Sogno del 04/07/2001 di PAOLA


Fuggo dal carcere insieme ad altre persone. La fuga è difficile e sappiamo di essere braccati. Quindi, per non farci catturare, dopo in po’ di tempo torniamo proprio dove siamo fuggiti e ci facciamo assumere come secondini. La cosa funziona e in questo modo trascorrono anni, anche se a volte ci sono momenti di tensione, come quando ci viene a ispezionare una sorvegliante che potrebbe riconoscermi. Qualche volta, inoltre, grazie al nostro ruolo, riusciamo ad aiutare qualcuno facendolo evadere.

 

Riflessioni congiunte di Paola e Maurizio

Nel mito della caverna Platone descrive gli uomini come prigionieri dell’oscurità, dell’illusione, del mondo delle ombre. Chi riuscisse a liberare la propria visione, a uscire dalla caverna e a vedere il sole, dopo un iniziale accecamento dovuto all’intensità della luce, avrebbe il desiderio di tornare al suo interno per rivelare agli altri – ancora incatenati nel fondo dell’antro e con le spalle all’uscita – la verità contemplata all’esterno: il cielo, gli astri, la terra, la totalità dl mondo. Purtroppo non sarebbe creduto e durerebbe molta fatica per convincere chi non ha mai visto queste cose della loro realtà. Analogamente, e senza pretendere che la sognatrice abbia raggiunto un tale grado d’illuminazione, nella tradizione buddhista, il bodhisattva – che potrebbe voler ottenere il nirvana evadendo dalla prigione samsarica, abbandonando gli altri esseri viventi all’ignoranza della realtà fondamentale – decide di rimanere legato, accettando il proprio karma negativo, alla ruota della legge di causa-effetto del nostro mondo di saha, di sopportazione: ciò anche al fine di aiutare altri a eludere la simbolica sorveglianza di Mara, il demone del sesto cielo, sempre bene attento a mantenere gli uomini incatenati all’illusione dell’ego e della separatività. Il Buddha stesso, secondo il Sutra del Loto (da:”Il Sutra del Loto” – ed. Esperia), “è sempre presente nel mondo e non conosce estinzione” così da poter aiutare gli altri, con il desiderio che “tutti gli esseri viventi accedano alla via suprema”. In effetti, a ben riflettere, non sarebbe neanche possibile una liberazione valida solo per sé stessi, se non in forma parziale e transitoria: sa la realtà fondamentale è l’unità della vita, il comportamento di chi si è risvegliato ad essa non può essere, in definitiva, che quello di un bodhisattva.

 

 

Commento al sogno del 4/07/01 di Paola

"Fuggire dal carcere" vuol dire sentire finalmente il profumo di quella libertà che nel branco è soffocata da regole che hanno radici nel vecchio e nell'effimero (per branco intendo gruppo di persone che si attengono a norme con radici solo sulla terra e che escludono ogni senso critico personale). Ma l'impresa , da soli, è ardua: meglio fuggire insieme ad altri (gruppi di ricerca, associazioni culturali, ecc.). "La fuga è difficile e sappiamo di essere braccati": i ricercatori, i pensatori, sono sempre una minoranza e vengono regolarmente additati dai cosiddetti "normali", quelli che vanno sicuri sul velluto steso da chi pensa e decide per loro. Ma vengono anche braccati  dal proprio ego-ismo, nella normale lotta interiore che si scatena più o meno violentemente. "Per non farci catturare…torniamo là da dove siamo fuggiti e ci facciamo assumere come secondini": all'inizio il ricercatore crede di potere mettere da parte il corpo e di poter vivere in una dimensione iperfisica, ma col tempo si renderà conto che il sottile e il denso devono  stare insieme perché sono una cosa sola (noi), che l'ego ha apparentemente diviso in due. Ecco dunque che lo spirito, padrone del corpo, diviene secondino di una mente egoica ancora attiva ma in dissolvenza. E ciò non vuol dire affatto spersonalizzarsi, ma avere una mente che agisce per il meglio in ogni circostanza, una mente che fa la cosa giusta al momento giusto, una mente zen. Però se spersonalizzarsi vuol dire lasciar cadere la maschera, ben venga tale termine. "La cosa funziona…ma…": questa seconda 'carcerazione' voluta crea a volte tremende scissioni, allorché l'ego assume l'aspetto di sorvegliante in una situazione che gli sta sfuggendo di mano (una sorta di paradosso possibile solo perché l'ego non è ancora scomparso pur essendo entrata un poco di luce). Però il carcere è anche il branco, e ritornandovi come secondini, avendo le chiavi della prigione (tecnica spirituale di qualunque disciplina religiosa) si e’ in grado di aiutare qualcuno.Grazie N.M.

 

 

Paola  04/07/01

Se l’incarnazione sulla terra (che e’ luogo di espiazione = carcere) e’ dovuto ad una “caduta” ed ad una cacciata dal Paradiso (Altrove), il tentativo di fuggire dal carcere e’ la  volonta’ di sfuggire alla punizione meritata (karma) e la fuga e’ difficile, pero’ con l’aiuto di “altri” nelle stesse condizioni (e qui siamo tutti nelle stesse condizioni), si tenta... poi si comprende che l’unico modo per riparare alla caduta (e non incorrere in un karma peggiore) e’ tornare coscientemente sul “Luogo” di espiazione, ma questa volta aderendo al Piano dell’Organizzazione (ci facciamo assumere come secondini).
Ora c’e’ la doppia prospettiva: in realta’ il senso di colpa fa sentire talvolta la sognatrice nel ruolo “sbagliato” (quello del secondino  e non del carcerato) = ecco la paura e tensione  quando arriva il sorvegliante (= quello che e’ sopra la veglia) che potrebbe riconoscerla ( = toglierle la maschera) d’altra parte essa e’ cosciente di “aiutare gli altri ad evadere” = di essere a Servizio, questo la fa sentire meglio e la solleva dal senso di colpa....Grazie F.V.

 

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