Un sogno di ROBERTO


Sono in auto con Emma e devo attraversare un ponticello di legno su un ruscello. Mi fermo perché devo far passare una persona che impiega tanto tempo a passare. Attraversiamo il ponte, subito dopo inizia un tunnel in salita. Ogni tanto nella salita la strada fa una rampa di alcuni metri. A 2/3 del viaggio mi accorgo di essere solo. Arrivo in cima al tunnel e mi ritrovo all’aperto in una serie di piccole piazzette. Girovago per un po’ finchè trovo un altro tunnel in una discesa e ci entro. Scendo per cercare Emma e mi siedo sugli scalini insieme ad altre persone. Gli scalini partono in discesa e girandomi vedo che ci sono delle rotaie che rimangono scoperte. Ad un certo punto mi sveglio prima di trovare Emma e finisce così.

 

 

 

Fantasticherie interpretative di Maurizio

“Sono in auto con Emma e devo attraversare un ponticello di legno su un ruscello.”
“Autòs” significa in greco “stesso” o “sé stesso”: la frase “sono in auto”, dunque, al di là del significato palese, può indicare l’essere dentro di sé, come per una sorta di situazione introspettiva. “Emma”, moglie del sognatore, ne indica l’anima, la femminilità interiore, il legame fra l’io consapevole e la completezza androgina del Sè. L’elemento successivo, del ponticello di legno e del ruscello, sembra alludere ad un “rito di passaggio”: uno di quei momenti della vita in cui si deve compiere un salto di qualità, un cambiamento di piano o di percezione. 
“Mi fermo perché devo far passare una persona che impiega tanto tempo a passare.”
C’è, però, una parte di Roberto, un complesso parziale della sua personalità, che ostacola il cambiamento ed inserisce un quid legato alla lentezza, all’attesa. In effetti, quando dobbiamo mutare, spesso c’è una parte di noi che resiste, che spinge a pensarci bene, a prendere tempo. Prudenza o rifiuto del nuovo? Difficile dirlo; comunque è abbastanza naturale che si abbiano incertezze, che non si voglia “attraversare il fiume”, perché di fronte a qualsiasi atto definitivo si preferisce temporeggiare. D’altra parte nel sognatore si intuisce anche l’impazienza, comprensibile in chi attende con l’automobile che passi qualcuno.
“Attraversiamo il ponte, subito dopo inizia un tunnel in salita. Ogni tanto nella salita la strada fa una rampa di alcuni metri. A 2/3 del viaggio mi accorgo di essere solo.”
Il ponte, la salita, le rampe, il tunnel: l’ipotesi del “rito di passaggio” sembra acquistare maggiore consistenza. Ricordiamo le visioni dei morenti, in cui è quasi sempre presente un tunnel che, comunque, è anche un evidente simbolo della nascita. E’ inoltre molto frequente, per esempio nei rituali di certi popoli per il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta, che l’iniziando venga lasciato solo, magari in una foresta o in un posto nel quale debba riuscire a cavarsela autonomamente. Però, qui, non siamo nell’adolescenza, e neppure alla nascita o al momento conclusivo dell’esistenza: siamo, invece,  circa a “2/3” del viaggio della vita. Un momento nel quale effettivamente ci si trova a dover rimettere tutto in discussione, a dover ricalibrare i propri paramentri, a riformulare obiettivi. In effetti qualsiasi transizione rappresenta una crisi, una morte-rinascita da cui si esce rinnovati se la si affronta nel giusto modo.
“Arrivo in cima al tunnel e mi ritrovo all’aperto in una serie di piccole piazzette.”
L’uscita dal tunnel è rappresentata, nei casi di N.D.E (near death experience), come qualcosa di intensamente luminoso che conduce in un giardino o all’interno di un paesaggio particolarmente bello e accogliente. Più in generale, anche nel linguaggio comune, l’”uscire dal tunnel” evoca sempre l’immagine della risoluzione di un problema difficile, pesante, apparentemente senza sbocco. Nel nostro caso, Roberto si ritrova in un labirinto di piazzette, cioè in una realtà suddivisa, frammentaria. Una piazza è un centro, una possibile raffigurazione del Sé. Qui ce ne sono parecchi, e piccoli, nessuno di essi tale da rappresentare un unico punto focale capace di attrarre e concentrare tutte le energie in campo. La soluzione non si profila chiaramente e il sognatore sembra chiedersi quale sarà lo sviluppo successivo della sua vita, attorno a quale interesse, a quale settore, a quale nucleo di sé stesso potrà riorganizzarla ora che avverte il verificarsi di una svolta importante.
“Girovago per un po’ finchè trovo un altro tunnel in una discesa e ci entro. Scendo per cercare Emma e mi siedo sugli scalini insieme ad altre persone. Gli scalini partono in discesa e girandomi vedo che ci sono delle rotaie che rimangono scoperte. Ad un certo punto mi sveglio prima di trovare Emma e finisce così.”
Roberto non riesce a trovare una vera soluzione, un sicuro orientamento. La situazione è complicata anche dalla scomparsa dell’”anima” che, dal punto di vista archetipico, sarebbe la guida verso l’integrazione. Per questo motivo la ricerca del sognatore è pressante: egli sa di dover andare giù in un altro tunnel, verosimilmente verso l’abisso all’interno di sé stesso, verso gli strati più riposti e meno evidenti alla consapevolezza. Probabilmente, come nel mito di Proserpina, l’anima è discesa nell’Ade, e laggiù va rintracciata e recuperata. Per scendere negli “inferi” è necessaria una certa gradualità, come quella suggerita dagli scalini; però quando il sognatore si siede, forse per un ulteriore rallentamento o una resistenza simile a quella avuta all’inizio del sogno in prossimità del ponte, allora gli “scalini” stessi iniziano a muoversi verso il basso, rivelando di avere delle rotaie. Come fosse a bordo di una funivia o su un vagoncino del Luna Park diretto verso la misteriosa profondità della galleria in discesa, il sognatore non può più dilazionare la sua immersione autoconoscitiva.

 

 


Sogno Roberto  interpretazione di  FRANCA

Tutto il sogno e’ un “percorso”, un andare sul Sentiero, prima in “auto” = fisico, con Emma,  la controparte sentimentale-intuitiva del sognatore il cui significato e’ “grande”; in questa  prima parte del percorso egli e’ completo, armonico, ma c’e’ da “attraversare un ponte”, da passare oltre un ostacolo  costituito da un ruscello, acqua corrente e fresca, ed essendoci il “ponte” dovrebbe essere facile proseguire il viaggio, ma  bisogna “far passare una persona che impiega tanto tempo a passare”: c’e’ una parte del sognatore che ha bisogno di “tempo”, va molto adagio (perche’? ha paura, sfiducia, non e’ sicuro che il ponte regga,  ha un impedimento nel camminare, e’ indeciso sul percorso ecc. ?- questo nel sogno non e’ specificato ma il sognatore dovrebbe rifletterci su-). In ogni modo il viaggio prosegue e diventa interiore (tunnel) e difficile (in salita) ... “ogni tanto la salita fa una rampa di alcuni metri”: diventa peggio di una scalata di montagna, sempre piu’ ripida e impervia!  A 2/3 del “viaggio” ( val a dire all’ eta’ circa del sognatore, che corrisponde ai 2/3 della sua vita) egli si accorge che la componente sentimentale-intuitiva, Emma, non e’ piu’ con lui,  e’ rimasto solo: la sua razionalita’-praticita’ ha preso il sopravvento ed ha occultato l’altra parte,  ma ora egli si sente incompleto; per fortuna e’ finito il tunnel, il viaggiatore  si trova all’aperto in un luogo con piccole piazzette (spazi di raduno, dove e’ possibile fermarsi a riposare e parlare e riflettere: alcune certezze sono state conquistate ed e’ stata fatta chiarezza a certi livelli.  Poi il sogno prosegue, il viaggiatore di nuovo va in cerca di conoscenze interiori e di nuovo affronta un tunnel, ma questa volta il percorso e’ piu’ facile (in discesa) e ci va proprio per ritrovare la sua “Emma”;  anche la discesa e’ facilitata ( il sognatore sta facendo nuove esperienze – forse il lavoro di gruppo dei Misteri Onirici): egli si trova come su una scala mobile che scende all’interno di se’ ed il viaggiatore e’ anche seduto e guardandosi dietro riesce a vedere le “rotaie che rimangono scoperte” cioe’vede la struttura interna della via che sta percorrendo. Non ha ancora ritrovato Emma, ma si e’ “svegliato” e sicuramente non “finisce cosi’”. 

Grazie. F. V.

 


Sogno  Roberto - Interpretazione di  Natale

"Sono in auto con Emma e devo attraversare un ponticello di legno su un ruscello".
La terra su cui si sta viaggiando è fertile, perché là dove vi è un corso d'acqua (che si tratti del Nilo o di un ruscello) il suolo diventa produttivo. Possiamo dunque affermare che il viaggio del sognatore all'interno di sé, al momento, sta procedendo bene.  Ma la cosa importante è che tale viaggio, nella vita di tutti i giorni lo fa con Emma (la moglie), e nella vita di tutte le notti, lo fa in compagnia di uno degli aspetti del Sé (la Emma del sogno che per noi va oltre l'anima junghiana). "Sono in auto con Emma", infatti, sottolinea una presa di coscienza del sognatore: a portare avanti la sua ricerca è anche quella parte di sé non ancora fissata, non ancora messa a fuoco, che suggerendogli la via lo avvicina a se stessa quale meta. Colui che cerca  è la meta, allo stesso modo in cui un punto in movimento è il mistero della traiettoria che andrà costruendo. La Vita, quella impersonale che abbraccia ogni essere non ha corpo, eppure sostiene ogni corpo; non ha mente, eppure supporta ogni mente; non occupa spazio e non sta nel tempo, eppure è  responsabile dello spazio-tempo. Roberto "è in auto con Emma", e tale Presenza comincia a sentirla vicina mentre compie il suo faticoso viaggio alla ricerca di ciò che é.  " Devo attraversare un ponticello di legno su un ruscello". Come per Emma, anche per lui si profila un momento di confine fra un ciclo di vita ed un altro.. Ma a noi interessa il lavoro alchemico, per cui diciamo che il "ponticello di legno" è una chiara allusione al suo lavoro, che è stato il modo della sua ricerca nel quotidiano e sul piano assianico (fisico). Nel momento in cui di un albero si fanno pezzi di legno d'opera, una forma di vita viene distrutta ed un'altra viene creata: un noce diventa un tavolo. L'albero aveva la sua anima, il taavolo ha la sua. Così come ha lavorato il legno, il nostro sognatore ha lavorato se stesso, ed oggi raccoglie i frutti di quanto ha forgiato per tutta la sua vita. Il suo lavoro è stato un ponte che ha collegato due dimensioni, quella fisica e quella mentale: con esso Roberto è riuscito a domare le sue acque, ed attraversarle. Lo ha fatto lentamente (anni di lavoro) e ciò se lo rappresenrta con l'immagine onirica della persona che lo costringe a fermarsi a quel ponte, un uomo "che impiega tanto tempo a passare".    Attraversiamo il ponte", Roberto è finalmente entrato nella sua psiche, ha attraversato le acque. Ma ecco che la strada si fa in salita e cominciano i tunnel, ma soprattutto si accorge di essere solo (a due terzi del viaggio mi accorgo di essere solo"). Quando nel viaggio all'interno di sé ci si osserva con la mente, improvvisamente tutto diventa nero, buio, e la solitudine avvinghia l'esploratore. Stiamo percorrendo i territori dell'ego, la terra che i nostri desideri arano continuamente per lasciarsi inghiottire da essa come semi. Vivere costantemente nei nostri desideri equivale a starsene sotto terra, soprattutto se ci si focalizza sugli apparati radicali e ci si dimentica dei germogli che vanno verso la luce. Ogni desiderio alla fin fine é un' inconscia propensione alla luce, alla Vita. Roberto si accorge che a due terzi della sua vita (il nostro gruppo è formato per la maggior parte da persone giunte ai due terzi della propria vita) è solo. Emma non è più accanto a lui. Nella nigredo si è sempre soli e malinconici, soprattutto se tale fase dell'opera, della ricerca, coincide con la seconda metà della vita, lì nelle terre che stanno oltre il ponticello di legno. Quella Vita impersonale gli sfugge (Emma non è più con lui) e ripiomba nel buio, perché i territori dell'ego stanno all'ombra come i territori del Sé stanno alla luce: se manca la luce, l'ombra sta lì con tutto il suo peso, è il nero più nero del nero, sono i corvi, il fetore dei morti, tutte terminologie che indicano questa particolare fase della ricerca (fase al nero). E' il momento di vincere la paura e tuffarsi in  questo mare scuro. Ed ecco il nostro sognatore che decide per una discesa agli inferi in piena regola: Orfeo va in cerca della sua Euridice ("scendo per cercare Emma e mi siedo sugli scalini insieme ad altre persone"). Roberto vuole sottolineare che pur essendo solo trova compagni di viaggio nel gruppo dei sognatori: ognuno sul suo scalino, ma anche tutti insieme sulla scala mobile che conduce dentro. Gli inferi assumono i contorni di luogo oggettivo  e non più personale. Siamo in piena mitologia. Tale scala in effetti non esiste, è solo ideale. E' come un treno i cui vagoni non sono  agganciati, ma che tuttavia vanno nella stessa direzione. Le rotaie sono vere e danno la possibilità di far rivivere il mito ogni qualvolta un vagone le percorre.  Quello strano compagno di viaggio è ricercatore, meta e mezzo di ricerca, ma la sola mente non lo fisserà mai, perché è… Mente!

Grazie N.M.

 

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