Siamo nella sede del
CIS, con Franca, Natale e tutto il gruppo. Si tratta di un castello
grandissimo, con mura medioevali, una cappella interna, una struttura
imponente. Franca, fra un discorso e l’altro, dice: “Devo chiedere ai
Superiori.” Mi spavento un po’. Penso: chi sono questi ‘Superiori’, di
quale autorità parla, a chi si rivolge? Insomma, chi c’è… sotto?
Dapprima esito, poi glielo chiedo apertamente. Franca mi risponde in una
maniera complicata, ma capisco che sta parlando di preghiera, di
meditazione, di contatto con l’intimo. “Ho capito”, dico, “anch’io
faccio qualcosa del genere.” Usciamo tutti dal ‘castello’ e ci troviamo
in un’ampia tenuta. Dobbiamo scendere lungo una sorta di crinale, una
zona acquitrinosa, con pozze più o meno profonde. Vedo che Paola e altri
sono già avanti, mentre Emma è rimasta più indietro, mi è quasi vicina.
So di possedere una particolare facoltà: posso scendere per il punto più
difficile del crinale perché riesco a ‘planare’ levitando parzialmente e
non affondando nelle pozze d’acqua. Mi appresto, dunque, ad andare giù
per quella via, quando mi si avvicina Franca e mi informa che lei e
Natale ritengono buono il film sui “Tre Moschettieri”, e che ci potremo
‘lavorare’ sopra. “Quale?” replico sorpreso, “Non sarà mica quello
uscito da poco nelle sale cinematografiche!” “Si, è proprio quello.” “Ma
è un film ‘moderno’, a colori!” “Lo so, ma lo abbiamo trovato valido”,
mi risponde Franca.
Autointerpretazione
Apprestandomi a tentare
un’auto-spiegazione di questo mio sogno dopo un certo tempo che non mi
cimentavo nell’impresa, mi sono trovato a riflettere sull’esperienza del
sogno in genere e sulla sua ‘lettura’. Mi è sembrato di scoprire
l’esistenza di diversi livelli di interpretazione dell’evento onirico, a
cominciare dall’evento stesso che – comunque – è una percezione di
qualcosa di sconosciuto, profondo, che si produce dentro di noi e,
dunque, è anch’esso una visione, una interpretazione di un ‘quid’
misterioso. I livelli anzidetti, riscontrati nello schema dell’Albero
della Vita, sono i seguenti:
Ho associato
l’esperienza stessa del sognare, la visione onirica, al piano fisico,
non perché essa si svolga su questo livello, quanto perché si tratta
della ‘materia prima’ di cui stiamo parlando e, inoltre, del prodotto
iniziale, meno elaborato, ‘naturale’, quindi di base. Già il ricordo del
sogno, successivo all’esperienza stessa, ne è un’elaborazione, una
ricostruzione, sia pure ad uno stadio percettivo ed emotivo e ancora
senza una spiegazione. Anche etimologicamente, comunque, l’atto di
ricordare (dal latino ‘recordari’, derivato di ‘cor, cordis’, ‘cuore’) è
legato al cuore come centro dei sentimenti. Spesso in questa seconda
fase ‘astrale’, il racconto onirico ci appare privo di senso,
misterioso, senza neanche un barlume di sistematizzazione conoscitiva,
appartenendo quest’ultima al piano mentale. Il racconto è una ulteriore
trasformazione del materiale del sogno, se non altro perché implica la
necessità di dare ad esso una forma verbale, espressiva, comprensibile:
in questa fase diventa una storia che, magari con i contenuti più
strampalati e senza coerenti riferimenti spazio-temporali o d’altro
genere, rientra giocoforza in una struttura ordinata, ‘mentale’. Così,
pur non volendo interpretare il sogno, già il fatto di narrarlo in
parole ne rappresenta un tentativo di chiarificazione. Naturalmente,
come per qualsiasi elaborazione conoscitiva, si corre qui il rischio di
operare una riduzione, una banalizzazione o addirittura una
modificazione importante del vero messaggio onirico, involontariamente
adattandolo alle esigenze consce. Stesso inconveniente può verificarsi
nella interpretazione vera e propria, anch’essa elaborazione a livello
della mente. Da un altro punto di vista, comunque, qualsiasi prodotto
dell’individuo, perfino su questo piano apparentemente non ‘spontaneo’,
è una espressione genuina, e una tappa del suo percorso
auto-conoscitivo. Il livello più alto, la ‘comprensione’ del sogno sul
piano causale, somiglia di più ad una intuizione profonda, ad una sorta
di ‘illuminazione’ che integra le visioni precedenti dando loro un senso
più ampio, comprendente sia indicazioni letterali, che emozionali, che
chiarificatrici e, soprattutto, riesce a recuperare nel racconto onirico
un messaggio evolutivo, una indicazione di sviluppo della
consapevolezza. E’ quanto ognuno di noi ‘sognatori’ del CIS vuole
realizzare, dopo aver fatto un sogno (fisico), averlo ricordato
(astrale), averlo raccontato al gruppo e riflettuto sulle indicazioni
interpretative fornite dai compagni di ricerca (mentale). Talvolta,
inoltre, abbiamo utilizzato una tecnica di rappresentazione spontanea
dell’evento onirico, nella quale è possibile tentare di ritrovare la
completezza di tutti i livelli interpretativi integrandoli nel piano
causale. In questa sorta di trasposizione scenica si utilizza, a partire
dal racconto di un sogno: il fisico perché si agisce concretamente sulla
scena teatrale, l’astrale perché ne vengono rivitalizzati i contenuti
emotivi, il mentale perché si segue il canovaccio della vicenda
raccontata, il causale perché si lascia spazio all’intuizione
sovra-mentale, archetipica e simbolica del messaggio del sogno e alla
possibile soluzione delle sue tematiche intrinseche, anche in una forma
nuova e originale rispetto alla storia narrata.
Detto ciò, ritorno al mio sogno attuale. Considero che i personaggi sono
parti di me, e anche le ambientazioni. Qui sono descritti due ‘territori’,
uno ‘interno’, solido, antico, con una zona adibita alla preghiera, e
l’altro esterno, di ampio respiro, ma con alcune difficoltà e pericoli.
Il primo territorio potrebbe rappresentare il mio mondo interiore, ormai
ben strutturato anche per una questione di età anagrafica (45 anni), con
riferimenti ‘archetipici’ alla storia profonda, ‘antica’, e alla
spiritualità. ‘Medioevo’ può alludere sia all’anzidetta età anagrafica
come ‘età di mezzo’, sia al presente come momento centrale fra passato e
futuro, sia al fatto che siamo nel ‘castello del CIS’, del Centro Io
Sono, cioè di un nucleo a-temporale o una Via di Mezzo, connessi con la
regione psichica del Sé. Però, rispetto alla conoscenza del Sé
superiore, il Vero Io, e al collegamento con le sue funzioni, si
manifestano dei problemi, delle incertezze: Franca vi si riferisce come
ad una autorità cui chiedere, forse persino una autorità esterna; per lo
meno questo è l’immediato dubbio del Maurizio onirico che,
evidentemente, come il Maurizio di veglia, teme idee o fattori
condizionanti, reputandoli estranei ad una ricerca spiritualmente
libertaria. C’è, dunque, il bisogno di una chiarificazione:
l’assicurazione che si parla di qualcosa di interno, di meditazione.
“Vabbè, ho capito”, sembra dire il sognatore, “non c’era bisogno di
usare termini così discriminatori fra superiore ed inferiore…”. E’
evidente il bisogno di non separazione, in analogia con il ‘medio-evo’,
l’interna Via di mezzo anzidetta. Questo dialogo avviene nel sognatore
stesso (essendo qui ‘Franca’ una sua sfaccettatura psichica) che
probabilmente ritiene di non aver ancora del tutto conciliato il ‘mondo
delle Idee’ (i ‘Superiori’) con la realtà concreta, umile e limitata
della vita, di cui sente di dover rivendicare l’importanza. La fase
seguente, l’uscita dal castello nell’ampio parco, sembra confermarlo:
l’esigenza del sognatore di non chiudersi in un ambito elitario, quello
delle sue opinioni, della sua ricerca, della personalità che si è
costruito, della sua spiegazione del mondo. Al di fuori la vita ha un
respiro molto più vasto, imprevedibile, sia pure spazialmente definito
(è pur sempre un ‘parco’), cioè con le sue leggi, ma con confini più
grandi di quelli della propria area culturale. Questa passeggiata
all’esterno probabilmente è proprio un’indicazione onirica a portare la
ricerca interiore ad integrarsi con l’aspetto opposto, cosiddetto
esteriore. All’interno c’è il tempo ‘soggettivo’, il ‘medio-evo’ con i
suoi equilibri, fuori lo spazio ‘oggettivo’. Ci sono, però, dei rischi,
territori scoscesi e sdrucciolevoli, pericolosi, con buche piene d’acqua
nelle quali si può affondare. Il sognatore ritiene, comunque, di aver
maturato la capacità di affrontare con efficacia un ambiente con questo
tipo di difficoltà: sa di possedere la facoltà, per così dire, di
‘camminare sulle acque inferiori’, simbolo dei veleni, delle oscurità,
senza affondare in esse, magari aiutando anche altri o altre parti di sé
stesso a percorrere la Via. Prima di proseguire, ecco un ulteriore
messaggio di Franca e Natale, stavolta sulla validità dei “Tre
Moschettieri”: non quelli intellettualmente, culturalmente e
spiritualmente accettabili, bensì quelli ‘moderni’, a colori, coinvolti
nei limiti della realtà attuale e non nel ‘tempo’ separato dell’intimo
soggettivo. Essi possono ben rappresentare le tre facoltà di relazione
ed elaborazione dell’uomo, quella sensoriale (fisico), sentimentale
(astrale) e intellettiva (mentale). ‘Tutti-per-uno, uno-per-tutti’ è il
loro famoso motto, quindi un implicito riferimento all’interrelazione
del piano causale, del Sé, dell’Uno (che, volendo, può essere adombrato
nel quarto Moschettiere, D’Artagnan!) con la molteplicità dell’esistenza
e con i mondi della manifestazione. I Moschettieri inoltre, come si sa,
sono attivi e combattivi, in grado di lottare in forma intelligente,
elegante, persino con humor, nelle difficoltà di tutti i giorni. Con una
particolare valenza ‘laica’: in difesa della Regina (l’Anima) contro
l’intrigo malevolo del Cardinale Richelieu, cioè la mente esclusiva,
arrogante e falsamente protettiva della sovranità religiosa e
spirituale…
Sogno Maurizio - interpretazione di
Franca
La descrizione del
castello di Maurizio ci introduce in un mondo di favola (il suo
mondo) in cui il Cis (=centro Daatico), Franca (=la Libera), Natale (=
il Rinato) e tutto il gruppo rappresentano, come al solito, le varie
componenti psichiche del sognatore in azione. Il Castello con mura
medioevali ( = dell'eta' di mezzo, come dicemmo per il sogno di
Marijana 3), e' il suo fisico, di cui la cappella interna ne
rappresenta la parte piu' sacra, il Cuore. La sua componente "Franca",
piu' aperta, indipendente e "libera" sa che per tutto cio' che riguarda
i movimenti del "gruppo" (vale a dire dell'Albero del sognatore) e'
opportuno chiedere ai Superiori : cioe', come poi spiega lui
stesso, contattare la sua parte piu' interiore e spirituale con
meditazioni, preghiere, ecc., per avere "lumi", ossia indicazioni certe,
per non commettere inutili errori.
Usciamo tutti dal castello :
questa uscita, che e' poi un'entrata, "porta" (= introduce)
all'esplorazione di un mondo piu' vasto: e ci troviamo in un'ampia
tenuta: (= esteso possedimento agricolo); avendo seguito i
suggerimenti dei Superiori , "la terra" che ora "il gruppo"-Maurizio
puo' esplorare, e' molto piu' vasta e non solo, ora essa e' anche ricca
di zone montane e acquitrinose, con pozze piu' o meno profonde
dove i componenti del "gruppo" possono spaziare, far esperienza: (vedo
che Paola (=la piccola) e altri sono gia' avanti), mentre
Emma (=la forte) e' rimasta indietro, e mi e' quasi
vicina: i vari centri di Maurizio agiscono e interagiscono a seconda
di quanto e' piu' giusto per lo sviluppo di tutto l' Albero e lui stesso
ha acquisito una particolare dote: levitare parzialmente ed
evitare di affondare nelle pozze d'acqua, vale a dire : egli
puo' "volare", quindi librarsi nel cielo del mentale ed evitare gli
acquitrini del sentimentalismo. Sarebbe tutto gia' scontato se, proprio
quando il sognatore sta per congratularsi con se stesso per aver trovato
la via, le sue componenti relative al suo spirito di indipendenza
(Franca) e di rinascita continua (Natale) non lo informassero che c'e
ancora qualcosa su cui lavorare , ed e' il film dei Tre
Moschettieri.
Sappiamo tutti che la
storia dei Tre Moschettieri di Alessandro Dumas padre (1802-1870) narra
le avventure di tre fedeli soldati, guardie del corpo della Regina, che
rischiano continuamente la loro vita per salvarLe l'onore e difenderLa
dai nemici. Invitare Maurizio a "lavorare" sui tre Moschettieri della
"Regina" (= la divina Shekinah) in senso cabalistico significa
"invitarsi" a lavorare sulle tre Sephiroth della colonna centrale: Yesod,
Tiphereth, Daath, perche', non si sa mai, c'e talvolta il pericolo di
scordarsene!!
Grazie. F.V.
Sogno di
Maurizio - Interpretazione di
Natale
Mi chiedo se qualche
studioso di psicanalisi, o di sogni in particolare, abbia mai avanzato
l'ipotesi che il sogno possa rappresentare una proiezione nel
senso psicanalitico. Da quello che ho letto, non mi risulta.
La Proiezione, in psicanalisi è un meccanismo di difesa, attraverso cui
un soggetto localizza fuori dalla sua psiche quanto rifiuta di
riconoscere come proprio. Per Freud, sia la superstizione che la
mitologia altro non sono che psicologia proiettata sul mondo esterno
. Egli afferma anche che il paranoico (la paranoia è una psicosi che
si manifesta con un delirio di persecuzione, di gelosia o di grandezza),
per esempio, proietta per "difendersi" dal proprio nemico. Ora, durante
i sogni l'Inconscio è attivissimo. Domanda provocatoria che ci investe
tutti: e se durante il sogno, divenendo inconsciamente tutti paranoici,
proiettassimo i nostri deliri di persecuzione in scenette oniriche
altrimenti non decifrabili?
E' scontato che nessuno di noi conosce al 100% la propria psiche, e che
pertanto teniamo ben lontani (si fa per dire) contenuti propri di essa
affibiandoli ad altri. Per cui, tale ipotesi di interpretazione non ci
sembra poi tanto assurda. A questo punto appare logico vedere in certe
qualificazioni di personaggi onirici, diversi da noi, ma che con noi
hanno molto a che vedere in quanto ad attività, a modi di vita, ad etica
e morale, ecc., soggetti su cui stiamo proiettando ciò che non
riconosciamo per nostro. Ma il processo proiettivo avviene pure nella
gelosia, laddove il soggetto, per esempio, ritiene il proprio partener
geloso, sol perché non riesce a riconoscere la propria (lampante per il
resto del mondo) gelosia. La stessa cosa accade nelle fobie, allorché
invece di riconoscere una propria pulsione scatenante paura, il soggetto
vede il pericolo dell'angoscia che lo opprime e minaccia, attraverso una
percezione che colloca tale pericolo lì all'esterno.
Avendo lanciato a me stesso tale sfida, vedrò di capire il sogno di
Maurizio a partire da tale sperimentale ipotesi di lavoro.
Siamo nella sede del CIS, con Franca e
Natale e tutto il gruppo.
Alla luce della nostra ipotesi, questo inizio di sogno ci introduce a
quelle che sono le prime spinte alla proiezione: il soggetto sognante
sta per entrare nella sua interiorità (e Maurizio è uno che sa come
calarsi in se stesso). Questa introiezione corrisponde, in certo senso,
ad un caricamento di molla: chi penetra dentro di se' sa benissimo che
può fare "brutti incontri". Sa che è possibile ritrovarsi faccia a
faccia con aspetti sconosciuti di sé, con parti di un'inquietante Ombra.
Quindi omologhiamo il CIS(Centro Studi Io Sono) alla "interiora terrae",
tutto il gruppo a tutti i modi possibili della discesa in miniera, e
Franca e Natale alle componenti organizzative di tale discesa agli
inferi. A questo punto è bene ricordare a noi stessi che tale tipo di
discesa non viene fatta una tantum, ma periodicamente si ripresenta,
perché su questo bel paradiso terrestre (!) che è la terra, il giardino
va tenuto pulito costantemente, perché, alla fin fine, quello che conta
di una persona sono i fatti e non le chiacchiere. Anzi, a proposito di
giardino, qualcuno lo ha paragonato alla propria anima: quando è pieno
d'erbacce, sporco, mal tenuto, rappresenta un'anima che attraversa un
momento di disordine, e viceversa quando è ben tenuto. Quanto poi al
modo con cui uno "disegna" il proprio giardino (viali, statue,
fontanelle, ecc.) dovrebbe rappresentare le condizioni dell'anima, in
quel preciso momento, dal punto di vista della conoscenza di sé.
Dovrebbe cioè indicare a che punto di ricerca uno si trova. E se uno non
ha giardino? Se non si ha un giardino basta far riferimento alla casa,
o alla stanza, o alla fetta di colosseo o di marciapiede in cui vive. Ma
torniamo al sogno.
Si tratta di un castello
grandissimo.. Maurizio è
penetrato nella sua interiorità, e scopre che l'ambiente è grandissimo
con mura medioevali…una struttura imponente… Qui, a nostro
parere, nasce già una sorta di smarrimento, dovuto all'ascolto di sé. Ma
non volendo riconoscere la propria voce, accade la prima proiezione:
Franca, fra un discorso e l'altro, dice. Ovviamente non c'è nessuna
Franca, Maurizio sta allontanandosi da Maurizio, ed anziché ascoltare
ciò che lui pensa dei propri superiori, mette in bocca a Franca i suoi
contenuti psichici. Devo chiedere ai Superiori "dice Franca", ma
il nostro amico sognatore confessa: Mi spavento un po'. Penso: chi
sono questi 'Superiori', di quale autorità parla, a chi si
rivolge? Insomma, Chi c'è…sotto? Tutto questo discorso è molto
interessante, e può anche essere collegato ai dubbi che Maurizio
avanzava nel sogno precedente, circa le tecniche meditative che venivano
(anche lì!) poste in essere al CIS, lontano da sé… Maurizio ha trovato
delle difficoltà in tale sua forma di ricerca ed ha una doppia
possibilità per superare l'ostacolo: chiedere ai propri superiori
interiori, quelli che è possibile contattare attingendo alla più
naturale delle intuizioni; ovvero, chiedere ai propri superiori esterni.
Forse, il nostro amico ha paura (ma ancora molto inconsciamente, perché
i suoi superiori, nel sogno diventano i superiori di Franca, grazie ad
una proiezione onirica che gli permette di conservare la fiducia in essi
a tutti i costi) di una verità che comincia a intravvedere e che vuole
tener lontana da sé in omaggio alle sue scelte e alle sue coerenze, e
cioè che i suoi superiori potrebbero essere…inferiori. E qui riportiamo
una frase del sogno molto significativa: Insomma, chi c'è…sotto.
Notare i puntini di reticenza. Maurizio si vuole inviare un messaggio
che capovolgerebbe tutte le sue attuali certezza: i superiori di solito
stanno Sopra e non sotto. Lui vuole ad ogni costo
sottolineare questo passaggio, e quindi crea una sospenzione (i tre
puntini), e dopo aver parlato di spavento e di superiori, con ironica ed
onirica ironia si dice: Insomma, chi c'é…sotto? Dapprima chiede
a Franca lumi circa questi "sotto-stanti", e ne riceve una spiegazione
complicata; poi capisce quello che Franca gli dice, perché anche lui fa
qualcosa del genere (preghiera, meditazione, ecc.). E' un momento di
quasi ritiro di proiezione, ma siccome siamo in un sogno, la cosa rimane
e rimarrà ancora per un po' inconscia. E qui, Maurizio si prende una
pausa e comincia a…mettere le mani in pasta, vede la miniera: Ci
troviamo in un'ampia tenuta, dovrà, insieme con i suoi amici,
attraversare un terreno acquitrinoso con pozze più o meno profonde.
Siamo al nocciolo del sogno: il pericolo viene dall'acqua e dalla terra,
dal fango. Cosa rappresenta il fango se non sentimenti e passioni in cui
si può sprofondare? Ma la soluzione gli piove addosso come coriandoli a
Carnevale: lui sa rendersi leggero e sa planare, può quindi non
affondare nel fango. E tutto questo non rappresenta altro che la
capacità di elaborazione richiesta, in questo particolare momento; a
Maurizio, affinché possa "navigare" in quel particolare "mare" fatto di
terra ed acqua, caratterizzato da problemi di ordine pratico (terra) ed
emozionale (acqua), anche qui, arriva una pioggia di coriandoli: la
metafora dei Tre Moschettieri. Ma il nostro caro amico ritiene sciocca
la trovata (ci troviamo davanti ad un processo inconscio di esagerata
autostima), ed ecco che si abbandona comodamente ad un'ultima
proiezioncella, che stavolta distribuisce equamente: 50% a Franca, e 50%
a Natale. Cioè alla coppia che altri non può essere che lui stesso e
Paola, la sua compagna. Per muoversi nel fango basta la leggerezza ed il
planare; per uscirne occorre "sciogliere" la metafora. Ma questo
scioglimento lo lasciamo volentieri, metà a Maurizio e l'altra metà a
Paola.
Insomma, seguendo
passo passo la ipotesi di partenza, altro non ho fatto che prendere alla
lettera o quasi tutte quelle situazioni in cui erano presenti
personaggi, e riportare, sempre letteralmente, a Maurizio ogni
"rimprovero" a loro mosso, ogni proiezione onirica. Mentre laddove il
sogno scorreva in immagini, procedevo al solito modo. Ovviamente non in
tutti i sogni è possibile procedere in tal maniera. Ogni sogno è un caso
particolare. Ma chissà che questo metodo non possa portare un
piccolissimo contributo alla interpretazione dei sogni.
Grazie, Nat.
Sogno di Maurizio
- Interpretazione di Anna
…Quando mi si
avvicina Franca e mi informa che lei e Natale ritengono buono il film
sui "Tre Moschettieri",'' e che ci potremo (o potremmo) lavorarci
sopra'. 'Quale, replico sorpreso, non sarà mica quello uscito da poco
nelle sale cinematografiche'? 'Sì è proprio quello'. 'Ma è un film
modrrno a colori'. 'Lo so ma lo abbiamo ritenuto valido'…
Beh! Ragazzi miei, è stata una batosta. Mi sono resa conto che la
mia ignoranza è tale che non sapevo neppure la storia dei "Tre
Moschettieri", né ne conoscevo i nomi. Sono dovuta andare a mendicare e
farmi spiegare un po' la… ed ho capito! O per lo meno ho recepito il
"mio" messaggio.
Franca, Natale e Maurizio mi sembrano davvero i tre moschettieri
ricercatori del "gioiello", anche in modo moderno e "a colori". E noi
tutti del gruppo - che finalmente compaiamo nel sogno - ci atteggiamo a
ricercare, ma lo facciamo veramente?
Maurizio mi sembra un po' uno di quei canarini che fischiano solitari
per amore. Di fatti lui - e solo lui - nel sogno "sa" di poter planare e
di fatto si appresta a scendere per il punto più difficile, levitando
parzialmente e non affondando nelle pozze d'acqua.
Io personalmente, l'ho recepito come un monito: forza ragazzi, lavorate!
Abbiamo noi stessi (il castello possente con mura medioevali) e ciascuno
di noi è cosciente di avere una "cappella" interna in cui raccogliersi
e ricercare quel "contatto con l'intimo". Anche nel "mondo moderno e a
colori" abbiamo il CIS - isola felice - dove ricercare e scambiare, dove
ricercare il "nostro" gioiello (noi Stessi, la nostra Scintilla) e
combattere "Richelieu" ( e sono tanti). Siamo fortunati.E d'altra parte
dobbiamo solo attivarci. Non lo facciamo che per noi stessi. E nessuno
può farlo per noi.
Anche le cose ovvie di solito - una volta scritte - si focalizzano
meglio.
Grazie. Anna. |