Un sogno
di NATALE
Non avevo le chiavi di casa perché erano rimaste nella tasca del cappotto che stava nell'auto prestata al padre di un mio collega d'ufficio (Giancarlo Cucinotta). Non avevo altre possibilità che fare un bagno nelle acque di un mare molto salato e pieno di ogni specie di pesce: erano enormi e preistorici e nuotavano tranquilli insieme con me ed altre persone. Noi eravamo tutti nudi. Stare in acqua era bello per la presenza di tali pesci: era uno spettacolo il solo guardarli. Finalmente arriva il padre del mio collega con le chiavi. Dovrei uscire dall'acqua, ma nuotare in quelle acque è bellissimo e tonificante: il galleggiamento, per via del sale, non richiede quasi alcun povimento o sforzo, ed il nuoto è velocissimo. Alla fine decido di venir fuori dall'acqua, ma per poco non finisco nella bocca spalancata di una gigantesca “razza” che stava consumando il suo pasto a base di plancton. Il quasi incidente non mi mette nessuna paura, perché in quelle acque non c'è cattiveria alcuna. La schivo ed esco. Mi sveglio.
Sogno di Natale - interpretazione di Franca Vascellari Essere
“in casa” vuol dire essere nella coscienza della propria
interiorita’, essere
consapevole di se’; essere “fuori di casa” vuol dire aver
allentato la vigilanza e essere “altrove”. Il sognatore da’
una spiegazione concisa e dettagliata del perche’ e’ “fuori di
casa”: le chiavi di casa
sono nella tasca del cappotto che e’ nell’auto prestata al padre del
collega d’ufficio Giancarlo Cucinotta.
Sogno
di Natale – fantasticherie interpretative di Maurizio
“Acque in cui non c’è cattiveria alcuna”: mi si perdonerà l’ovvietà psicanalitica, ma non posso fare a meno di riconoscere in questa espressione la simbologia del ventre materno e dello stato pre-natale. In realtà tutto il sogno sembra uno sprofondamento in questa dimensione priva di conflitti, totalizzante, in cui i ‘pesci’ rappresentano feti, embrioni in formazione, pre-istorici perché precedenti alla ‘storia’, cioè alla nascita. Il ‘mare’ è salato perché estremamente soddisfacente, dotato di senso: il ‘sale’ è quello che dà sapore, quindi è anche un mare ‘nutriente’, che sostiene e tonifica. Nello stato pre-natale non ci sono quasi i movimenti, non si compiono sforzi, il galleggiamento è naturale e il ‘nuoto’ è velocissimo: cioè la potenzialità vitale è al massimo, come forse pure alcune attività della mente. Freud pensava che tale condizione ‘paradisiaca’ rimanesse talmente radicata nell’inconscio dell’uomo, da essere la base per tutte le successive elaborazioni relative alla tematica religiosa - dove la nascita corrisponderebbe alla ‘caduta’ e all’esclusione dal Pardesh - e particolarmente all’esperienza mistica, agli stati in cui si sente l’unità con tutto quanto esiste. Pur non essendo del tutto convinti delle spiegazioni pan-sessualiste e materialiste del grande psicanalista, possiamo comunque riconoscere che nell’idea espressa c’è indubbiamente una qualche verità: i simboli hanno validità su tutti i piani, dal più ‘materico’ al più ‘spirituale’: “Come è in alto, così è in basso”… Natale, dunque, vive nel sogno un’esperienza ‘mistica’ pre… natale, quindi affonda in uno stato ‘precedente’ anche al suo stesso nome; questo avviene perché gli mancano le chiavi di casa, cioè della personalità ordinaria, di veglia, dell’io cosciente. Le chiavi le ha il padre di un collega d’ufficio; padre, collega, ufficio, automobile: riferimenti alla vita di veglia, di tutti i giorni, e la simbologia del ‘padre’ indica l’emersione dal buio e il dominio dell’inconscio, dell’indifferenziato. Non essendoci le chiavi di questo ‘mondo’ di veglia, ci si immerge nell’altro, quello ‘interiore’, del sogno. Il nome Giancarlo è composto da Giovanni, che significa ‘dono di Dio’ in ebraico e da Carlo, che significa ‘uomo libero’ nelle antiche lingue germaniche. Giovanni era un nome dato per tradizione ai figli avuti da genitori in tarda età, quando un parto era meno probabile ed era davvero un dono divino. Il riferimento al parto e alla libertà nel nome Giancarlo alludono, quindi, al ‘mondo’ esterno al ‘ventre’, come ‘Cucinotta’ indica forse la ‘cucina’ alchemica del vivere, quale riproposizione e surrogato ‘esterno’ della condizione ‘interiore’. Quando il sognatore, immerso nell’esperienza del ‘mare universale’ e del sogno decide comunque di venirne fuori, forse perché con la consueta capacità di smitizzare l’amico Natale si rende conto che qualsiasi stato di estasi deve essere verificato alla luce dell’esperienza ‘concreta’, proprio allora rischia di essere inghiottito come Giona da una creatura onirica, ma non se ne preoccupa più di tanto: l’esperienza, sia pure passeggera, è reintegrativa e, soprattutto, c’è ancora la voglia di vivere, sperimentare, verificare. E si sveglia. |