Due sogni di MAURIZIO
1
luglio 2001 Su
di una lunga strada che sappiamo arrivare fino a Nettuno camminano molte
persone che vi si dirigono per una festa o una fiera. Fra la folla ci
sono parecchi Hare Krishna: io
e Paola ce ne accorgiamo, anche se quasi tutti non indossano l’abito
tradizionale e sono, per così dire, in incognito. Recano con loro delle buste o dei pacchi, e noi capiamo
che contengono cibi che offriranno alla festa. Paola li valuta piuttosto
criticamente, mentre io sono più indulgente e guardo con una certa
simpatia al loro approccio religioso. 2
luglio 2001 Sono
in strada, la stessa dove abita mia madre, ma un po’ più su, vicino
al palazzo successivo. Incontro un gruppo di ragazzi che cantano e
suonano. Mi danno un paio di cembali - di’piattini’ - ed io, facendoli tintinnare ritmicamente,
intono il mantra: “Hare Krishna
Hare Krishna/Krishna Krishna Hare Hare/Hare Rama Hare Rama/ Rama Rama
Hare Hare”. Mi ascoltano un po’ attoniti. Chiedo loro se hanno
mai sentito questo canto. Mi rispondono di no. Fantasticherie auto-interpretative La
lunga strada che arriva fino a Nettuno
è il cammino di ricerca interiore, ove il dio del mare rappresenta
l’apertura finale alla totalità della vita e dell’universo. In
particolare, mentre il Poseidone del mito greco sembra essere più legato all’aspetto
oceanico terribile e dalla forza incontrollabile, spesso passionale e
vendicativa, la versione romana della stessa divinità – Nettuno
appunto – assume caratteristiche più rassicuranti e luminose, quasi a
rappresentare un oceano cosmico ordinato, fecondo, regolato da una Legge
universale, dotato di senso: il suo tridente è un asse
del mondo attorno al quale si compie l’evoluzione dalle acque cosmiche indifferenziate ad una struttura tripartita in cui potremmo leggere una serie di analogie
legate al triplice aspetto dell’Assoluto, alle energie dell’uomo,
alle colonne del Tempio, eccetera: comunque si allude ad una
differenziazione dell’indifferenziato, ad una evoluzione della
coscienza. Nel sogno, per tornare ad esso, gli Hare
Krishna indicano quei viandanti che, dirigendosi verso questa meta
d’illuminazione, verso questo festival
dove tutti gli esseri viventi si riconosceranno nella vastità del mare
di coscienza cosmica, sono già consapevoli del senso religioso del
loro cammino; alcuni mostrano apertamente questa conoscenza, altri sono
meno visibili, sembrano assimilabili alle persone comuni, tuttavia tutti
portano cibo spirituale da
offrire a chi ancora non ha assaggiato il gusto
superiore di una conoscenza che vada oltre le apparenze. Come sognatore – e anche nello stato di veglia - ho, rispetto ai devoti
di Krishna, un’impressione duplice: da un lato sono affascinato da un
approccio filosofico e devozionale che affonda le radici nella grande
spiritualità indiana e che viene riproposto in una forma semplificata e
modernizzata, oltre che simpaticamente aperta alla propagazione
attraverso l’offerta dei cibi, i canti, l’ospitalità e un seducente
aspetto folkloristico; dall’altro
lato sono critico, come lo è
nel sogno la mia compagna. In
sostanza il dubbio, al di là delle divergenze dottrinarie, si focalizza
soprattutto su una domanda molto importante per me, che coinvolge le
modalità della mia stessa ricerca:
è possibile percorrere la Via con una impostazione preconfezionata, con
tecniche di meditazione o preghiera, con l’uso di mantra
eccetera, oppure queste cose rappresentano ulteriori condizionamenti
della mente che vanno ad aggiungersi a quelli che la società,
l’opinione comune e gli eventi quotidiani non ci risparmiano di certo?
Mi sovviene che uno dei pensatori che piu’ hanno inciso sulla mia
formazione, soprattutto nelle fasi iniziali del mio percorso
filosofico-religioso, è stato Krishnamurti:
il negatore per eccellenza di tutte le sovrastrutture del pensiero, di
tutti i maestri, dei sistemi di meditazione, dei rituali, considerando
ognuno d’essi come un ostacolo per il raggiungimento di una vera e
profonda apertura alla vita. Stranamente il suo nome significa Immagine
di Krishna, ed è forse per questo che l’inventiva onirica ha
scelto proprio gli Hare Krishna per indicare l’ambivalenza del mio
atteggiamento. In questa chiave il secondo sogno è chiaramente la
prosecuzione e la soluzione del primo; in esso sono raffigurate le
origini del cammino: infatti la scena non è la strada che conduce al
mare, bensì quella dove abita mia
madre, presso il palazzo
successivo, un po’ piu’ in su, cioè
dove inizia simbolicamente la costruzione della mia autonoma
individualità. Ci sono giovani che fanno festa, che cantano, e
rispetto ai quali compio quasi un’operazione di iniziazione spirituale
attraverso la recitazione del mantra.
Ciò che nel primo sogno era oggetto del mio dubbio e per cui
provavo una certa indulgente superiorità, qui lo offro alle anime
giovani e inconsapevoli della ricerca interiore, e probabilmente anche a
me stesso. A questo punto mi pare di capire: per chi inizia, per il
principiante, tutto è nuovo e pieno di promesse, di valori, le
filosofie e le tecniche hanno il sapore della freschezza e contribuiscono effettivamente all’apertura alla vita e alla
liberazione dai vincoli, anche se non si conoscono tante cose. Per
chi è progredito, esperto, tutto è già noto, vecchio e condizionante:
si è appreso molto, ma l’occhio è smaliziato e saturo di conoscenze,
ed è di ostacolo a sé stesso! Il problema, allora, sta
nell’atteggiamento: ciò che importa è avere, insieme alla
conoscenza, la mente aperta
degli inizi, disposta ad imparare e a gioire dell’esperienza senza
farne un patrimonio acquisito, una cristallizzazione, un motivo per fermarsi.
Ritrovando questa vitalità, questa feconda insicurezza, questa capacità
di rinnovarsi ogni momento, la festa e il canto dei giovani
inconsapevoli e spensierati diviene tutt’uno con la matura
celebrazione finale, dove si è pienamente e misticamente coscienti del grande
mare. Interpretazione
sogni Maurizio 2 Primo sogno: il sognatore si trova su di una “lunga strada”= essa indica il percorso gia’ lungo alle spalle e ancora lungo innanzi...(ricorda il dantesco “nel mezzo del cammin di nostra vita...”); meta del momento e’ “Nettuno”, il dio del mare, signore dell’astrale (Tiphereth), luogo “di festa”, di raggiungimento o “di fiera”, di scambio; i seguaci di Krishna, gli Hare Krishna, sono dei “devoti”, in essi il cuore e’ il centro piu’ sviluppato (Tiphereth), ma poiche’ Krishna e’ il Dio fatto persona e corrisponde al “Cristo” (Verbo, Daath), diciamo che in questo sogno sono interessati i centri Tiphereth e Daath. Il sognatore e la sua controparte femminile, Paola, si rendono conto della presenza di questi “devoti”, malgrado essi siano in “incognito”. Essi sono presenti per donare “cibo”, alimento; essi vengono visti con simpatia dal sognatore, piu’ criticamente da “Paola” = la componente sentimentale del sognatore rifiuta l’approccio alla divinita’ “devoto”, mentre la componente razionale Maurizio, ne e’ attirato, proprio per la necessaria complementarita’. Secondo sogno: questo secondo sogno e’ il seguito e il completamento logico del primo e rivela la impellente necessita’ del sognatore di “devozione”. Per prima cosa ora e’ mutata la via: la strada e’ quella dove abita la “madre”; in genere la “Madre “ e’ simboleggiata da Geburah, quindi il sognatore si pone dal punto di vista materno di autochiusura, di autoprotezione, di autocrogiolo, ma un po’ piu’ in su, vicino al “palazzo” successivo, come se, superato Geburah, gia’ intravedesse Chesed, il Padre, il “luogo” della donazione e della Misericordia, del Perdono, della disponibilita’ totale; qui egli, per un gruppo di “ragazzi” di giovani, di inesperti (v. esagramma n. 4 dell’I Ching), bisognosi di insegnamento ma gia’ dotati (sono loro stessi ad offrire “i cembali”) intona il “Mantra”: Hare Krishna ecc. e li istruisca. Qunanto piu’ nelle scelte filosofiche-religiose ci si allontana dal Dio Personale Cristo- Krishna, tanto piu’ nei sogni, nell’occulto si necessita di cio’ che solo apparentemente si e’ messo da parte... la recita del Mantra fa diventare il sognatore monaco devoto e maestro di giovani... Grazie. F.V. |