Un sogno
di SIMONETTA
Sogno: Mi trovavo nella macchina (regalatami da mio marito), ho visto un deserto di sabbia, di giorno, dorato, al centro c’era un grande buco. Sono arrivata fino all’orlo e la macchina e’ finita dentro ( forse io stessa l’ho buttata!). Sollievo e soddisfazione.: me ne sono disfatta!
Interpretazione
di Franca Il deserto di sabbia dorato indica un luogo di solitudine desiderato nella cui cavita’ abissale poter gettar via tutto quello che la controparte maschile-razionale ci ha lasciato come sofferenza e peso.In questo caso “la macchina” assume il ruolo di “persona fisica” che la sognatrice vorrebbe eliminare e con lei tutto quello che le ricorda il problema non ancora risolto. Il senso di sollievo sarebbe “vero” se ci fosse pace e amore ne cuore. Il buco nel deserto indica che il centro Yesod (il luogo della desertificazione) deve essere colmato e armonizzato. Grazie. F.V.
Interpretazione
di Natale E' incredibile come, nell'attimo in cui ci si risveglia, nel momento in cui si prende veramente possesso del proprio corpo e della propria mente, la macchina vecchia (il vecchio veicolo: corpo-cuore-mente) venga come risucchiata dal vuoto da cui era venuta, anzi venga quasi riciclata dallo stesso rinato. Tutto ciò accade nel momento di maggiore desertificazione, di maggiore solitudine. Liberarsi di se stessi sosì come si era ed essere un possibile individuo, dà soddisfazione. L'individuazione altro non è che diventare ciò che si è sempre stati. Le ripercussioni positive che un tale inizio può avere nella vita pratica sono enormi: l'individuo diventa autista di una macchina (se stesso) che fino a ieri (vedi sogno precedente) veniva guidata da altri. Essere padroni della propria vita (nel senso di viverla nel modo più razionale e più emotivamente conveniente) stimola pure chi ci sta attorno. Essere responsabili di se stessi, comporta esserlo anche verso gli altri, i quali avranno finalmente a che fare con punti fermi, stabili, e non con piume al vento.
Flash
onirico di Simonetta – fantasticherie di Maurizio
‘Thelma e Louise’, un film di qualche anno fa, terminava con il volo della macchina delle protagoniste in un precipizio di una desertica regione d’America. Un ‘cult-movie’ che esprimeva con grande efficacia la rivolta di due donne allo strapotere, all’immaturità e alla violenza del mondo maschile, che le segregava in un ruolo femminile stereotipato e insoddisfacente, non adatto alla sensibilità di persone reali. Il volo dell’automobile era un gesto assurdo, disperato ed estremo di sfida e, al contempo, di liberazione – come, del resto, tutto il racconto del film. Riflettendo sul ‘flash’ di Simonetta viene da ricordarlo. Si può fare, però, anche un’altra associazione: da sempre il deserto – particolarmente nella nostra cultura – è la regione della prova: sia Gesù che gli eremiti cristiani dei primi secoli conducevano in quei luoghi delle grandi lotte con i propri dubbi, con i demoni interiori, con l’ego. A volte capitava che, stremati dal digiuno ed esaltati dalla preghiera, questi santi eremiti avessero delle vere e proprie visioni in cui i demoni dell’illusione suggerivano loro di compiere gloriose imprese, di utilizzare i poteri della mente, di volare gettandosi da una rupe per dimostrare superiorità sulle forze della natura. Forse c’è anche questo nel breve sogno di Simonetta: una lotta con sé stessi in cui si affrontano e combattono tanti elementi contraddittori, con il rischio sempre presente di perdere il contatto con una visione ‘centrata’ delle cose, che non richieda necessariamente reazioni forti o mutamenti drastici e improvvisi. Il flash onirico rappresenta certamente un volo liberatorio, una eliminazione di spiacevoli eventi del passato, e genera una giusta e opportuna catarsi. Forse, però, visto l’estremo lancio, contiene anche un monito a trovare in sé – se possibile – quegli aspetti più morbidi, pacificati e graduali che sono il risultato dell’acquisizione di un ancor più grande potere indice di un sicuro superamento delle difficoltà: la compassione. |