Ero a letto, stavo molto male
e chiedevo a voce alta: "ma perché questa malattia?" Allora in
successione si manifestavano in me delle anime (una mutava nell'altra).
Era come se ognuna di esse, prendendo posto in me, volesse rendermi
partecipe del proprio dolore. Alla fine una voce mi diceva: "devi farti
carico di 37 anime di ebrei dei campi di concentramento". Non capivo
bene se dovevo farmene carico in senso karmico o se dovevo in qualche
modo assisterle.
Appena sveglio (ma non del tutto) per 37 volte ripetei quasi
automaticamente l'eterno riposo dona loro Signore, ecc, e subito
dopo pensai ai "Septem sermones ad mortuos" di Jung.
Sogno Natale -
interpretazione di Franca
“Essere a letto” e’ entrare
nella parte piu’ intima della “casa”, del Tempio interiore, la’ dove ci
si spoglia degli abiti quotidiani, si resta soli con se stessi e si va a
riposare (ricordiamo che il sonno e’ la prefigurazione della morte, del
Sonno o Riposo eterno, almeno per l’incarnazione che si sta vivendo) e
quando dormiamo possiamo contattare per mezzo dei ns/ corpi sottili
(astrale e mentale) i “mondi” interiori (Olam Yetzirah, Olam Briah).
“Star male” in sogno denota uno stato di disarmonia relativo ai mondi
sopra citati, un qualche problema psichico da affrontare e da superare
per tornare allo stato di “bene-essere”.
In questo sogno la domanda viene posta con la massima chiarezza: “ma
perche’ questa malattia?” e la risposta viene data da una particolare
esperienza di “possessione multipla”: una successione di anime passano
attraverso il sognatore (“una mutava nell’altra”), rendendolo partecipe
del loro dolore. C’e’ poi una risposta ad una domanda non formulata:
“Chi sono costoro e che vogliono da me?”: una risposta precisa ed
esaustiva: “Devi farti carico di 37 anime di ebrei dei campi di
concentramento”. Dunque 37 anime passano attraverso la psiche del
sognatore che se ne deve “far carico”, reggerne il “peso”. Quando si
lavora su se stessi e ci si “apre” alle esperienze sottili, sollevando
il primo “velo” (paroquet) del Tempio, puo’ succedere di tutto; bisogna
essere pronti ad affrontare battaglie, lotte, possessioni, sfide ecc.,
per questo e’ molto importante “proteggersi” prima di andare a dormire e
in genere almeno tre volte al giorno con la preghiera e le
visualizzazioni opportune; tuttavia, a volte, per ottenere determinati
risultati o per raggiungere determinati scopi, succede che si debba
“soffrire” (= s’offrire = offrirsi ).
Che significato dare a queste “37 anime di ebrei”? Intanto il loro
significato letterale. Il sognatore, di tradizione cristiana e
cattolica, negli ultimi anni ha approfondito con lo studio della Torah
e della Kabbalah, la Tradizione ebraica, e ovviamente la storia della
sofferenza del popolo ebraico degli ultimi tempi e questo ha suscitato
in lui, in qualche modo, il desiderio di riparare il “danno” provocato
dai cristiani in 2000 anni ai “Fratelli maggiori” come li ha definiti il
Papa; ecco quindi la sua disponibilita’ ad accollarsi sia il karma
collettivo di cui “si fa carico” sia ad effettivamente cercare di
portare sollievo a chi ancora non e’ riuscito a “perdonare” e a
dimenticare.
Per una lettura invece piu’ interiorizzata possiamo interpretare quel
37 come 3 + 7 = 10 (Sephiroth); anime come = essenze e la parola
“ebrei”come risultato delle sue tre lettere base ( la E, la B, la R
infatti ebrei deriva da Eber, il loro capostipite); il significato che
a tali lettere viene dato negli Arcani Maggiori o Archetipi fondamentali
e’ rispettivamente “Iniziato, Tempio e Resurrezione”. Quindi se con il
3 + 7 intendiamo le 10 Sephiroth dell’Albero Cabalistico, le 3
Superne, del mondo Atzilutico riconducibili alla Sephirah occulta,
Daath e le 7 inferiori alle Sephiroth dei mondi mentale, astrale e
fisico (Briah, Yetzirah e Assiah) e a “campi di concentramento” il
significato letterale di luoghi o punti di aggregazione di energia
quindi “campi energetici”, allora la guarigione del sognatore
dipenderebbe proprio dal “farsi carico” della “sofferenza” delle
“essenze” delle sue qualita’ di “Iniziato” che come “Tempio della
Divinita’” deve attuare la sua “Resurrezione” qui e ora e soprattutto
deve assisterele sue energie ad attuare il loro scopo, la Resurrezione,
nella “offerta di se’”.
La ripetizione per 37 volte della preghiera per i morti ha placato le
energie in ribellione del sognatore cosi’ come la stesura dei “septem
sermones ad mortuos” placo’ l’ansia di Verita’ dei “morti che tornavano
da Gerusalemme senza aver trovato quello che cercavano” di Jung: ognuno
di noi ha i “morti” che si merita, quelle energie che in passato abbiamo
inviato a cercare la Verita’ e che qualche volta ci tornano indietro
insoddisfatte a chiedere violentemente ragione della loro esistenza e
del loro spesso inutile “viaggio a Gerusalemme”: allora bisogna saper
dar loro la risposta giusta.
Grazie. F.V.
Sogno di Natale –
fantasticherie interpretative di Maurizio
Le religioni e le filosofie
orientali in genere, – sia pure con alcune differenze fra loro -
ritengono che le persone defunte lascino una sorta di traccia di sé nei
piani sottili. Questa traccia ‘karmica’ è la componente dell’individuo
destinata a reincarnarsi, così da continuare il ‘viaggio’ di ampliamento
della coscienza attraverso le esperienze sul ‘piano fisico’. Nel
buddhismo in particolare i semi karmici sono chiamati ‘samskhara’, e
potremmo considerarli come le componenti irrisolte della vita trascorsa,
le quali costituiscono anche i principi generatori della vita successiva
e i suoi ‘enigmi’ da sciogliere. ‘Risolvere’ o ‘sciogliere’ i samskhara
(che, comunque, rappresentano una preziosa occasione di crescita),
significherebbe eliminare ogni visione parziale e raggiungere
l’Illuminazione. Il discorso, naturalmente, è complesso e articolato, ma
per ciò che attiene al nostro attuale scopo, ne facciamo una
semplificazione utilizzando l’Albero cabalistico e alcuni concetti
dell’’esoterismo’ che appaiono validi per descrivere il processo
post-mortem.
In questo
schema, possiamo rintracciare i quattro piani dell’uomo (fisico,
astrale, mentale, causale) e il cosiddetto ‘percorso della risalita’: a
partire dal piano fisico, dopo la morte, la coscienza individuale
percorre tutti i livelli in senso ascendente, però si arresta al di
fuori del piano causale, arrivando appena a sfiorarlo, come la freccia
non tratteggiata del disegno. Sembra, infatti, che la consapevolezza si
‘addormenti’ su tale piano, non essendo abbastanza evoluta da viverlo
consapevolmente. Dopo di ciò le componenti karmiche della Legge di Causa
ed Effetto ricostituiranno i presupposti per la nuova nascita e, quindi,
per la nuova ‘discesa’.
Al contrario, ove le componenti incomprese dell’esperienza fossero
totalmente risolte, la ‘risalita’ raggiungerebbe agevolmente il piano ‘causale’,
atziluthico o akasico, a secondo della terminologia preferita,
determinando la cosiddetta ‘liberazione’ dal ‘ciclo delle nascite e
delle morti’. Questa seconda ipotesi è rappresentata nel nostro schema
dal percorso indicato con la linea tratteggiata.
Nei “Septem
sermones ad mortuos” di Jung, i ‘morti’ gridano: “Ritorniamo da
Gerusalemme, dove non abbiamo trovato quello che cercavamo.” Essi
hanno tentato di trovare qualcosa nella ‘Città della Pace’, forse
la liberazione, la felicità, l’illuminazione: è il motivo della ricerca
di tutti noi e, in questo senso, siamo proprio noi i ‘morti’, finché non
riusciamo ad avere accesso alla pienezza della vita. Sotto tale punto di
vista il ‘campo di concentramento è la ‘ruota del samsara’. La
parola ‘ebreo’, inoltre, viene dal greco ‘hebraios’, a sua
volta derivante da un termine semitico ‘iber’ o ‘eber’, che
significa ‘emigrante’, più letteralmente ‘al di là di’:
quest’ultima espressione sarebbe un riferimento alla provenienza dei
capostipiti delle tribù ebraiche dalle regioni al di là dell’Eufrate;
secondo il nostro tipo di lavoro, però, ‘al di là di’ - che,
curiosamente, ricorda proprio i defunti, al di là della linea di
demarcazione fra la vita sul piano fisico e la vita ‘ulteriore’ - è una
buona definizione per il piano ‘atziluthico’, che sta oltre
l’illusione dei mondi più densi e oscurati. L’”ebreo”, dunque, potrebbe
indicare simbolicamente tutti gli esseri viventi in quanto
originariamente provenienti da quella dimensione illuminata ed
esiliati nei mondi inferiori. Per ritornare al racconto onirico, rimane
da chiarire il senso del numero delle anime di cui il sognatore deve
’farsi carico’: 37. Sia per gli interessi del sognatore orientati anche
alla conoscenza del misticismo ebraico, sia per il fatto che le ‘anime’
sono di ebrei, ci sembra perfettamente legittimo fare ricorso alla
cabala. Il 37 è immediatamente scomponibile, secondo le attribuzioni
numeriche delle lettere ebraiche, in 30+7, cioè lamed (30) e zayin (7).
Le due lettere insieme, ‘lz’, fanno pensare alla parola ‘Luz’,
presente nella Bibbia ad indicare una località dalla quale si entra in
un mondo misterioso dove non esiste la morte, chiamata
successivamente Beth El, la ‘Casa di Dio’ e connesso con quest’ultimo
nome alla vicenda del sogno (!) di Giacobbe. ‘Luz’, inoltre, è sia il
nome del mandorlo fra le cui radici c’è la porta del mondo citato, sia
il nome di un ‘osso’ del corpo umano indistruttibile, a
cominciare dal quale inizierà la Resurrezione. Siamo, insomma, di fronte
ad un simbolo d’immortalità: il 37 sembra indicare, già nel numero, la
possibilità di una soluzione per le ‘anime sofferenti’. A prescindere
dal fatto che il racconto onirico potrebbe anche essere l’espressione di
un evento reale occorso su livelli ‘sottili’, per esempio nel cosiddetto
piano astrale, dove Natale può essersi davvero trovato a prestare un
aiuto, a questo punto possiamo forse comprendere meglio il senso
simbolico di queste entità di ebrei dei campi di concentramento: le
anime dei defunti, infatti, rappresentano in qualche modo i ‘samskhara’
dello stesso sognatore, cioè le componenti della sua psiche profonda che
non hanno ancora trovato soluzione. Esse sono imprigionate in mondi ‘inferi’,
‘infernali’, sub-consci: da qui la sensazione onirica di ‘grave
malattia’ e di incomprensione delle cause che l’hanno generata.
L’emergere di queste ‘anime’ alla consapevolezza del sognatore, però,
indica un processo terapeutico, di guarigione, che inizia proprio come
conseguenza della domanda auto-conoscitiva: “Perché questa malattia?”
Poiché questi ultimi concetti ci sembrano ancora una volta in
particolare sintonia con la filosofia orientale, ricordiamo che nel
Sutra del Loto il Maestro, il Buddha, è paragonato ad un bravo medico,
che ha sapientemente selezionato e preparato la medicina per la malattia
universale, il dolore. Secondo molti commentatori, inoltre, il
Risvegliato utilizza nel suo insegnamento delle modalità sovrapponibili
a quelle della scienza medica, particolarmente nell’enunciazione delle
“Quattro Nobili Verità”, che qui di seguito voglio citare come
conclusione della mia ‘fantasticheria interpretativa:
1. la Verità sul Dolore
(diagnosi);
2. la Verità sull’Origine
del Dolore (eziologia)
3. la Verità sulla
Cessazione del Dolore (prognosi);
4. la Verità sulla Via che conduce alla Cessazione del Dolore (terapia). |