MAURIZIO
- SOGN0 NUMERO 19
6 Maggio 2013
L'Ariccia
Visitiamo con Paola un paese che potrebbe essere l’Ariccia.
Entriamo nel centro storico e anche nei portoni, nelle case. Riflettiamo
che vivere qui, avere una casa qui, è molto bello, ma comporta spese e
responsabilità: le strutture probabilmente, vista l’antichità, vanno
verificate e messe in sicurezza. Non so se coloro che ci vivono
realmente se ne rendono conto, si tratta ancora di persone molto
semplici, anche ignoranti, di ‘paese’. Paola, nel rievocare l’atmosfera
di un tempo, comincia a citare delle simpatiche frasi in dialetto
veneto. Mi informa che le conosce così bene perché aveva una zia di
quella regione. Continuiamo a visitare le strade, e lei esce da una
porticina che dà su una vallata, dove il paese si affaccia a strapiombo.
Sto per uscire anch’io, quasi senza pensare, e mi accorgo solo
all’ultimo momento che avrei potuto mettere un piede nel vuoto, visto
che non c’è uno scalino: bisogna fare un piccolo salto. Paola è passata
senza preoccupazioni, ma io – un po’ scosso dal pericolo di cui non mi
ero accorto – ora non me la sento di superare l’abisso, lo strapiombo.
Le dico che seguirò la via più lunga e sicura all’interno del paese e la
raggiungerò.
15 maggio 2013
(= 12 = il Sacrificio; oppure 12 + 5 (maggio) = 17 = le Stelle)
Visitiamo con Paola un paese che potrebbe essere l’Ariccia.
Entriamo nel centro storico e anche nei portoni, nelle case. Riflettiamo
che vivere qui, avere una casa qui, è molto bello, ma comporta spese e
responsabilità: le strutture probabilmente, vista l’antichità, vanno
verificate e messe in sicurezza. Non so se coloro che ci vivono
realmente se ne rendono conto, si tratta ancora di persone molto
semplici, anche ignoranti, di ‘paese’.
Il nome
Ariccia
dovrebbe avere origine, per la leggenda, da quello della ninfa ‘Aricia’,
amata dal fondatore della cittadina, l’ateniese Ippolito; ma
probabilmente proviene anche dal verbo latino ‘arare’ = coltivare,
segnare, incidere, lasciare una traccia, ecc., che deriva da una radice
indoeuropea ‘aro’ = ‘ere’ = remare (sulla terra).
Entrare
in
Ariccia
potrebbe significare sia il voler penetrare
‘il perché’ si ara la terra (si vive), sia il voler conoscere ‘il modo’
per coltivarla (che è poi ovviamente il coltivarsi). Desiderare di avere
una
casa
lì sarebbe come dire di desiderare di stabilirvi la propria residenza,
cioè voler decidere di ‘centrarsi stabilmente sulle tematiche
esistenziali e sul loro approfondimento continuo’; il che comporta
indubbiamente spese e responsabilità
(grande dispendio di energie), poiché
le
strutture vanno verificate e messe in
sicurezza. Il
sognatore si sta chiedendo se il suo veicolo fisico è in grado ora di
reggere tanta responsabilità, e se ne è all’altezza, essendo le persone
che lo abitano, quindi il (suo) popolo, lo stesso suo fisico (Malkuth),
di paese
( da ‘pagus’ = pagano = non cristiano, che
ignora,
che non riconosce il Cristo, Daath).
Paola,
nel rievocare l’atmosfera di un tempo, comincia a citare delle
simpatiche frasi in dialetto veneto. Mi informa che le conosce così bene
perché aveva una zia di quella regione.
La componente femminile, ricettiva
del sognatore,
Paola,
per riportarlo
all’atmosfera di un tempo
per richiamare al presente un
tempo
passato, ma già vissuto, gli rammenta la lingua veneta (da Venezia =
città della Zia), e gli ricorda proprio la
zia
(= dal greco ‘theios’ = ‘theos’ = Dio, la Divinità nella componente
femminile (Binah, la grande madre) di cui lei conosce bene le
frasi,
cioè il
‘modo’ di esprimerSi
e di manifestarSi.
Paola
gli sta dicendo che non è assolutamente vero che ‘il popolo’ di
Ariccia
è
di
paese!
Continuiamo a visitare le strade, e lei esce da una porticina
che dà su una vallata, dove il paese si affaccia a strapiombo. Sto per
uscire anch’io, quasi senza pensare, e mi accorgo solo all’ultimo
momento che avrei potuto mettere un piede nel vuoto, visto che non c’è
uno scalino: bisogna fare un piccolo salto. Paola è passata senza
preoccupazioni, ma io – un po’ scosso dal pericolo di cui non mi ero
accorto – ora non me la sento di superare l’abisso, lo strapiombo. Le
dico che seguirò la via più lunga e sicura all’interno del paese e la
raggiungerò.
Il sognatore insieme a
Paola
continua
a visitare le strade,
i vari percorsi di
Ariccia
ed ecco la
porticina
da cui
Paola esce senza preoccupazioni:
oltre al significato letterale del fatto che
Paola,
moglie di Maurizio, è già ‘andata avanti’ e ha già
superato
l’abisso, lo
strapiombo
della morte, ed è passata oltre, mentre lui segue ancora la
via
lunga e sicura
della vita terrena che ancora gli compete,
Paola
sembra volergli suggerire di modificare un poco la troppa razionalità
nel rapporto con la Divinità; forse vuole suggerirgli di coltivare
un
pò
il
dialetto veneto,
cioè la lingua della
Zia,
di instaurare magari un rapporto più diretto, più devozionale, con
Binah, la Grande Madre... Grazie. F.V. |