C'è appena stato un
nubifragio. Io e Franca ci troviamo su un autobus. Sono alla guida e
tengo in mano un lungo filo d'acciaio: è il freno. Vi sono molte
discese, e noi dalle parti alte vogliamo arrivare in pianura. Dobbiamo
accompagnare un amico dai carmelitani, ma quando ci troviamo
all'ingresso del Carmelo questi si rifiuta di entrare perché pare sia
gesuita o agostiniano. Ora con Franca ci troviamo a casa e ci viene
affidato un uomo elefante: ha le gambe e la testa d'elefante. Franca gli
soffia nell'orecchio per gioco e per farlo sentire a suo agio, io le
dico di non farlo perché gli potrebbe danneggiare il timpano. Piano
piano si trasforma in uomo e comincia a parlare. Lo conduciamo nella sua
stanza che è ancora da rifinire, ma che ospita provvisoriamente una
bottega da calzolaio. Gli assicuriamo che rifiniremo presto la sua
abitazione e che lì starà bene. Mi avvicino e all'orecchio gli chiedo:
"ma tu come ti chiami?". Mi risponde: "Bishu, ma prima di pronunciarlo
devi essere felice e devi aspirare l'acca, così", e mi fa vedere e
sentire come si fa.
Subito dopo ci troviamo, io Franca e il gruppo, in un campo di grano e
papaveri rossi. Godiamo del sole, della natura, e siamo tutti immersi
nella adorazione della terra. Ad un tratto qualcuno grida: "C'è un
serpente!", e vediamo un serpente che come una frusta si erge e afferra
farfalle, insetti, uccellini. Dobbiamo catturarlo e ucciderlo.
Valentina, la cugina di Franca lo afferra per la testa, Franca lo prende
per la coda, e insieme lo affidano a me, che con un martello gli
schiaccio il capo. Poi Elena, mia cognata, lo mette intorno al collo
come una sciarpa: la testa pendente da un lato e la coda dall'altro.
Franca si assicura che sia veramente morto controllandone la testa
visibilmente schiacciata. Poi tutto il gruppo inizia a danzare in
cerchio per il campo, badando a non sciupare il frumento.
Sogno Natale-
interpretazione di Franca Vascellari
“C’e’ appena stato un
nubifragio”, poiche’ il gruppo del Cis sta studiando i capitoli di
Genesi che riguardano il Diluvio Universale (= peccato, giudizio,
punizione, purificazione, riconciliazione ecc.) per quanto riguarda la
simbologia del “nubifragio” rimandiamo ai commenti dei capitoli 6-9 di
Genesi e ugualmente possiamo riferirci alla simbologia dell’Arca
(=rifugio, protezione, isolamento, athanor, ecc.) per quanto riguarda
l’autobus che il sognatore guida e di cui “tiene il filo del freno”:
questa immagine richiama inoltre il guerriero del Carro, l’Archetipo che
si riferisce alla capacita’ di di domare i propri istinti per mezzo del
pensiero, utilizzato come forza. “Vi sono molte discese”: il percorso
dell’autobus in cui Natale (componente maschile, razionale-pratica) e’
con la moglie Franca (componente femminile sentimentale-intuitiva), va
inteso come una delle tante “discese agli inferi” che permette la
conoscenza di se’; il fatto che nell’autobus ci sia anche una terza
persona, un amico, di cui e’ taciuto il nome, fa pensare che questa
componente del sognatore sia “l’altro”, cioe’ l’ombra, che una volta
davanti al “Carmelo” (monte della Palestina su cui e’ stato fondato un
“Ordine”, quello dei Carmelitani, in onore di Maria nel sec. 12esimo) si
rifiuta di entrare perche’ di altro “Ordine” e preferisce rimaner fuori
del convento, dimostrando di rifiutare quella Tradizione e quel tipo di
“misticismo”.
Poi il sognatore arriva o si ritrova in “casa”, nella sua interiorita’,
e’ sempre con Franca, ma “l’amico” si e’ cambiato in “uomo-elefante” un
personaggio di un’altra Tradizione. Nel Brahmanesimo il dio mezzo uomo e
mezzo elefante si chiama Ganesh (= dio delle armate celesti) e
rappresenta l’Om, il Verbo, il Dio creatore, (Daath), nell’Induismo
invece egli rappresenta il dio che esaudisce i desideri . Questa
“potenza” viene “affidata” alla coppia Natale-Franca come qualcosa che
deve completare una “trasmutazione” e difatti quando Franca (la libera)
“per gioco” gli soffia nell’orecchio ( e viene in mente Gn. 2, 7) non
gli rompe il timpano come teme Natale, ma trasforma il mezzo elefante
in “uomo”. La parola “timpano” ha molti significati: membrana
dell’orecchio, tamburo, registro dell’organo, telaio su cui e’ tesa
una carta pecora, ma anche “spazio tra le cornici del frontespizio” e
“ruota del pontone idraulico”; questi due ultimi significati ci sembrano
particolarmente interessanti per giustificare il timore di Natale di
manipolare impropriamente il centro Daatico, quello frontale del terzo
Occhio, tanto piu’ che la sua “stanza e’ ancora da rifinire”, cioe’ il
“Luogo” suo proprio e’ ancora incompleto. Quel Luogo e’ provvisoriamente
una “bottega da calzolaio”. Il riferimento all’arte di confezionare
scarpe, la protezione dei piedi, ci porta a prendere in esame il loro
simbolismo: radice in rapporto alla terra e alla sua forza infera,
stabilita’ interiore ed esteriore (avere i piedi per terra) e
soprattutto e’ importante poter essere “calzati” e non scalzi (=
secondo rifiuto del Carmelo o dei Carmelitani scalzi) ; insomma
inconsciamente il sognatore rifiuta sia la Tradizione cristiana che
quella ebraica ( in Es. 3,5 Mose’ dovette togliersi le scarpe per
“parlare con Dio”), e anche quella musulmana, (che impone la stessa cosa
per entrare in moschea), per timore di diventare “vulnerabile” (v. il
“tallone d’Achille”).
Ecco infine la parte piu’ numinosa e realizzante del sogno: Il sognatore
chiede alla “Potenza”: “Come ti chiami?” Chiedere ad un dio il nome
significa chiedergli il suo “potere”; Quello gli risponde “Bishu” e gli
da’ anche l’esatta pronuncia e l’esatto stato d’animo per evocarlo.
Abbiamo cercato il significato di Bishu e abbiamo trovato che Bishamon
e’ il nome di uno dei sette dei della fortuna nel Buddismo giapponese e
significa dio della guerra e della ricchezza e deriva dal dio della
guerra Skanda del Brahmanesimo.
La seconda parte del sogno e’ lo sviluppo della prima; ora l’ambiente da
interno (casa) e’ tornato esterno: “Io, Franca e il gruppo ci troviamo
in un campo di grano e papaveri rossi”, ora l’attenzione si sposta sul
mondo sociale della coppia Natale-Franca, ci sono anche i componenti del
Cis: la terra e’ stata arata ed ha prodotto il suo frutto; sembra quasi
di assistere ad un rito tribale: godimento del sole, della natura e
“adorazione della Grande Madre”. Poi l’avvenimento drammatico che
scuote e fa svegliare tutti: “C’e’ un serpente!” Ecco precipitare in
mezzo alla comunita’ (del sognatore) l’animale piu’ simbolico del
mondo: il serpente, dalla duplice valenza (bene-male). Ricordiamo per un
attimo alcuni serpenti particolarmente significativi: l’ Ouroboros =
Tutto e Nulla; il serpente tentatore di Gn. 3,1-5; il serpente guaritore
di Nm.21, 8-9 prefigurazione del Cristo di Gv. 3, 14-15; il serpente
Kundalini ; quello bipolare del Caduceo di Mercurio; il serpente –drago
del Creativo dell’I Ching; quello piumato della mitologia azteca, dal
nome Quetzalcoatl, quello malefico egizio dal nome Apep, nemico del dio
solare Ammone-Ra, per arrivare infine al serpente Midgard, generato dal
dio del male della tradizione celtica che il dio della guerra, Thor
uccide lanciandogli un martello. Quest’ultimo ci sembra particolarmente
importante per il questo sogno. Qui il serpente e’ visto come il male
prodotto dalla terrestrita’ che si comporta da “frusta” (sappiamo
tutti che la frusta e’ relativa a Geburah e al piano mentale razionale,
come il serpente di Gn. 3,1-5) distruggendo tutto quello che vola
(farfalle, insetti e uccellini), nasce pertanto subito la necessita’ di
“catturarlo e ucciderlo”. A catturarlo ci pensano Valentina ( = la sana,
la forte) e Franca ( = la libera), a ucciderlo lo stesso sognatore con
“un martello” come il dio Thor (e qui ritroviamo la continuita’ del
simbolismo Marziano del guerriero del Carro, del dio Ganesh, del nome
Bishu). Infine Elena (=la splendente) se ne orna come una sciarpa
ricevendone tutta la potenzialita’. Possiamo porre le tre donne
sull’Albero cabalistico del sognatore e far corrispondere Valentina al
piano fisico Assiah, Franca all’astro-mentale, Yetzirah-Briah e Elena al
Causale, Atziluth, in lei l’energia del “serpente” viene tutta
riassorbita: la testa pende da un lato, la coda dall’altro e quando l’Opera-azione
e’ compiuta (cattura, uccisione, trasmutazione) tutto il gruppo
comincia a danzare in cerchio, badando a non sciupare il “frumento” il
frutto del lavoro di tutti che, futuro pane, sara’ cibo per chi vorra’
nutrirsene.
Grazie. F.V.
Sogno di Natale –
fantasticherie interpretative di Maurizio
“C'è appena stato un
nubifragio. Io e Franca ci troviamo su un autobus. Sono alla guida e
tengo in mano un lungo filo d'acciaio: è il freno. Vi sono molte
discese, e noi dalle parti alte vogliamo arrivare in pianura.”
Dal punto di vista ‘mitico’ la pioggia indica un intervento da parte
del divino. Per questo motivo in molte antiche tradizioni ci sono dei
rituali per far piovere; spesso, anzi, la capacità di provocare una
risposta del Cielo era ritenuta ‘prova’ dell’efficacia di una tecnica
meditativa, di un rituale, di una religione, di un approccio al
trascendente. La pioggia è fecondante, purificante, assicura abbondanza
e può essere anche il segno – ove sia tanto intensa da essere
distruttiva – della collera degli dei, di una loro volontà punitiva nei
confronti dell’uomo. Poiché qui si tratta di un nubifragio, siamo
probabilmente di fronte a questo secondo tipo di pioggia: il Cielo
intende ‘purificare’ la Terra. Il prosieguo del sogno chiarificherà
meglio questo punto. Intanto ‘Io e Franca’ indica la fusione
delle componenti ‘polari’ del sognatore, l’unio mystica finora
raggiunta, la completezza dei contrari acquisita e in corso di ulteriore
evoluzione. Interessante anche la parola ‘autobus’: autòs vuol
dire sé stesso, e bus allude ad un veicolo che, in questo
caso, è un mezzo di introspezione; probabilmente, infatti, qui bisogna
fare riferimento al senso profondo della parola ‘veicolo’ (quale
frequentemente utilizzato nel buddhismo), cioè quello di strumento per
la conoscenza di sé e per il raggiungimento dell’Illuminazione. Il
sognatore, impegnato in questo tipo di ricerca, utilizza come ‘veicolo’
il frutto delle elaborazioni e delle conoscenze accumulate in questo
ambito; anche il gruppo onirico è parte della sua
‘strumentazione’ per la scoperta di sé stesso. Egli ha, comunque, la
comprensibile esigenza di riportare costantemente il livello delle
speculazioni filosofico-religiose su un piano concreto: per non rimanere
in zone ‘alte’ ma irreali, deve poter scendere ‘in pianura’. D’altro
canto, se la discesa fosse troppo rapida, diventerebbe pericolosa
causando incidenti: calando troppo rapidamente dalle nostre concezioni
ideali sul piano cosiddetto reale, potremmo entrare nel dubbio
distruttivo e in una situazione con un divario fra alto e basso troppo
cogente, col rischio di perdere il contatto con il ‘Cielo’. E’ quindi
necessario un freno, un controllo e, soprattutto, un vincolo
indistruttibile come un filo d’acciaio che continui a mantenere
inalterato il rapporto con l’Alto. Anzi, è questo stesso rapporto a
costituire il miglior fattore di sicurezza per la discesa nella
dimensione terrestre, pragmatica, concreta, quotidiana, esteriore.
Ricordiamo il significato del termine religione: legame con il divino. A
questo punto intravediamo il senso del nubifragio: il sognatore è un
idealista che gradirebbe vedere la dimensione ‘reale’ allagata, sommersa
dalla forza dell’interiorità. Evidentemente, per lui, il mondo
‘esteriore’ conserva elementi impuri, ‘scorie’, e, quindi, necessita di
un lavacro. Al contempo, essendo impossibile non avere un rapporto con
esso e viverci dentro, è essenziale avere un legame con l’Alto che sia
una sicurezza e una protezione, come quei cavi che hanno i palombari
quando si immergono nelle profondità marine. Da tutto ciò possiamo
dedurre la profonda religiosità cristiana nell’amico sognatore, così
come espressa nella preghiera del Gesù evangelico: “Sia fatta la Tua
Volontà, come in Cielo così in Terra.” In questa chiave di lettura
“la Tua Volontà” è rappresentata dal filo d’acciaio del freno (e
‘frenare’ significherebbe quindi controllare, sublimare, rettificare,
e potrebbe corrispondere al tiqqun dell’ebraismo); il “Cielo” è
ben simbolizzato dall’estremità libera del filo, in quanto collegata con
l’invisibile, il ‘sottile’, il Sé-autòs (l’auto di
autobus); mentre la “Terra” equivale all’estremità agganciata al
veicolo, al bus che, per inversione letterale, corrisponde al ‘sub’
di substantia, sostanza, ciò-che-sta-sotto, opposta in senso
simbolico all’essenza, agli stati alti dell’essere. Se la
Volontà è, come ipotizzato, nel filo d’acciaio che collega Alto e Basso
e permette la giusta corsa del ‘veicolo’ in senso discendente verso la
‘concretizzazione’ o ‘coagulatio’ alchemica, allora la mano del
sognatore che tiene il filo corrisponde alla responsabilità che sente di
avere nel percorso di autorealizzazione: infatti egli è “alla guida” di
sé stesso.
“Dobbiamo accompagnare un amico dai carmelitani, ma quando ci troviamo
all'ingresso del Carmelo questi si rifiuta di entrare perché pare sia
gesuita o agostiniano.”
Se prima abbiamo parlato della preghiera dei Vangeli e della
religiosità, ora entriamo in maniera più approfondita in questi concetti
attraverso la presenza metaforica di un amico: questi è un agostiniano o
un gesuita e, per tale ragione, non vuole entrare nel Carmelo. Abbiamo
in ciò lo spaccato di un argomento spesso presente nei sogni di Natale:
la valutazione critica della distanza fra mente e cuore, fra religiosità
complessa, cervellotica o labirintica, e religiosità naturale, oltre gli
schemi della mente. Il Carmelo richiama ‘carme’, preghiera, lode
al Signore, e si lega storicamente alla Terra Santa e ai Padri del
deserto; al Carmelo fanno anche riferimento grandi spiriti mistici quali
Giovanni della Croce e Teresa d’Avila: ricordiamo che le esperienze di
questi ultimi hanno numerosi punti di contatto con quelle descritte
dalle religioni orientali e risultano in buona misura
meta-confessionali. Agostino è, invece, più legato ad un
approfondimento confessionale, morale, introspettivo e per certi versi
in relazione con l’uso della ‘mente’, mentre la Compagnia di Gesù può
essere vista storicamente come una reazione alla Riforma protestante e
un consolidamento temporale oltre che dottrinario del potere della
Chiesa. Il sognatore, pur rispettando gli approcci sapienziali (o
strumentali) alla fede – infatti li simboleggia in una persona amica
– tuttavia li giudica ‘profani’ nel senso proprio del termine: ‘al di
fuori dal Tempio’, cioè autoescludentisi dalla dimensione sacrale del
cuore.
“Ora con Franca ci troviamo a casa e ci viene affidato un uomo elefante:
ha le gambe e la testa d'elefante. Franca gli soffia nell'orecchio per
gioco e per farlo sentire a suo agio, io le dico di non farlo perché
gli potrebbe danneggiare il timpano. Piano piano si trasforma in uomo e
comincia a parlare. Lo conduciamo nella sua stanza che è ancora da
rifinire, ma che ospita provvisoriamente una bottega da calzolaio. Gli
assicuriamo che rifiniremo presto la sua abitazione e che lì starà bene.
Mi avvicino e all'orecchio gli chiedo: "ma tu come ti chiami?". Mi
risponde: "Bishu, ma prima di pronunciarlo devi essere felice e devi
aspirare l'acca, così", e mi fa vedere e sentire come si fa.”
La metafora dell’uomo-elefante è facilmente relazionabile con
Ganesha, la divinità indù che – come l’elefante reale – aiuta il
devoto ad eliminare gli ostacoli dal cammino (inteso sia in senso
spirituale, la ricerca interiore, che in senso concreto, ‘materiale’);
l’accostamento è veramente sorprendente perché Ganesha con una delle sue
quattro mani stringe, come il sognatore, un filo, una corda!
Questa corda, nel significato tradizionale, serve a guidare il devoto
verso la direzione giusta; quindi è una sorta di filo d’Arianna, ma
anche di ‘legame’ nel senso che indicavamo prima, di religio.
Facendo una digressione, ricordiamo che le quattro mani del dio sono
disposte – come spesso capita nelle raffigurazioni induiste – in maniera
simmetrica e parallela, due in alto e due in basso. Le due più in alto
mostrano ciascuna un simbolo: quella a destra rispetto all’osservatore
regge la corda, e quella a sinistra un’ascia, metafora di Viveka,
la discriminazione fra verità ed errore. Non è difficile ritrovare in
questo simbolismo quello dell’Albero cabalistico dove, nella stessa
posizione, abbiamo rispettivamente Chesed e Geburah, le
Sefiroth della Misericordia e del Rigore. Se così è, riscontriamo un
ulteriore risvolto sul significato e la funzione del ‘filo d’acciaio’
quale espressione della Grazia: Ganesha porge tradizionalmente la corda
per guidare attraverso gli ostacoli e l’oscurità e, in questo modo,
vediamo riproposto quanto già analizzato a proposito del vincolo con
l’Alto. Per ritornare al sogno, ‘Bishu’ – visto che ormai siamo
nell’ambito delle tradizioni orientali – si riconnette bene al termine
bikshu, che in sanscrito significa ‘monaco’, termine
particolarmente utilizzato in ambito buddhista. Esso poi diviene bikkhu
in Pali e credo sia presente proprio come ‘bishu’ in giapponese.
(Sarei tentato di fare anche un accostamento con ‘Bishop’, Vescovo in
inglese, che rievoca la Riforma protestante, già adombrata nel sogno dal
riferimento ai gesuiti, nati dalla Contro-Riforma: il sognatore è in
sintonia con la ‘protesta’, nel senso della ricerca di altre strade
rispetto alla religiosità istituzionale, da cui gli deriva anche
l’interesse per l’Oriente). In accordo con il buddismo è l’esortazione a
‘essere felice’ per pronunciare correttamente il nome, cioè per
comprenderne il senso: secondo la mentalità estremo-orientale il
monaco, colui che percorre il cammino di autorealizzazione, è in primo
luogo felice, non prevalendo nella sua ricerca il sentimento
penitenziale ma la sintonia gioiosa con la vita. Inoltre l’aspirazione
della acca, oltre ad adombrare l’anelito – l’aspirazione, appunto, cioè
‘Bodhicitta’, ‘il pensiero dell’Illuminazione’ – a questa
felicità realizzativa, sembra alludere alle tecniche meditative di
attenzione al respiro, utilizzate in molte scuole buddhiste. Notiamo che
la felicità e l’aspirazione della acca ricordano rispettivamente il
‘giocare’ e il ‘soffiare’ di Franca nell’orecchio dell’uomo-elefante
Ganesha. Il gioco-felicità e il soffio-aspirazione-respiro fanno pensare
al ‘corredo’ del monaco, alle tecniche da lui utilizzate per rapportarsi
all’interiorità. (Riguardo alle tecniche e ancora in riferimento a Bishu,
mi viene in mente che pronunciando bis-hu, cioè due volte hu, insomma un
hu reiterato, avremmo un possibile accostamento ad una metodologia di
risveglio della Kundalini insegnata da Rajneesh, quasi sicuramente
conosciuta dal sognatore). Queste tecniche sono, in buona sostanza, una
richiesta, un bussare, un chiamare il Sé affinché questi possa
manifestarsi alla consapevolezza. Tale richiesta è un sussurrare
all’orecchio di Ganesha, che in India rappresenta la Saggezza. Soffiare
nell’orecchio del dio è, come in uno specchio, soffiare anche nel
proprio per aprirsi alla comprensione. Nel buddhismo giapponese c’è una
divinità di nome Bishamon, un Re Celeste protettore del mondo,
che - sorprendentemente - oltre a avere un rapporto di assonanza
fonetica con il nostro Bishu, governa proprio l’orecchio e la
capacità di ascoltare il messaggio sapienziale. Però, sembra dirsi il
nostro sognatore, bisogna stare attenti a non esagerare con il ‘gioco’
importunando o, peggio, a non precludersi con una eccessiva e
superficiale insistenza il contatto con il Sé, che potrebbe diventare
‘sordo’ alle nostre richieste (e noi a lui), ove queste fossero
reiterate senza la necessaria saggezza, senza una vera disposizione al
cambiamento. Da qui la necessità di lavori preparatori e prudenti: per
ospitare Bishu-Bishamon-Ganesha bisogna preparare un appartamento
(=silenzio, distacco), rifinirlo accuratamente, accettare almeno nelle
fasi iniziali la bottega da calzolaio: quest’ultima sottolinea la
necessità di un lavoro ‘artigianale’ su sé stessi, quindi paziente,
indipendente; creativo, sì, ma con moderazione e saggezza. La calzatura
è simbolo di libertà: in antico gli schiavi erano scalzi, quindi essere
calzati era sinonimo di autonomia. La bottega del calzolaio è una fase
importante, nella quale si lavora sull’autonomia dell’individuo e, in
questo senso, può ben corrispondere ai vari laboratori di ricerca
organizzati da Natale e Franca.
“Subito dopo ci
troviamo, io Franca e il gruppo, in un campo di grano e papaveri rossi.
Godiamo del sole, della natura, e siamo tutti immersi nella adorazione
della terra. Ad un tratto qualcuno grida: "C'è un serpente!", e vediamo
un serpente che come una frusta si erge e afferra farfalle, insetti,
uccellini. Dobbiamo catturarlo e ucciderlo. Valentina, la cugina di
Franca lo afferra per la testa, Franca lo prende per la coda, e insieme
lo affidano a me, che con un martello gli schiaccio il capo. Poi Elena,
mia cognata, lo mette intorno al collo come una sciarpa: la testa
pendente da un lato e la coda dall'altro. Franca si assicura che sia
veramente morto controllandone la testa visibilmente schiacciata. Poi
tutto il gruppo inizia a danzare in cerchio per il campo, badando a non
sciupare il frumento."
Non è
difficile trovare il senso del resto del racconto onirico, che si spiega
da solo, senza bisogno di particolari interventi interpretativi. Esso
contiene due temi fondamentali; il primo è quello della
collaborazione con altri - e quindi anche l’insieme armonico delle varie
componenti della personalità dell’amico Natale - in un evento rituale di
rispetto e adorazione per la Terra e i suoi frutti; l’altro tema è
quello della lotta contro il male-serpente, particolarmente in risonanza
con le convinzioni del sognatore. La Terra, che nella prima parte del
sogno abbiamo vista sottoposta a nubifragio, ora è celebrata con danze:
dopo l’uccisione del serpente essa è definitivamente purificata e
liberata, ed è Paradiso. Recuperando ancora una volta il concetto del
‘filo d’acciaio’ iniziale, ne riscontriamo il parallelismo con il
serpente che si erge ‘come una frusta’. Fra di loro, è evidente, c’è
affinità in quanto ‘legame’; la differenza sta nella diversa natura: il
primo è filo d’Arianna e Asse del Mondo, linea d’unione fra Cielo e
Terra; il secondo è il veleno della Terra, elemento divorante di
avviluppamento nelle correnti negative, emissario dell’Olam ha-Tohu
(l’ebraico ‘Mondo del Caos’) che il sognatore – con l’aiuto di ‘valenti’
forze animiche e con la collaborazione dell’intero gruppo - riesce a
trasmutare in Olam ha-Tiqqun (‘Mondo della Rettificazione’ o ‘Reintegrazione’).
E questo è il Mistero del sogno… |