Un sogno
di SIMONETTA
Sono sul posto di lavoro, non
meglio identificato: ambiente grande, negozio o studio commerciale.
Sogno Simonetta - interpretazione di Franca
“Sono sul posto di lavoro”:
essere sul posto di lavoro, anche se non meglio identificato, significa
essere pronti, disponibili a fare il proprio dovere, ad adempiere il
compito che ci e’ stato assegnato, anche se non si e’ ben certi di
quale esso sia. Grazie. F.V.
Sogno di Simonetta - Interpretazione di Natale
Per tutto il Settecento e
l'Ottocento l'universo era visto come un'immensa macchina che si muoveva
secondo le precise leggi scoperte dal genio di Newton (forza di gravità
che manifestandosi nella reciproca attrazione dei corpi - pianeti o
atomi che fossero - ne produceva il moto). Questa sconfinata macchina
era quindi governata da meccanismi causali. Una prima spallata a questa
concezione venne data dallo studio di elettricità e magnetismo (i campi
magnetici non ubbidivano alle leggi newtoniane), ma il colpo di grazia
fu inferto dal più grande genio del secolo, Einstein. La materia, alla
luce della famosa eguaglianza E = emmecidue , diventa soltanto
una forma di energia (l'energia è uguale alla massa per la velocità
della luce al quadrato); il tempo diventa relativo, ed insieme con le 3
coortinate dello spazio dà vita alla quarta dimensione, esso è una
quarta coordinata; le particelle sub-atomiche non sono più un corpo
infinitamente piccolo, ma strutture dinamiche che nello spazio-tempo non
hanno sostanza materiale; ogni corpo non è altro che un ammasso di
strutture dinamiche in continua trasformazione: "danza continua
d'energia" (Fritjof Capra - Il Punto di svolta - Feltrinelli); il
cosmo è vivo e "la sua attività è l'essenza stessa del suo essere"
(idem). Dopo Einstein - e qui ci avviciniamo al sogno di Simonetta -
una certa corrente di fisici (approccio del Bootstrap) propugna una
filosofia che "Non solo abbandona l'idea di componenti elementari
della mateia, ma non accetta entità fondamentali di alcun genere"
… Il fatto che tutte le proprietà delle particelle siano
determinate da prinicipi strettamente connessi ai metodi di osservazione
significherebbe che le strutture di base del mondo materiale sono
determinate, in ultima analisi, dal modo in cui noi osserviamo questo
mondo; che le strutture osservate della materia sono riflessi di
strutture della mente "(idem). L'autore citato innalza tale
approccio al livello della filosofia buddhista o taoista (io aggiungerei
del Vedanta). Insomma, il mondo Grazie, Nat.
Sogno di Simonetta – fantasticherie interpretative di Maurizio 1. L’ambientazione iniziale del sogno è quella di un ‘posto di lavoro’ non meglio definito, forse – dice l’amica sognatrice - un negozio o uno studio commerciale. Nella nostra ottica di ‘onironauti’, dopo aver lavorato su tanti dei nostri sogni, ogni frase, ogni parola comincia ad assumere connotazioni precise. Già da questo primo momento del racconto onirico di Simonetta, dunque, ricaviamo: a) il posto di lavoro: il ‘lavoro’ nel senso profondo e interiore, nell’accezione più alta e ‘vera’ del termine, è quello su sé stessi, relativamente all’indagine autoconoscitiva. Il riferimento è al laboratorio alchemico dove si compie l’‘Opera’, quella della trasmutazione del ‘metallo’ in ‘oro’ e dell’oscurità in Illuminazione; b) il negozio: la sognatrice caratterizza tale ‘lavoro’ come una trattativa, una contrattazione – questa l’indicazione implicita nella parola ‘negozio’ – con il proprio inconscio, con le parti profonde di sé. Probabilmente l’allusione è al fatto che il rapporto con il cosiddetto ‘inconscio’ non è semplice e immediato: la coscienza deve accettare che i contenuti nascosti emergano, deve porvi attenzione, accoglierli, valorizzarli. Soltanto per merito di questa sollecitudine consapevole la nostra interiorità cede i suoi significati, gli eventuali tesori e la sua energia; c) lo studio commerciale: il termine ‘studio’ sottolinea ancora l’impegno in senso autoconoscitivo, base di qualsiasi ‘commercio’ reale e apportatore di risultati positivi. In altre parole ‘studio’ e ‘commerciale’ equivalgono all’impegno nel mettersi in discussione, cosa che la sognatrice fa anche offrendoci il racconto delle sue esperienze oniriche. 2. Il ‘compito’ indicato dal sogno è quello di portare allo zio Bruno una lettera con dei soldi. Simonetta ci informa che questo zio nella realtà è defunto. Da ciò attingiamo le seguenti riflessioni: a) nel portare denaro ad un morto si può intravedere, in senso generale e non necessariamente in rapporto con questo sogno in particolare, una relazione con gli antichi rituali dell’offerta ai trapassati fatta, a seconda delle varie culture umane, con cibo, acqua, fiori, essenze odorose o altro. Alcuni dei significati possibili sono: · dare ‘vita’ alla ‘morte’, esorcizzando quest’ultima e compensandone l’apparente vuoto di significato; · offrire simbolicamente un ‘corpo’, cioè un supporto materiale e vitale, allo ‘spirito’ del defunto, ricomponendo così l’unità degli opposti polari; tra l’altro i ‘soldi’ che la sognatrice dovrebbe consegnare allo zio derivano terminologicamente dal latino ‘solidum’, cioè ‘solido’, ‘dotato di massa’, ‘materico’; · dare alla persona trapassata qualcosa di sé che possa compensare eventuali mancanze, errori o rimpianti relativi al rapporto creatosi quando era in vita. b) Il nome ‘Bruno’ significa ‘scuro’, con probabile riferimento alla carnagione; però l’etimologia più antica, passando attraverso il latino, origina in realtà dal danese antico ‘brun’ con il significato di ‘ardere’, ‘ardente’, ‘arso’: di qui il colore tendente al nero, ‘bruciato’. · Ciò riconfermerebbe l’indicazione onirica del tema della morte: questa, infatti, è spesso simbolicamente in relazione con il fuoco, la fiamma, l’incenerimento, la distruzione e l’annientamento della vita intesa come ‘umidità’, ‘acqua’; · il fuoco è anche legato alla ‘purificazione’, all’estinzione delle scorie, delle zavorre, dei vincoli, del karma, alla liberazione, e – per ritornare al concetto già espresso prima in relazione al ‘lavoro’ nell’Opera - alla trasmutazione alchemica del metallo vile in oro. c) Il termine ‘zio’ potrebbe rimandare ad innumerevoli interpretazioni, alcune delle quali in rapporto con la linea ‘paterna’ o ‘materna’ di appartenenza e con possibili nozioni psicoanalitiche. Noi, però, non abbiamo nessuna concreta conoscenza biografica relativa a Simonetta e a questo zio: la sognatrice non ce ne fornisce nel suo racconto. Dobbiamo quindi ‘scavare’ in altra direzione. Notiamo, quindi, che: · la parola italiana ‘zio’ deriva dal greco ‘theios’, QEIOS, che possiede una curiosa omofonia con un altro termine greco, ‘theios’, anch’esso scritto ‘ QEIOS ’, che è un aggettivo e vuol dire ‘divino’. Theios logos è la ‘rivelazione divina’, mentre theios aner è l’’uomo divino’, una definizione con la quale gli gnostici indicavano Gesù. · Quello degli zii, in un certo senso, è un grado di parentela ‘obliquo’: non c’è il rapporto diretto che si ha con il genitore, lo zio è un personaggio a latere del genitore stesso. In diverse culture primitive, e anche in certe osservazioni della ricerca psicanalitica, lo zio riveste alcuni degli attributi del genitore, magari accentuandone o modificandone in parte il ruolo: per esempio uno zio ‘paterno’ può avere alcune delle funzioni del padre, incarnandone talvolta la severità, oppure la protettività in grado maggiore del padre stesso, come ne fosse la sottolineatura o la specificazione sotto particolari punti di vista. · ‘Theios’, ‘divino’, è in relazione con ‘theos’, QEOS, ’dio’, essendone l’aggettivo. Un aggettivo ‘qualifica’ il sostantivo e ne può indicare una specificazione, una funzione, quasi in analogia con quanto detto a proposito dello ‘zio’ e del ‘genitore’. Per sintetizzare quanto dunque è emerso a proposito della ‘lettera con i soldi’ da portare allo ‘zio Bruno’ possiamo dire che: a) la sognatrice, nella sua attuale ricerca di approfondimento interiore, ritiene di dovere e potere creare una integrazione fra mondo ‘concreto’ (i ‘soldi’, da solidum) e le dimensioni spirituali e ignote (il defunto, la morte); b) nello ‘zio Bruno’ possiamo rintracciare l’allegoria di ciò che non si conosce: oscuro, incognito, ma anche rappresentazione del ‘fuoco divino’, della ‘divina’ e ‘ardente’ fiamma purificatrice che è la ricerca stessa della conoscenza; c) in senso filosofico-religioso la sognatrice, utilizzando il concetto di ‘zio’, theios, a proposito delle dimensioni trascendenti, non sembra farsi domande dirette sulla natura di ‘Dio’, Theos - di cui pure avverte la ‘Presenza Divina’, il ‘Theios Logos’, la ‘Shekinah’ - quasi avesse un riserbo o timore al riguardo, come se lo avvertisse ‘giudicante’ e inavvicinabile; d) in senso più umano, considerando che la sognatrice è una donna, traspaiono significati sulla figura paterna e, soprattutto, su quella maschile: si tratta di archetipi ancora incomprensibili, oscuri, lontani. Tuttavia, attraverso la conoscenza del proprio ‘Sposo interiore’, l’Animus, passa anche lo sviluppo dell’individualità e dell’integrazione, la ‘conjunctio oppositorum’, all’interno di sé. Il proseguimento del racconto onirico sembra proprio continuare su questa linea di elaborazione del ‘maschile’, già iniziata con i primi sogni che l’amica Simonetta ha consegnato alle nostre riflessioni. 3. La sognatrice si trova “su un bus schiacciata fra la gente, in prevalenza uomini” e arriva in “Piazza San Giovanni, in pieno comizio tenuto da Enrico Berlinguer”. a) Anagrammando ‘bus’ ricaviamo ‘sub’: il ‘veicolo’ dunque esplora zone sub-consce, quelle nelle quali bisogna addentrarsi per ‘solvere’, sciogliere, purificare. La sognatrice si sente ‘schiacciata’, soffocata (ricordiamo la parentela etimologica fra ‘stringere, soffocare’ e ‘angoscia’), è in posizione difensiva, e la pressione o il pericolo sono soprattutto di polarità ‘maschile’: è qui che risulta necessario ‘solvere’, analizzare, ed è il tema principale del sogno; b) ‘Piazza San Giovanni’ richiama l’omonimo evangelo, nei cui primi versetti è scritto: “kai theos en ho logos”, “e Dio era il Verbo”. Sulla parola ‘theos’ esiste attualmente una discussione su quale debba essere la corretta traduzione: ‘Dio’, ‘un dio’, oppure il senso è che il ‘Verbo’ è semplicemente ‘divino’; ma in questo caso, dicono gli studiosi, la parola avrebbe dovuto essere ‘theios’… incredibilmente ritornano i termini della nostra precedente riflessione! Su questa ‘piazza’ del sogno di Simonetta, allora, sembra aver luogo una disquisizione teologica, forse rispondente ad alcune domande che la stessa sognatrice si fa più o meno consciamente sulla figura divina: è un dio assoluto, è soltanto una forza misteriosa della natura, è un dio-persona attivo, creatore e ‘maschile’ come nella nostra tradizione ci hanno insegnato, oppure è qualcosa d’altro? c) ‘Berlinguer’ è un cognome sardo derivante dal catalano ‘berenguer’ e questo, a sua volta, dal provenzale ‘berenger’: il significato è ‘combattente valoroso’. ‘Enrico’ è da Heinrich, ‘possente in patria’. Il personaggio, oltre ad essere uno statista che ha caratterizzato un’era importante della politica del nostro paese, ha un nome dagli accenti volitivi, forti. Possiamo, quindi, vedere in lui una figurazione simbolica dell’emergente Animus positivo della sognatrice, quello che comincia a svolgere la funzione di guida e indicazione nei suoi ultimi racconti onirici. Sottolineiamo che ‘comizio’ viene dal latino ‘cum-ire’, ‘andare insieme’, cioè procedere verso l’integrazione di varie componenti. Giustamente Simonetta, in una situazione poco controllabile nella quale normalmente si sarebbe trovata a disagio, afferma di sentirsi tranquilla, sicura della sua meta. d) Notiamo, comunque, che la tematica religiosa (San Giovanni, Theos-theios) si fonde perfettamente nella nostra amica con la ricerca di una integrazione personale, di un autosviluppo, della soluzione degli aspetti conflittuali della sua esperienza legati alla figura ‘maschile’ all’interno e all’esterno di sé. Probabilmente ciò indica che le due modalità si sostengono l’un l’altra e contribuiscono alla reciproca chiarificazione. 4. La parte successiva del sogno è molto ‘cabalistica’: · il ‘bus’ si svuota alla fermata: il subconscio comincia a eliminare le tensioni superflue, facilitando la comprensione e la soluzione; · rimangono una fila di cinque posti comodi e uno ‘strapuntino’ triangolare su cui la sognatrice si siede: già nei numeri vediamo indicata la ‘quintessenza’ e la triplice struttura del cosmo, mente-energia-materia. ‘Comodo’, dal latino ‘cum-modus’, significa ‘conforme alla misura’, indizio della creazione di un equilibrio che mira all’essenza delle cose e dell’esperienza. ‘Strapuntino’ indica una sorta di cucitura e di imbottitura per un piccolo sedile ribaltabile, usato quando nei mezzi pubblici gli altri posti sono occupati: ‘trapuntino’, con l’aggiunta di una ‘s’ per indicare che si tratta di un ‘extra’. La ‘trapunta’ suggerisce il ricamo, il lavoro di penetrazione, di attenzione, l’accorta costruzione di un legame, di una ‘geometria’ sottile e ulteriore – extra appunto – rispetto alla coscienza comune: può essere un’ottima metafora del lavoro su sé stessi, sulla propria triplice costituzione fisica-astrale-mentale; · tutti i posti guardano all’interno dell’autobus, cioè all’interno di sé stessi (autòs); · le persone presenti costituiscono un màndala femminile su base quaternaria, simile a quelli già incontrati in altri sogni: a) la signora bionda sulla ‘sessantina’: il numero sessanta è l’espressione di un ciclo completo: il ciclo sessagesimale, infatti, è alla base della misurazione del tempo (il minuto, l’ora, il giorno, l’anno), e quindi in relazione tradizionale con il cerchio e con il ‘cielo’. Il colore biondo dei capelli in antico indicava spesso la divinità, per esempio Apollo, oppure altri dei o semi-dei e, comunque, la dimensione aurea. Nel caso della ‘signora’ potrebbe essere il risultato di una ‘tintura’: lavoro alchemico o contraffazione? Essendo una parte simbolica di Simonetta, intravvediamo una domanda sul proprio percorso: la sognatrice sembra interrogarsi sulla validità delle sue elaborazioni riguardanti lo spirito, la morte, l’invecchiamento, la prova, insomma sul piano atziluthico, cui assegniamo il valore simbolico di questo personaggio; b) Simonetta come ‘spettatrice’: è l’io che, comunque, comincia a costruire in sé stesso un positivo distacco, in relazione con il piano briahtico; c) una mamma con due gemellini di un anno: la madre è il fondamento simbolico della vita manifestata, per questo motivo le assegniamo il piano yetzirahtico. In questo caso la sognatrice, che spesso si rappresenta nei sogni come madre, esteriorizza il personaggio, guarda anche ad esso con distacco, forse ne è più libera emotivamente. I ‘gemelli’ al posto di un unico figlio testimoniano il sereno riconoscimento progressivo della dualità, della separazione, della differenziazione dalla stessa madre. ‘Un anno’ lascia intravvedere nuovamente la dimensione temporale, forse quella di un ciclo di elaborazione e di crescita già completato da parte della sognatrice; d) la ragazza carina ma dimessa: è il più ‘esterno’ dei personaggi, segnale della presa di coscienza che l’aspetto esteriore armonico – spesso così importante per una donna - non è, di per sé, una ricchezza o un valore, può anzi generare una dipendenza dal giudizio altrui. La ragazza è costretta all’elemosina, è mancante di tutto, anche di un ‘centesimo’, la minima unità di valore. Il personaggio maschile, ancora l’Animus, la allontana: la positività emergente in Simonetta riconosce i limiti dell’apparire e non è disposta a preoccuparsene ulteriormente.
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