Un sogno di SIMONETTA (Ottobre 1996)


Sono in casa e sto spolverando un bellissimo tavolo lucido di legno di ciliegio. Il mio bambino, di cinque, anni gira lì intorno, parliamo, ridiamo, cantiamo; suona il campanello della porta, il bimbo corre felice ad aprire gridando: ”Chi è? Chi è” Sono in anticipo, entrano mia madre e mia sorella F.; si siedono e la mamma apre la borsa e prende una manciata di cioccolatini colorati, li porge ad Alex che a mani piene si allontana felice. Dal divano, dove sono sedute, prendo la giacca e faccio notare a mia madre che l’ha dimenticata nella visita precedente; parlando agito la giacca e sento rumore di chiavi, gliele faccio vedere e chiedo: ”Come hai fatto a entrare in casa se le chiavi erano qui?” “Ma io ne ho tanti di mazzi di chiavi!” mi risponde lei. Intanto mia sorella F. continua a prendere e a mangiare cioccolatini dalla borsa di mamma, non solo, ma ne riempie un sacchetto di plastica da portare a casa. Seduta alla destra di mamma c’è l’altra mia sorella, Letizia, la piccola (che ora è morta); anche lei mangia cioccolatini, tanti, si è sporcata le guance di cioccolata, mi guarda e, sorridendomi, mi invita con gli occhi a servirmi. Prendo anche io un cioccolatino dalla borsa che mamma tiene sulle ginocchia, ne traggo un coniglietto di cioccolata, molto più grande degli altri cioccolatini, piccoli, quadrati, classici. Le sorelle commentano subito con ironia: “Ecco, lei sempre più degli altri!” Sorpresa e con attenzione, delicatamente, comincio a scartarlo, non voglio rovinare l’involucro; ancora più sorpresa scopro che è di cioccolato bianco, titubante lo apro a metà e dentro è foderato di cioccolata scura, è doppio. A disagio cerco di richiuderlo incartandolo alla meglio, di nasconderlo nella mano, altrimenti “quelle due” sai quante me ne dicono!

 

Commento: volevo quello che avevano gli altri, né più, né meno. Non volevo sentirmi invidiata, diversa, con quella gelosia lanciata addosso, guardata e giudicata, come se tutte le disgrazie della famiglia dipendessero da me.

 

 

 


Sogno Simonetta  - interpretazione di Franca

La sognatrice e’ in “casa” (= sta esaminando la propria interiorita’, sentimenti e pensieri) e si dedica ad una occupazione di pulizia “sto spolverando un bellissimo tavolo ecc.”: il tavolo di ciliegio, anche se non viene descritta la sua forma, e’ al centro della scena; il  ciliegio, il cui  frutto e’ rosso e  il fiore rosa, in Cina simboleggia la fertilita’ e la Bellezza ed e’ percio’ relazionabile a Tiphereth, il centro del cuore intorno al quale gira il Figlio di 5 (numero dell’Iniziato) anni. La pulizia del centro richiede che si porti alla luce (alla coscienza) ogni macchia o imperfezione di esso ed e’ questo che la sognatrice sta facendo. “Suona il campanello della porta” lo squillo del campanello (suonar di campana) e’ il concentrare l’attenzione su quanto avverra’ in seguito: l’ingresso in casa della madre e delle due sorelle della sognatrice. La madre e’ benvista e ben accolta in quanto dispensatrice di cioccolatini per tutti, ma poco tollerata perche’ puo’ entrare in “casa” quando vuole e senza chiedere permesso, avendo “tanti mazzi di chiavi”. Se i cioccolatini indicano piccoli doni piacevoli offerti generosamente dalla “radice”  (Malkuth) di Simonetta, quell’invadenza incontrollata della  sua componente “vecchia” in “casa” da’ noia e vi si dovrebbe mettere argine. Ma il problema viene lasciato cadere e non affrontato.  E veniamo alle due sorelle: sembrano le sorellastre di Cenerentola, la grande si ciba  abbondantemente dei cioccolatini della madre e se ne fa anche una provvista extra, l’altra, la piccola, il cui nome e’ Letizia (= gioia) si abbuffa di cioccolata, ma almeno invita con gli occchi anche Simonetta a servirsi. Poi pero’ la situazione precipita, poiche’, pescando nella borsa di mamma, la sognatrice tira fuori un coniglietto di cioccolata bianca e scura e le sorelle-astre (sorelle-astrali, sorelle sentimenti =  sorelle difetti) si palesano l’una come invidia (la piccola) l’altra come gelosia  (la grande): quando si e’ fratelli minori si e’ invidiosi dei grandi , quando si e’ fratelli maggiori si e’ gelosi dei piccoli e entrambi i difetti si annidano nel cuore. Il coniglio e’ cio’ che in genere il prestigiatore tira fuori dal cappello... la sorpresa.  La borsa di mamma e’ come un cappello e la sorpresa di Simonetta e’ bianca e nera (attiva e passiva, chiara e oscura) essa vorrebbe nasconderla alle sue sorelle (nel sogno non viene detto se ci riesce) ma certo non puo’ nascondere a se stessa il fatto di essere sorella di mezzo, con le caratteristiche della sorella maggiore e anche con quelle della minore...
Per avere un bel tavolo di ciliegio (Tiphereth) ben spolverato e pulito, occorre solo usare prima un buon detergente (purificazione dai difetti) e poi un  buon olio per mantenerlo lucido ( lubrificazione a base di essenza di Amore). Non e’ semplice?

 


Grazie. F.V.

 

 

 


Sogno di Simonetta - Interpretazione di Natale

Lavorare sui sogni assomiglia molto ad una ricerca di tempo in qualche modo perduto. Proust, in un certo senso ha fatto la stessa cosa: ha sottratto tutte le sue notti al sonno, per immergersi in piena coscienza notturna nel suo passato. Egli è riuscito a contattarlo e a riviverlo attraverso lo schermo dei suoi forti sentimenti e dei suoi sottili pensieri. Anziché affrontarlo attraverso il simbolismo oscuro ed emotivo del linguaggio onirico, ha preferito riviverlo da "eroe". Non so se alla fine è riuscito ad incontrare il drago dell'egoismo e a sconfiggerlo (non lo so, perché non sono mai riuscito a leggere la sua 'ricerca' fino in fondo, anzi diciamo pure che l'ho appena scalfita). Non so se Marcel Proust abbia condotto un vero lavoro alchemico, o se viceversa sia stato solo un soffiatore. Prima o dopo tale mia ignoranza dovrà certamente essere colmata. Devo solo riuscire a superare la sensazione di "patologico" che sento appena comincio a leggerlo. Ma chi in questo mondo non ha "patologie" psichiche?   Tutto questo per introdurre la prima impressione che ho avuto leggendo il sogno 5° di Simonetta. Esso (come del resto quelli precedenti) mi sa di affannosa ricerca del tempo perduto. Come se la sognatrice, attraverso un percorso onirico, cercasse di rivisitare tempi e luoghi del passato, e redimerne il vissuto con la saggezza del poi.  In questo sogno, Simonetta mette a nudo una ferita: allora, mia madre conosceva la mia anima, la mia psiche, come le mie tasche, ed entrava ed usciva da essa a suo piacimento ("come hai fatto ad entrare in casa se le chiavi erano qui" nella giacca che hai dimenticato nella visita precedente?).  Ferita aperta e sanguinante fino ad ora, visto che, una storia vecchia riproposta in un sogno vecchio di 5 anni, viene portata al gruppo, che con fasciature sterili e pinnicillina è pronto ad occuparsene (si fa per dire). Fatto questo che porta dritti ad una considerazione: ancora oggi, la mamma di Simonetta entra nella sua anima e per eccesso di affetto (?) crea quelle gelosie che creava allora fra lei e le sorelle. Perché la sognatrice propone questo vecchio sogno? Forse perché nel nostro gruppo si ripresentano situazioni analoghe a quelle che scatenavano gelosie allora?  O perché a quei tempi, scattava dentro di lei una molla che era capace di mettere in moto queste dinamiche: "non volevo sentirmi invidiata, diversa, con quella gelosia lanciata addosso, guardata e giudicata, come se tutte le disgrazie della famiglia dipendessero da me, volevo quello che avevano gli altri, né più, né meno". Forse, inconsciamente, la sognatrice ha dei sensi di colpa, o forse non si è ancora perdonato un particolare comportamento che è stata involontaria causa di qualche fatto spiacevole. Quel che sembra è che lei pare voglia riprendere certi vecchi rapporti e "correggerli" oggi alla luce della sua maturità e dellasua presa di coscienza (anche) di qualche suo difetto. Un fatto è certo, tutte le esperienza vissute nel nucleo familiare hanno formato ognuno di noi, hanno dato ad ogni componente di esso, quella struttura psichica con la quale abbiamo dopo 'affrontato' la vita ed il mondo. Forse Simonetta si è inconsciamente resa conto di questo fatto, e cerca con l'aiuto del suo sogno di collegare le vicende della sua vita personale a quelle della sua vita familiare, per scorgere in queste le radici di quelle.  Ogni essere umano ha una sua vibrazione particolare, una sua tonalità, una sua impronta. Nel pentagramma (la famiglia) le note che stanno una sull'altra possono formare armonie (se sono in una certa relazione matematica), o disarmonie (se sono in una cert'altra relazione matematica). Poi questa ristretta verticalità dovrà fare i conti con quella dell'intera partitura (la società), e lì cercare le armonie è ancora più difficile. Ora, la sognatrice ha davanti il puzzle, e deve solo metterne insieme i pezzi per avere il quadro della situazione completo, ma soprattutto per porselo nella giusta prospettiva (quella della sua maturità) ed osservarlo senza coinvolgimenti emotivi incontrollabili.  Il rapporto con i familiari è anche una prefigurazione di quello che sarà in rapporto con gli altri nella società. Intanto la madre le darà le coordinate per gestire la sua femminilità; il padre la preparerà al rapporto con l'autorità; le sorelle le segnaleranno come lei reagirà ai colleghi d'ufficio; i fratelli invece le faranno conoscere in anteprima il maschilismo, la psiche dell'altro sesso. Ma se vogliamo essere obbiettivi, dobbiamo capire, o sforzarci di farlo, il perché dei loro comportamenti nei nostri riguardi. Questo è importante, e ci può far capire che (lo dicevo nel sogno 9 di Cristiano) non siamo foglie al vento, quelle autunnali ormai morte, ma foglie vive attaccate ad uno stesso albero, e per l'albero esse sono tutte uguali. Solo vedendo le cose da un punto di vista egoico si mette in evidenza il diverso e superficiale. Andando più a fondo è possibile scorgere in questi discorsi solo percorsi di guarigione dal male che affligge la quasi intera umanità: l'ignoranza. Sentimenti come la gelosia, l'invidia, la prepotenza, sono appannaggio di chi vede sguarnito il giardino della propria anima, e pensa di abbellirlo con le piante degli altrui giardini. D'altro canto, suscitare la gelosia e l'invidia, a volte è premeditato in chi vorrebbe arricchire il proprio giardino solo per farne mostra. Quello è peggio di essere invidiosi. Non conoscendo a fondo la sognatrice, non posso certo attribuire ciò a lei, ma dico solo che, quando affrontiamo noi stessi davvero e ci scaviamo  fino in fondo, dobbiamo anche aspettarci simili incontri, prendere atto della loro esistenza, e andare avanti. Dante, prima di "visitare" il paradiso  guidato da Beatrice, dovette attraversare l'inferno sotto la guida di Virgilio, e poi il purgatorio. Tutti noi, credo, stiamo attraversando o riattraversando ancora i territori del nostro inferno, perché quando staremo in quelli del paradiso, il nostro demone (angelo custode) ci darà precise indicazioni su come partecipare il bello che in esso 'sentiremo' e 'vedremo', 'gusteremo' e 'toccheremo'. Per ora dobbiamo accontentarci di questo nero carbone che riusciamo a trarre dalle nostre miniere, non dimendicanto che esso in prospettiva è diamante.
Un'ultima cosa, forse potrà essere di giovamento a Simonetta la lettura dell'ultimissimo libro di Aldo Caroteuto, "L'anima delle donne", per una lettura psicologica al femminile - Bompiani. In esso, l'autore, come al solito traccia con semplicità e profondità un tema particolare, che questa volta riguarda la psiche della donna. Attraverso l'analisi approfondita di figure mitologiche, riesce nel suo intento, suggerendoci anche i modi con cui dovremmo trattare simbolicamente i nostri sogni. 


Grazie. Nat.

 

 

 


Sogno di Simonetta  – fantasticherie interpretative di Maurizio

Mi sembra importante notare che il sogno offerto da Simonetta alla nostra riflessione di oggi risale, in realtà, ad alcuni anni fa: evidentemente è in relazione con un nucleo importante che la sognatrice ritiene ancora attuale, da affrontare con il ‘gruppo onirico’ come prosecuzione del lavoro autoconoscitivo intrapreso. Anche in questo sogno, naturalmente, è possibile riconoscere in tutti i personaggi una parte della sognatrice, a prescindere dalla situazione familiare della stessa di cui, pure, il racconto onirico esprime alcuni elementi conflittuali. Le sorelle, dunque, possono rappresentare elementi interiori di Simonetta, come anche sua madre e il figlio Alex da piccolo. Talvolta capita, anche frequentemente, che le donne sognino i propri figli ancora bambini, sebbene questi siano cresciuti: è possibile esse rappresentino o ricordino in tal modo sé stesse quali erano all’epoca in cui il figlio era piccolo: forse vivevano un’esperienza particolare di completezza, di realizzazione, di maturità, di fiducia nel proprio ruolo, magari mai ripetuta in seguito con pari intensità, soprattutto se relativa al primo o all’unico figlio. Alex, a ben vedere, è la parte di Simonetta che vuole ‘capire’ qualcosa sulla struttura profonda della sua personalità: pur ‘spolverando’ il ‘bellissimo tavolo lucido di legno di ciliegio’ che rappresenta la superficie apparentemente ben ordinata della sua vita, pur ‘parlano, ridendo e cantando’, vuole andare più a fondo. Il bimbo, dotato di un fresco spirito vitale, accoglie le zie e la nonna con l’importante domanda: “Chi è, chi è?”. Questa domanda denota un desiderio conoscitivo, un voler affrontare e comprendere con l’entusiasmo dell’infanzia – cioè di chi deve ‘crescere’ -  questi ‘personaggi’ interni. Esaminiamoli, allora, più da vicino: la madre di Simonetta può dispensare ‘premi’ sotto forma di cioccolatini, cui attinge anche Alex a piene mani. La sorella Letizia appare golosa e tende a sporcarsi mentre mangia avidamente la cioccolata. La sorella ‘F.’, di cui la sognatrice non rivela il nome, lascia pensare all’ambito, giustamente nascosto e privato, della sessualità: la lettera F da sola, normalmente, in tutti i questionari, moduli o simili in cui viene richiesto di definire il sesso di una persona, sta per ‘femmina’ (contrapposto, naturalmente, a M – ‘maschio’). Ambedue sono raffigurate insieme al Super-io ‘madre’ perché ne rappresentano la controparte polare: il mondo istintuale, in questo caso disciplinato dalla presenza materna. Secondo la psicanalisi freudiana il bambino impara a dominarsi sotto la guida dei genitori, che gli insegnano a non sporcarsi e a non sporcare, a regolare le necessità del corpo fisico, ad aderire alla ‘morale’ convenzionale e socialmente accettata e, in tal senso, lo ricompensano o lo puniscono. Tutto questo lascerebbe, sempre in accordo con Freud, una profonda impronta nel comportamento dell’individuo, tale da indirizzarne la condotta per tutto il prosieguo della vita, fornendogli le caratteristiche generali persino della ‘coscienza’, dell’etica e di tutti i meccanismi di autoregolazione. Il Super-io, il ‘genitore interno’, della sognatrice, è dispensatore di approvazione nei riguardi dei sotto-insiemi istintuali, le ‘sorelle’: evidentemente queste ultime si presentano in qualche modo ben integrate. Ricordiamo che il Super-io freudiano, quello che può simbolicamente essere raffigurato da un genitore, non esprime la ‘coscienza’ nel senso alto, spirituale, bensì indica la morale convenzionale, sociale. La ‘madre’, insomma, premia quelle parti di Simonetta che obbediscono a esigenze accettate e che contribuiscono a mantenerla ben adattata all’opinione e alle richieste del mondo ‘esterno’. Simonetta, però, nell’episodio onirico, racconta due importanti particolarità: in primo luogo restituisce alla madre una giacca da lei dimenticata con le chiavi di casa; in secondo luogo preleva dalla borsa della genitrice un cioccolatino speciale, diverso dagli altri. Per ciò che riguarda la prima circostanza, osserviamo che in essa la sognatrice restituisce qualcosa di non poco valore, e meriterebbe perciò un riconoscimento, un’approvazione; tuttavia la madre da poca importanza all’evento perché possiede molti altri mazzi di chiavi: nonostante Simonetta dimostri di poter conservare e mettere a disposizione le ‘chiavi’ dell’inconscio, della conoscenza del profondo, il Super-io riconferma sé stesso come autonomo rispetto all’io e come detentore del potere e delle possibilità di accesso al mondo interiore. La seconda circostanza, il coniglio di cioccolato bianco all’esterno e nero all’interno, ci fa riflettere su un altro punto: mentre la ‘madre Super-io’ intende affermare il suo dominio sulle forze istintuali ‘regolamentate’ rappresentate da Letizia ed F. attraverso l’elargizione di premi, i cioccolatini tradizionali e quadrati - cioè in qualche modo convenzionali, ‘disciplinati’, inquadrati - l’io-Simonetta sembra rivendicare la sua indipendenza con un simbolo che denota la propria ‘longevità’ e sopravvivenza al di là di qualsiasi forza giudicante e inibitrice: il coniglio un po’ in tutte le culture indica la sensibilità, la fecondità e l’immortalità. Inoltre il coniglietto presenta una ulteriore ‘ricchezza’: due strati di cioccolato diversi, uno bianco e l’altro nero, quasi un simbolo dello yin-yang.  Nell’antica Cina, in effetti, il coniglio, o la lepre, veniva raffigurato sulla Luna intento a preparare l’elisir dell’Immortalità. La cosa fa riflettere se pensiamo che per il taoismo cinese il massimo raggiungimento ‘alchemico’ era proprio l’ottenimento dell’Immortalità: questa costituiva, dunque, l’esatto parallelo dell’ottenimento dell’Oro o della Pietra Filosofale nell’alchimia occidentale, oppure dell’Illuminazione per il Buddismo.  Il coniglio sulla Luna, dunque, è in grado di distillare il ‘bianco’ e il ‘nero’ della vita, lo yin-yang, fino a preparare una magica sintesi legata alla comprensione e al superamento dei limiti, delle sofferenze. Inoltre la Luna, in oriente, è il simbolo di una mente illuminata e, talvolta, perfino del Buddha stesso.

Commento: volevo quello che avevano gli altri, né più, né meno. Non volevo sentirmi invidiata, diversa, con quella gelosia lanciata addosso, guardata e giudicata, come se tutte le disgrazie della famiglia dipendessero da me.

Una notazione al ‘commento’ di Simonetta sembra, per concludere, essenziale: chi ricerca una visione nuova della vita, una nuova consapevolezza, è anche portatore di una diversità, di un’insoddisfazione.  Non è raro che, per chi non ha ancora sviluppato in sé lo spirito della ricerca, questi risulti come un personaggio scomodo, incomprensibile, da cui proteggersi. Questa diversità va accolta: il ‘ricercatore’ per primo la deve riconoscere e accettare in sé stesso, per non rimanere in bilico fra il giudizio del ‘mondo convenzionale’, quello che vogliono ‘gli altri’, e la sua sensibilità rivoluzionaria,  magari senza riuscire a decidere definitivamente da che parte sta la soluzione.

 

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