma
non mi fermo, e gli dico che non è il caso, e gli espongo delle
argomentazioni che penso lo potrebbero convincere a desistere; però gli
argomenti e le parole che uso, ora mi sfuggono dalla memoria .
Poi, dietro sua insistenza mi fermo, siamo a metà della piccola via dove
abito e dove nel frattempo siamo arrivati; gli chiedo dove vuole andare a
quell'ora tarda. Lui mi risponde : - Al Club 25 -
Ed allora io chiedo ulteriori informazioni riguardo questo club.
Mentre si svolge la scena, mi viene da notare che a mano a mano che mi
addentravo sulla via di casa , la strada si era fatta sempre più scura,
come se i lampioni verso la fine della via fossero spenti .
Dico che mi fermo a metà della strada per far scendere mio fratello ,
egli mi spiega che il Club 25 è un circolo per giocatori ma questa sua
risposta invece di tranquillizzarmi, aumenta il mio senso di
preoccupazione riguardo questa sua decisione.
Ora la scena si è spostata accanto alla macchina ; io supplico mio
fratello di non andare perché non è una cosa buona, lui però rimane nella
sua intenzione.
A questo punto cerco di trattenerlo a forza, ed in questo maldestro
tentativo di fermarlo, gli faccio perdere l'equilibrio: dopo averlo fatto
barcollare lo faccio cadere a terra e non so come scivolare al di sotto
dell'auto.
Mi metto a piangere perché penso che con la mia maldestrità , possa aver
procurato dei danni al mio fratellino.
Mi giro e guardo mio padre, lui non dice una parola, ed il suo volto è
senza espressione.
Io invece riprendo a parlare dicendo che non volevo fargli del male, e
intanto che parlo, mi adopero per tirar fuori da sotto la macchina mio
fratello.
Durante questo mio fare, continuo a piangere.
Riesco nell'impresa, però ........ da sotto la macchina, non tiro fuori
mio fratello ma uno sconosciuto (?) vestito di cuoio nero .
Questo ha una corporatura ed una fisionomia un poco diversa da quella di
mio fratello; noto che costui ha pure dei baffetti .
Dallo stupore smetto di piangere mentre continuo a guardare questo
sconosciuto; lo aiuto a rialzarsi e a spolverarsi; questo mi guarda, ma
non dice una parola, poi prende e va per i fatti suoi.
NOTA BENE : ho vissuto con tale
intensità il sogno, che quando ho aperto gli occhi ho scoperto che questi
erano umidi di lacrime vere .
GRAZIE Cristiano
Onofrio Gerlando
Sogno di Cristiano -
interpretazione di Franca
"Mi trovo nel mio quartiere, in
una piccola macchina, probabilmente un'utilitaria..."... la situazione che
il sogno descrive all'inizio e' familiare, quotidiana, ordinaria, cioe' di
routine: tutto e' come al solito, ma nello svogersi del racconto acquista
drammaticita' e stupore e sofferenza fino alle "lacrime vere".
Consideriamo come al solito il fratello (Tonino, da Antonio = colui che
affronta, combatte, procede) e il padre del sognatore (Vito = vivo,
vivente, ma anche bellicoso) come componenti psichiche di Cristiano: il
padre rappresenta la figura del senex, dell'autorita' del censore, e nel
linguaggio cabalistico il Chesed; il fratello piu' giovane puo'corrispondere
invece al puer, quello che vuole giocare (probabilmente d'azzardo)
e che vuole vincere, per questo nell'Albero gli attribuiamo la Sephirah
Netzach, la Vittoria; Tonino pero' col suo "gioco" mette a rischio le
"sicurezze" del Figlio, il sognatore stesso, il guidatore dell'auto, il
Tiphereth (Bellezza), il cuore dell' Albero.
"Siamo in giro a fare non so che...": i tre personaggi, pur essendo
nell'auto che e' come una piccola casa e simboleggia il Malkuth (il
Regno), sono fuori di Casa, cioe' stanno esteriorizzando, ma "senza
sapere" cosa realmente "fare"; nasce allora il contrasto tra la volonta'
del sognatore, Figlio e la volonta' del "puer" fratello. Per sentirsi al
sicuro il Figlio cerca la solidarieta' del Padre, insieme decidono di
tornare a Casa, di interiorizzarsi e tornare alle certezze di prima che
iniziasse il "viaggio". In tal senso il ritorno a Casa, per cui occorre
"cambiare il senso di marcia", significa in realta' percorrere la Via,
una "piccola via" , che e' la Via del Figlio ed "e' quella dove abita" il
sognatore nel racconto. Non possiamo non vedere in questa sua insistenza
sulla "via" il riconoscimento della Via del "Dharma" la Via del dovere e
la Via del fare la "cosa giusta" che continuamente nella quotidianita' si
rischia di perdere per "gioco".
Vediamo ora il sogno da un altro punto di vista: inizia ad un certo
momento la lotta tra i due fratelli, che in questo caso possono essere
ancora simboli del Vecchio (essendosi identificato il sognatore col Padre)
e del Bimbo interni: e' il contrasto tra il desiderio di "casa" (il noto)
e quello di "Club 25" (l'ignoto). Esaminiamo la parola "club": essa
letteralmente tradotta dall'inglese significa "mazza" o "bastone" e noi
sappiamo che i "bastoni" sono il simbolo del comando e anche del "fuoco";
inoltre club significa anche "circolo" di persone o "luogo" di ritrovo per
chi ha i medesimi interessi (culturali, economici, artistici o altro),
voler andare di notte al Club esprime la necessita' di conoscere il
"centro" in oggetto nella sua parte oscura, ombrosa. Il 25 e' un numero
molto particolare, e' il giorno del Natale, ma e' anche il 25esimo
sentiero della Kabbalah relativo alla lettera Samech che indica
l'Avversario; poi 25 = 2+5 = 7 che e' il numero di Netzach, la Vittoria a
cui accennavamo prima in riferimento al nome del puer (Tonino) = fratello
del sognatore: questi dunque vorrebbe solo realizzare il significato
interno di se stesso, di colui che combatte e vince, essendo anche lui
figlio del Padre Vito, il bellicoso. Il contrasto tra i fratelli provoca
pero' la perdita della Luce: "...la strada si era fatta sempre piu'
scura, come se i lampioni verso la fine della via si fossero spenti". Se
la Via e' quella che porta a Casa = Daath, la Coscienza), allora "i
lampioni della fine della via" sono quelli relativi a Geburah (Forza,
Madre) e Chesed ( Giustizia, Padre); di Geburah nel sogno non c'e' traccia
se non nel fatto che il sognatore tenta di "trattenere a forza" il
fratello che vuol andarsene al club, facendogli "perdere l'equilibrio". La
perdita dell'equilibrio provoca la caduta di Tonino sotto l'auto. Se
all'auto avevamo attribuito il significato di Malkuth, "scivolare sotto
l'auto" significa conoscere l'albero capovolto, quello oscuro,
dell'Ombra, in relazione al sentiero 25esimo del Diavolo, ed infatti
quando il sognatore riesce a tirar fuori da sotto la macchina il fratello,
questo non e' Tonino, ma uno sconosciuto, con "baffetti" e "vestito di
cuoio nero", figura che richiama indubbiamente l'Avversario, che pero'
alla fine "non dice una parola e poi prende e va per i fatti suoi"....
Il pianto purificatore libera il sognatore dal rimorso di non aver
compreso la necessita' del fratello di conoscersi, di non averlo
accompagnato nel Club 25 e soprattutto di non aver coinvolto il Padre
nella possibile avventura.
Ci sara' sicuramente un'altra occasione. Buona fortuna, Cristiano (=
seguace del Cristo), Onofrio (= portatore di doni), Gerlando (= che
possiede la lancia nella sua Terra)!
Grazie. F.V.
Cristiano
-
Interpretazione di Maurizio
Le strade del quartiere sono deserte. Cristiano e suo padre decidono di
ritornare a casa cambiando il ‘senso di marcia’: il sognatore sente il
bisogno di rientrare in sé stesso, non trovando all’esterno – nel
quartiere, cioè nel campo di esperienza della mente conscia, nei rapporti,
nell’ambiente – altro che una situazione di vuoto, di deserto, di
insoddisfazione, in cui non sa neppure bene cosa stia facendo. E’
assistito e confortato dall’archetipo paterno, figura interiore protettiva
e salda con la quale il sognatore sente di potere e dovere colloquiare.
‘Quartiere’ può relazionarsi metaforicamente con una struttura
quadripartita come quella dell’Albero della Vita, il cui il ‘quarto’
inferiore – il più esterno e legato all’esperienza quotidiana – è il
‘mondo assiahnico’, relativo all’elemento ‘terra’, al piano ‘fisico’,
quello nel quale l’individualità ‘incarnata’ abita.
Tonino non è d’accordo sul rientro a casa: con caparbietà insiste per
‘tornare indietro’, cioè nel quartiere e nel mondo esterno, nonostante
l’’ora tarda’ che forse, per ciò stesso, è l’ora della maturità, quella
della seconda metà della vita cui Cristiano in effetti si approssima: suo
fratello, più giovane di lui - e quindi probabile rappresentazione di una
componente psichica non ancora cresciuta - non si trova in sintonia con le
decisioni prese; né le argomentazioni, né il buon senso, né le suppliche
serviranno a smuoverlo. Nel frattempo le luci in fondo alla strada si
attenuano o si spengono: un segnale del confronto con la morte, con le
riflessioni sul significato della propria esistenza e i consuntivi
collegati. Tonino vuole andare al ‘club 25’, un ‘circolo per giocatori’:
forse un’allusione ai 25 anni di età, in cui i temi dell’associazione con
altri e del gioco relazionale possono avere particolare rilievo, una certa
vitalità e freschezza. Non dimentichiamo che, all’inizio del racconto, il
sognatore dice che Tonino – a differenza del padre – è “ancora vivente”:
una componente psichica ancora attiva in Cristiano. Ma dov’è la vita vera:
in Tonino con la sua pericolosa, incosciente e superficiale caparbietà
impegnata nel mondo esteriore, o nel padre defunto che propende per un
rientro in sé stessi e il cui nome – Vito – sembra alludere comunque ad
una forma di vitalità, magari ad un livello più alto? L’io del sognatore,
in effetti, propenderebbe per la soluzione più ‘matura’, ma c’è in lui
questo personaggio ‘ancora vivente’ che fa una grande resistenza.
Cristiano ne sente fortemente la responsabilità, si adopera in ogni modo,
piange, si dispera e, sotto lo sguardo muto – e forse per questo
giudicante – del padre, ne tenta maldestramente il recupero non
riuscendovi. A questo punto mi sembrano interessanti alcune osservazioni:
1.
La ‘piccola macchina’ e la ‘piccola
via’ ricordano il ‘piccolo veicolo’ del buddhismo, lo Hinayana. Per i
Maestri del Mahayana (il ‘grande veicolo’) con questo termine si intende
una via spirituale basata su un eccessivo isolamento, su un’introspezione
che tende al rifiuto del mondo, alla chiusura, ad una ‘Illuminazione’
solitaria e valida soltanto per sé stessi. Se questa annotazione potesse
davvero avere un valore nel sogno di Cristiano, si dovrebbe dire che
l’evento onirico – proprio all’opposto di quanto sembra ad un primo esame
– manifesta accenti critici verso il ‘rientro a casa’, giudicandolo come
una chiusura. In questo senso l’istanza portata avanti da Tonino – quella
del ‘club’, dell’associazione, del gioco, dell’apertura – verrebbe ad
assumere valenze positive e ad essere il vero suggerimento di sviluppo
interiore che dà il sogno.
2.
Il numero 25, al di là della possibile
indicazione dell’età anagrafica, rimane enigmatico e di difficile
interpretazione. Rivolgendoci però alla tradizione cabalistica –
specializzata nelle analisi numerologiche - abbiamo dei risultati a dir
poco sorprendenti:
a)
esistono alcune parole ebraiche di
contesto biblico che hanno il valore numerico di 25: ‘abihu’(aleph+bet+yod+heh+vav+aleph=1+2+10+5+6+1)e‘ahio’(aleph+chet+yod+vav=1+8+10+6).
Esse significano rispettivamente: “egli è mio padre” e
“fraterno”. Stesso valore ha il termine ‘daka’
(daleth+kaph+aleph=4+20+1) che vuol dire ‘separazione’ o ‘scontro’,
e può alludere proprio ai momenti conflittuali del sogno legati da un lato
al rispetto della decisione presa con il padre di tornare a casa e,
dall’altro lato, all’affetto fraterno verso Tonino. Significa anche ‘pentirsi’,
e si rapporta così con il sognatore che si ritiene responsabile delle
disavventure del fratello più piccolo, cioè di una certa parte di sé.
b)
C’è un’altra parola ebraica di ambito
biblico, ‘Yoah’ (yod+vav+aleph+chet=10+6+1+8), che ha valore 25 e
ci dà un’indicazione veramente illuminante: significa “YHVH è (mio)
fratello”. Quindi, in questo caso, il divino si rivela nel fratello di
Cristiano: a questo punto sembra veramente plausibile l’ipotesi che Tonino
rappresenti non tanto un elemento istintuale e regressivo rispetto alla
maturazione del sognatore, ma costituisca invece – se compreso – la linea
di ulteriore sviluppo, di rinnovamento.
c)
Ancora più rilevante è la
corrispondenza tradizionale del 25 con una parte della famosa frase di
Genesi 1,3: “E Dio disse: che la luce sia, e la luce fu.” In questa frase,
infatti, la locuzione “che sia” vale 25: yahi
(yod+heh+yod=10+5+10). Il senso è duplice: l’allusione all’atto creativo
per un verso, ma anche il lasciare che le cose si manifestino, che gli
impulsi profondi – nel caso del sogno – possano liberamente emergere.
Dobbiamo concludere che Tonino –
nel suo sprofondare al di sotto della ‘macchina’ (la struttura della mente
conscia) e nel suo riemergere trasformato, come uno sconosciuto vestito di
‘cuoio nero’ – rappresenti soltanto in parte l’Ombra o, comunque, incarni
quella parte dell’Ombra che nasconde i messaggi del Sé. Un Sé – cioè un
‘vero io’ – ancora oscuro perché occultato, silenzioso: non più il giovane
Tonino, ma un adulto sicuro, deciso e con un paio di ornamentali baffetti,
prefigurazione di un futuro Cristiano. Il sogno, in questa chiave, sembra
consigliare al suo protagonista di non ripiegare eccessivamente su sé
stesso, ma di continuare ad accettare il gioco del mondo, come è – del
resto – nella sua natura. Non è il caso di indulgere nelle chiusure, nei
rifiuti, nelle paure e negli allontanamenti. Ciò non disattende l’esigenza
simbolicamente suggerita dall’immagine del padre defunto, cioè l’entrare
nel proprio intimo, in casa, cercandovi conforto e protezione. Semmai
potrebbe significare trovare una nuova sicurezza nel mondo degli eventi
quotidiani, con un sé stesso ‘adulto’, indipendente, sereno e – finora -
ancora sconosciuto. Per concludere, esprimo in forma di pensieri
meditativi le indicazioni rintracciate all’interno del racconto onirico:
Meditazione
Cristiano 16
Io trovo che la mia
esperienza quotidiana
nel deserto del mondo e nello
stagno della percezione
stia diventando priva di
attrattive e di significati.
Per questo motivo sono
portato a tentare un ritiro dal mondo,
riappropriandomi di quei
valori che, forse,
un tempo non vedevo o non
sapevo adeguatamente apprezzare.
Tuttavia, pur essendo
corretta la direzione
verso una maggiore
interiorizzazione,
qualcosa dentro di me
suggerisce
di non chiudermi,
di non considerare il
rapporto con gli altri e con l’ambiente
realmente privo di
significato.
Tutt’altro: vincere le
difficoltà esterne
è un modo per conoscere me
stesso
e per riappropriarmi di quel
potenziale che ho sempre avuto
e che lo scoraggiamento
minaccia ora di allontanare.
Io sono nel mio mondo per
imparare e per essere vittorioso
e lo farò rimanendo nel luogo
dove la vita mi ha condotto. |