Un sogno
di SIMONETTA
Avevamo mandato gli inviti per la mostra-mercato-asta che si sarebbe tenuta a Castello. Nella casa avita, che era stata ristrutturata e andava mostrata alla gente, gli ospiti, accorsi numerosi, sedevano a tavola, bevevano e facevano offerte. Ero stata relegata in due stanzette, con la cabina doccia visibile dalla strada, cosa che mi aveva molto meravigliata e imbarazzata. Girando per le stanze avevo anche io ammirato la raffinatezza, la bellezza, il buongusto delle cose antiche esposte. Merletti antichi ben conservati, teiere a forma di casetta in ceramica, mazzi di rose essiccati ecc. (oggetti che ho in casa veramente). Sta per iniziare l’asta, mi siedo da una parte, vicino alla finestra, su una cesta di vimini rettangolare con il mio bambino di 3 anni sulle ginocchia. Cerco di aggiustargli la salopette che indossa perché mi accorgo che gli e’ diventata corta e stretta. Sfilo l’elastico che stringe la vita in modo esagerato, i bottoni di metallo a pressione non si possono spostare, quindi devo fare delle nuove asole, cerco lì intorno le forbicine per fare i buchi nelle bretelle. Appoggio il bimbo sulla cesta e questo comincia a rigurgitare: tre aghi, una manciata di spilli, spille di sicurezza aperte, pezzi di metallo tagliente, pezzi di vetro, un barattolino con un ranocchio dentro, biglie di vetro ecc… Una donna anziana lì vicino prende alcune di quelle cose e mi dice: “Queste le prendo come prove per accusarli...” Mi riprendo dallo sbalordimento, le strappo dalle mani quegli oggetti, salgo quei due scalini che mi separano dal centro del salone e mostrando gli oggetti a tutti grido a gran voce per svergognarli: “Maledetti, maledetti...!!!” Mi sveglio perché ho gridato veramente. Commento: un senso di liberazione mi dà questo sogno! C’e’ stato un bel lavoro di pulitura, lavorando su me stessa; ma è meglio continuare per arrivare fino in cima.
Sogno Simonetta - interpretazione di Franca
La descrizione della scena
iniziale sintetizza il sogno: “invito alla mostra-mercato-asta tenuta a
Castello”. Simonetta invita se stessa a guardare (mostra) il commercio
delle componenti della casa (mercato) vendute a prezzo variabile a
seconda dell’offerta (asta), commercio che si attua all’interno della
stessa casa (Castello). Dentro questa casa, ereditata dagli avi, cioe’
frutto delle esperienze passate o delle passate incarnazione e quindi
frutto del karma, gli ospiti, invitati accorsi numerosi (i personaggi
interiori o burattini della sognatrice), mangiano, bevono e fanno
offerte, per accaparrarsi, ovviamente, il meglio del Castello, cioe’ il
meglio delle energie dell’Albero di Simonetta. Simonetta, ovvero la
componente coscienziale del Castello e’ stata relegata, o meglio si e’
relegata, in due stanzette, vale a dire in una piccolissima parte del
Castello, con una “cabina doccia” visibile dalla strada cioe’: si e’
messa a nudo mentre si “lava”, mentre fa pulizia. La cosa la meraviglia
e la imbarazza, perche’ certo non se l’aspettava un simile trattamento
dalle sue altre componenti psichiche! Essa ammira le belle cose messe
all’asta, cose “che ha in casa, veramente”; queste belle cose sono:
merletti, teiere a forma di casetta in ceramica, rose essiccate ecc.,
cioe’ pensieri elaborati, riflessioni maturate nel tempo e ricordi... Ma
tutto questo e’ passato, bisogna invece affrontare il presente che e’
costituito dalla parte centrale e inquietante del sogno. Esaminiamo la
vera posizione della sognatrice nella casa: intanto e’ seduta su una
cesta di vimini rettangolare (in genere una cesta cosi’ e’ usata per
riporre la biancheria da lavare); questa cesta e’ posta vicino ad una
finestra, sicuramente per vederci chiaro. Simonetta e’ seduta con il suo
bambino di 3 anni sulle ginocchia, ma c’e’ qualcosa che non va: il bimbo
(che rappresenta la sua componente psichica nuova, il suo mutare e
quindi il suo futuro) deve essere cresciuto inaspettatamente, perche’ la
salopette gli va stretta; allora la mamma premurosa si da’ da fare per
allargare il vestitino, allungare le bretelle, spostare le asole e il
bimbo, liberato, comincia a “rigurgitare” quello che aveva in qualche
modo inghiottito e che gli procurava gran fastidio: aghi, spille,
metallo tagliente, pezzi di vetro, un barattolino con un ranocchio
dentro e biglie di vetro ecc.: materiale aguzzo e pungente, o duro e
lacerante o duro e rotondo... come se all’interno del bimbo si fossero
accumulate tutte le “cattiverie” del passato; pero’, ed e’ la cosa piu’
importante, c’e’ anche un ranocchio, cosa viva e suscettibile di
trasformazione o meglio di trasmutazione: questa presenza indica che nel
Bimbo c’e’ il principio della rinascita e della resurrezione (ricordiamo
la favola del Principe ranocchio che ritorna Principe quando viene
baciato dalla Principessa).
Sogno di Simonetta 7 - interpretazione di Natale
Quando la sognatrice ha
cominciato a frequentare il gruppo onirico "viveva in un castello",
attraversava cioè un periodo di avvenenza. La sua mente era attratta
dalle mille cose "inutili" che bloccano il passaggio verso l'intuizione
e la saggezza, quella fatta di umile buon senso. Col passare del tempo,
queste cose raffinate (merletti, teiere, e oggetti di ogni genere) sono
diventate inutili. Da qui la mostra-mercato-asta per disfarsene. Per
arrivare a tal punto, la sognatrice si rende conto di avere lavato i
panni sporchi, se così si può dire, pubblicamente, cioè nel gruppo, e
traduce questo lavoro di pulizia interiore in quella parte di sogno in
cui si dice: "ero stata relegata in due stanzette (il gruppo mi ha
ridimensionata), con la cabina doccia visibile dalla strada ( e sono
stata quasi 'costretta' a lavarmi in presenza del gruppo), cosa che mi
aveva meravigliata e imbarazzata (cosa che all'inizio non ha accettato
completamente)". Ora, in una panoramica retrospettiva, Simonetta, nel
sogno, passa in rassegna le cose raffinate, belle e di buon gusto che
arricchivano il suo castello, ma facendolo, inconsciamente si rende
conto che queste cose, questi oggetti li ha in casa veramente. Come a
dire: ho individuato il problema, ma non l'ho per nulla risolto. Grazie.Nat
Sogno Simonetta - interpretazione di Marijana
Il sogno comincia con uno dei
simboli più universali, con il simbolo della casa, che è il simbolo
della nostra personalità e delle nostre occupazioni consce. Però, la
sognatrice dice che si tratta di un castello, della casa degli avi che
“era stata ristrutturata e andava mostrata alla gente.”
Grazie, Marijana
Ritroviamo in questo sogno alcuni temi ricorrenti nelle produzioni oniriche di Simonetta. Essi sono:
·
l’ambiente dotato di caratteristiche
antiche, magari legate alla natura o al villaggio, con la
· la festa, il rito o la celebrazione all’interno della dimensione collettiva; · il figlio piccolo;
·
l’emergere di rapporti conflittuali
con il gruppo sociale o con alcuni ‘altri’ che si Visto, dunque, il particolare rilievo che questi temi sembrano avere, può essere importante soffermarvisi con attenzione, utilizzando come base interpretativa il sogno in esame. La ‘dimora avita’, per cominciare, si riferisce alla casa degli antenati, cioè ad una struttura ante-natale. In senso psicanalitico, potremmo interpretare questo tipo di ambientazione come una rappresentazione del ventre materno, lo stato prima della nascita, che la sognatrice potrebbe aver vissuto come una condizione ‘edenica’, sospesa, protetta, non ancora impegnata nel doloroso confronto con il mondo. In senso più esoterico, siamo di fronte alla raffigurazione di un retaggio karmico positivo, ‘nobile’, forse indice di vite precedenti di elevato valore. Gli oggetti antichi, i merletti, le rose essiccate sono, in questa accezione, la traccia o il ricordo di fasti passati, di qualificazioni acquisite, di cui la sognatrice è cosciente e orgogliosa, che sente di possedere anche nella sua attuale configurazione psichica, cioè la sua ‘casa’. Simonetta, in altre parole, si percepisce come portatrice di una sensibilità, di un ‘gusto’ e di determinati valori, e si apre alla vita attuale pensando di poter condividere questo suo mondo intimo con altri, ‘invitati’ alla ‘mostra-asta-mercato’. La parola ‘mostra’ viene dal latino ‘monstrum’, propriamente ‘prodigio’; ‘asta’ viene da ‘hasta’, la lancia piantata in terra dagli antichi romani per contrassegnare il luogo della vendita; ‘mercato’ è in relazione con ‘merce’, che ha anche il significato di ‘valore’: in sostanza la sognatrice ricerca una sorta di apprezzamento collettivo nel quale sentirsi inserita, appagata e riconosciuta nei suoi valori intimi. Eccedendo forse con le fantasticherie interpretative, non possiamo fare a meno di notare che la hasta piantata al suolo è anche ‘asse del mondo’, spina dorsale, Albero della Vita, collegamento fra Cielo e Terra, e che la relativa ‘vendita all’asta’ di oggetti significativi è correlata con la valutazione di ciò che si è già acquisito nel verticale percorso autoconoscitivo. L’approvazione cercata è sia di tipo sociale, esterna all’io, sia interna alla propria configurazione psichica, relativa alla ‘collettività’ di tutte le parti di sé. Tuttavia nel sogno appaiono subito elementi di disagio, nei quali la sognatrice si sente ‘deprezzata’ o esclusa: viene “relegata in due stanzette, con la cabina della doccia visibile dalla strada”. Il riferimento alla cabina della doccia – luogo dove ci si lava - è piuttosto interessante, considerando anche il significato etimologico di ‘salopette’, l’indumento che al bambino va corto e stretto: deriva dal francese ‘salope’, che vuol dire ‘sudicio’ (intendendo con ciò una tuta atta ad essere imbrattata). Essendo il bimbo di tre anni una estensione della sognatrice, la figurazione di una sua parte profonda e vulnerabile, notiamo che lei si sente ‘stretta’ sia nell’alloggio assegnatole, sia nell’indumento del figlio; inoltre la doccia è poco utilizzabile perché troppo esposta, così come la tuta necessiterebbe di lavori d’aggiustamento per poter servire ancora allo scopo di protezione dalla sporcizia. Che cosa indica simbolicamente il sudiciume rispetta al quale ci si fa scudo con una salopette e che non si può eliminare con un’agevole doccia? E’ possibile che si alluda al giudizio altrui, avvertito come negativo e offensivo, e rispetto al quale ci si sente feriti in quella possibilità di sviluppo individuale rappresentata dal figlio piccolo, ‘fissato’ nei sogni di Simonetta all’età di tre anni (con riferimento, naturalmente, alla crescita della madre, non del figlio reale). Gli spilli, i vetri, i materiali taglienti o acuminati nel ventre del bambino e di cui ‘altri’ sono responsabili sembrano indicare proprio questo. Il “barattolino con un ranocchio dentro” sembra sottolineare ancor più questa problematica con la rappresentazione simbolica di un aborto, una nascita ulteriore non avvenuta: come in una serie di Matriosche russe il figlio piccolo, un tempo ‘contenuto’ nel seno materno, contiene a sua volta nel ventre una sorta di feto, poi rigurgitato. Potenza della trasfigurazione onirica! La sognatrice tende, naturalmente, ad attribuire a circostanze e persone esterne e ‘maledette’ l’offesa, la ferita nella sua vita. Tuttavia non possiamo prescindere dall’osservare che dev’essere presente nel suo inconscio una zona autogiudicante, un Super-io interno, senza il quale le circostanze esterne non avrebbero effettiva influenza. L’accusa finale proferita a gran voce e davanti a tutti è liberatoria, ed equivale ad una sorta di smascheramento del ‘colpevole’, ad una reazione e una ribellione a lungo represse. Giustamente Simonetta dice: “C’e’ stato un bel lavoro di pulitura, lavorando su me stessa; ma è meglio continuare per arrivare fino in cima.”, riconoscendo così soprattutto la necessità di un impegno nell’auto-ricerca per arrivare allo smascheramento del nemico principale, quello interno. Per concludere ci sembra si possa dare dell’intera vicenda onirica una lettura ‘cabalistica’, con riferimento alla ‘risalita’ sull’Albero della Vita, cioè allo sviluppo della coscienza e della consapevolezza. Come si può osservare nello schema riprodotto di seguito, ogni percorso autoconoscitivo inizia con il sollevarsi al di sopra della dimensione assiahnica: ciò equivale a distaccarsi dalla parte più esterna della ‘maschera-persona’ che la Sefirah Malkuth rappresenta. Nel sogno la ‘casa avita’ si riferisce alla Sefirah immediatamente superiore, Yesod, il ‘Fondamento’. Da qui, salendo sulla Colonna centrale dell’Albero, si approda in Tifereth, la Sefirah del cuore, espressione dello sviluppo della luce e della consapevolezza: ricordiamo che corrisponde simbolicamente al sole. La sognatrice ci arriva, e ciò è provato dalla presenza del bambino, simbolo associato per tradizione alla Sefirah in questione. Il bimbo è di ‘tre anni’ forse perché sotto di lui ci sono tre Sefiroth già percorse e completate nello sviluppo: Yesod, Hod e Netzach. Il passo successivo sarebbe riuscire a dirigersi da Tifereth, sempre lungo la Colonna centrale, verso Daath, e ciò necessita di una grande purificazione, proprio come il sole che, innalzandosi, abbandona ogni nebbia e oscurità inferiore. Tuttavia, per poter arrivare così in alto, è necessario oltrepassare le ‘forche caudine’ di Geburah e Chesed che, in senso psicanalitico, possono ben rappresentare il Super-io, il ‘genitore interno’: Geburah la parte inibente e giudicante, Chesed quella incoraggiante e dispensatrice di premi e gratificazioni. Queste due Sefiroth incarnano la legge etica e comportamentale, però soprattutto quella derivata dall’ambiente, dall’educazione e dalle esperienze, concretizzandosi solo in Daath ed oltre la Legge superiore, quella coscienziale, al di là delle contrapposizioni dei mondi più esteriori. Geburah si dimostra particolarmente frustrante per Simonetta, le impedisce - ferendola ed escludendola - il salto di qualità verso i livelli ulteriori. Questo è l’enigma che la sognatrice deve affrontare ai fini del ‘Tiqqun’, cioè la sua personale reintegrazione o individuazione.
Appendice a Simonetta 7 Utilizzando per l’interpretazione del racconto onirico di Simonetta alcune ‘fantasticherie cabalistiche’, sono emerse anche delle riflessioni non direttamente connesse con il sogno e la sognatrice, ma legate al senso generale di questo tipo di speculazioni. Esse sono elencate e riassunte qui di seguito:
· Cabala significa “Tradizione”, in particolare tradizione orale;
·
negli alfabeti occidentali il
termine è stato variamente traslitterato in ‘Qabbalah’, Kabbalah,
·
le prime fonti cabalistiche
storicamente note sono quasi certamente quelle degli ebrei
·
c’è una circostanza curiosa: la
somiglianza del termine spagnolo ‘hablar’, parlare, con
·
hablar, però, deriva dal
latino e in particolare dal verbo ‘fari’, ‘parlare’, attraverso
la
·
accettando per buoni questi
accostamenti, che non so - non avendo la necessaria conoscenza
L’interpretazione cabalistica, dunque, sarebbe legata al racconto, alla favola, al parlare, alla comunicazione, all’immaginazione, alla condivisione. In un certo senso, quindi, essa è proprio una ‘fantasticheria interpretativa’ e anche un... sogno, ma nel senso più alto del termine. Proprio in questo ambito immaginativo delle facoltà umane, infatti, si trovano quelle possibilità di intuizione e di creatività che vanno oltre la mentalità spesso arida e rigidamente condizionata dei nostri tempi. |